Per rafforzare l’intero processo recentemente un'altra entità sovranazionale di garanzia e tutela della truffa è stata inserita nello Schema Ponzi, dato che la BCE non aveva più intenzione di essere l’unico manovratore e artefice dell’inganno, addebitandosi poi tutte le colpe e i crimini commessi, ma anche le eventuali perdite. Con decisione unanime e quanto mai occulta è stato infatti istituito in fretta e furia il MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità, che è una sorta di nuova banca privata e permanente che preleva i soldi dagli stati dell’eurozona e quindi in ultima istanza sempre dalle tasche dei cittadini, e li dirotta verso i paesi in cui la catena di Sant’Antonio del debito comincia a mostrare i primi cedimenti e scricchiolii.
In mancanza di nuovi investitori stranieri che continuano a ragion veduta a fuggire dall’eurozona, il MES, che si trova un gradino sotto per importanza alla BCE, è un modo come un altro per socializzare maggiormente le eventuali perdite e il rischio di implosione della piramide, senza ricorrere all’utilizzo degli eurobond tanto odiati dai tedeschi. Ma in ogni caso la sua funzione è identica a quella degli eurobond e serve soltanto a mantenere in piedi ancora per qualche anno la baracca caracollante dell’eurozona. Per l’Italia questo scherzetto si tradurrà in un ulteriore esborso di 125 miliardi di euro nell’arco di 5 anni, con un primo pagamento immediato di 14 miliardi di euro già da luglio 2012.
Ad ogni modo siccome alla base della piramide ci sono sempre i cittadini italiani e la loro capacità di pagare le tasse e crearsi reddito da soli tramite i circuiti privati del mercato del lavoro, lo stato italiano deve dimostrare nel frattempo agli investitori che sarà in grado sia di riscuotere le tasse che di mettere in condizione i cittadini di lavorare e crearsi il reddito necessario per pagare quantomeno le tasse. Il resto ovviamente non interessa, quello che faranno gli italiani per arrangiarsi in mezzo a questa bufera, i suicidi, la disperazione per arrivare a fine mese non è una faccenda per tecnici, che hanno come missione specifica quella di prosciugare ricchezza e incassare entrate fiscali. In mancanza di questa prova del fuoco, tutto il sistema, sebbene sostenuto ad oltranza dalla BCE, dal MES e dai tecnocrati europei, sarà destinato ad implodere su stesso, perché verrebbe meno la base della piramide del debito.
A questo punto è indispensabile prevedere per l’Italia una fase di crescita economica, che aumenti il reddito nazionale complessivo e quindi le entrate fiscali dello stato. Quando sentite parlare un qualsiasi politico, un sindacalista, un economista, un giornalista di “crescita”, “crescita economica”, “serve la crescita”, “abbiamo bisogno di crescita, crescita, crescita”, sappiate in anticipo che non intendono affatto una qualche forma di benessere diffuso nella società, ma soltanto una maggiore capacità dello stato di prelevare tasse ai cittadini e alle imprese per tenere in piedi lo Schema Ponzi. Se non funziona questa ricetta, anche loro saranno costretti presto o tardi a cambiare mestiere.
Ma vediamo in breve sintesi come l’Italia vuole o può perseguire questi programmi di crescita, secondo le illuminanti teorie del professore Monti. Uno stato non sovrano come l’Italia, come già sappiamo, non può utilizzare la leva della spesa pubblica per rilanciare la produzione e la domanda interna, quindi dovrà affidarsi solamente alla domanda esterna e al raggiungimento di un saldo positivo delle partite correnti, ovvero bisogna invertire la tendenza attuale e riportare le esportazioni sopra il livello delle importazioni. Cosa che non accade dal lontano 2002, guarda caso anno di ingresso dell’Italia nell’eurozona. Ma come può fare il professore Monti a raggiungere questo obiettivo in breve tempo? Cosa si può inventare per rendere più competitivi i prodotti italiani rispetto a quelli stranieri?
Lo stato italiano non può sostenere le sue aziende con investimenti, non può abbassare il carico fiscale, non può fornire sussidi ai produttori per tenere artificialmente bassi i prezzi (come fanno per esempio gli Stati Uniti con i loro agricoltori), quindi l’unico fattore su cui agire è il costo della manodopera: bisogna abbassare le tutele dei lavoratori (vedi articolo 18), in modo da aumentare la flessibilità, la mobilità e la concorrenza dei nuovi schiavi, che accetteranno salari più bassi pur di lavorare. Con i salari più bassi, i lavoratori comprano meno beni e servizi importati perché troppo costosi, gli imprenditori possono diminuire i prezzi di vendita dei prodotti nazionali mantenendo invariato il loro saggio di profitto, le esportazioni decollano e tutti i problemi dell’Italia sono risolti. Ma è davvero così?
No. Quando i tecnocrati europei, e Monti è un tecnocrate neoliberista nel senso più dispregiativo del termine, applicano con i paraocchi, ciecamente questo schema di lettura completamente sbagliato della realtà, commettono quasi sempre lo stesso errore di interpretazione dei processi economici, ragionando (?) secondo una sequenza meccanica e rigida di eventi: crisi, aumento disoccupazione, produzione ridotta, taglio dei salari e dei diritti dei lavoratori, imprenditori assumono, nuovo aumento della produzione, economia riparte. I tecnocrati neoliberisti si mettono cioè sempre dal lato dei produttori, dell’offerta, dei creditori, dei detentori della ricchezza e non analizzano mai l’altra metà della cielo, quello della domanda, dei lavoratori, dei consumatori, dei debitori. Non si chiedono mai chi potrà comprare questo nuovo eccesso di produzione, perché sono convinti in base ad un dogma, a una credenza religiosa, che una volta prodotta una certa quantità di merce esiste sempre un compratore disposto ad acquistare quel bene a qualsiasi prezzo richiesto dal produttore.
Ma vediamo allora chi dovrebbe comprare i nuovi prodotti italiani. I lavoratori nostrani abbiamo detto no perché sono tutti più poveri. La classe benestante ha in genere più tendenza ad accumulare ricchezza rispetto a consumare. Gli altri paesi dell’eurozona no, perché stanno seguendo tutti con i paraocchi lo stesso schema di Monti, cercando di diventare degli esportatori netti. Con i paesi emergenti, come Brasile, Cina, Russia, non si può competere perché sono tutte nazioni sovrane che possono utilizzare quanto vogliono la leva del debito pubblico per sostenere le loro imprese e possono in particolare svalutare continuamente la moneta nei confronti dell’euro, che come sappiamo è una moneta a tasso di cambio rigido che non può essere deprezzata nè dalle nazioni che la utilizzano nè dai normali aggiustamenti della bilancia dei pagamenti (unico caso al mondo). Quindi?Pregare e attendere il miracolo, perché i tecnocrati vanno avanti lo stesso a testa bassa, anche contro qualunque evidenza logica, mentre noi distratti da mille e più divagazioni non ci accorgiamo che lentamente ci stanno togliendo la terra da sotto i piedi lasciandoci nel baratro.
Quando sono messi alle strette dai dati e dagli andamenti economici che sono tutti al ribasso, i tecnocrati, i professori del nulla, blaterano di un possibile arrivo dei capitali stranieri, che dovrebbe fare ripartire gli investimenti in Italia, ma anche questo è un bluff, un trucco, perché se i nuovi investitori stranieri daranno salari ai lavoratori italiani per pagare le tasse, nel frattempo aumenteranno l’indebitamento complessivo con l’estero della nazione, perché porteranno via ricchezza, attività, profitti e capitale dall’Italia incrementando gli squilibri della bilancia dei pagamenti. Questo meccanismo, promosso da altri pazzi scatenati quali i funzionari del Fondo Monetario Internazionale con cui i tecnocrati europei vanno a braccetto, ha portato al fallimento e alla bancarotta durante gli anni ottanta e novanta di quasi tutti i paesi del Sudamerica, che sono stati poi costretti ad un frettoloso ritorno alla sovranità monetaria e al tasso flessibile di cambio della moneta per uscire dalla crisi.
Ma secondo voi questi professori non conoscono come funziona la bilancia dei pagamenti con l’estero? E non conoscono la storia dell’Argentina? No, conoscono benissimo sia l’una che l’altra faccenda e quindi devono agire soltanto sul fattore tempo. Devono fare più in fretta possibile per rastrellare ricchezza agli italiani e pagare i creditori internazionali più importanti che stanno all’inizio della catena e rappresentano i loro veri sponsor istituzionali, prima che venga scoperto definitivamente lo Schema Ponzi. Intanto che pagano, Monti e la sua cricca si adoperano per creare più confusione mediatica possibile per tenerci impegnati e non farci ragionare sulla truffa in corso.
Nonostante il supporto a distanza della BCE, i tecnocrati sanno che quando emergerà con chiarezza che la crescita in Italia è impossibile in queste condizioni, quando il deficit fiscale dell’Italia aumenterà invece di diminuire (come è già successo in Grecia, Spagna e Portogallo), gli ultimi ingenui investitori disposti ad entrare nella catena fuggiranno via a gambe levate e sarà il caos: bisognerà ricorrere al MES e al FMI per tenere a galla l’Italia, l’accesso al mercato internazionale dei capitali sarà impossibile per parecchi anni, si renderà necessario ricorrere allaristrutturazione e rinegoziazione del debito pubblico italiano per sgonfiare la bolla speculativa in atto.
Fine della storia? Neanche per sogno. Il problema infatti non è soltanto di debito pubblico, ma risiede nel modo in cui è stata congegnata la moneta unica euro e la struttura monetaria dell’eurozona, che obbliga tutti i paesi a diventare degli esportatori netti se vogliono avere una qualche possibilità di sopravvivenza in questo sistema. Quando tu costringi un paese a tenere in pareggio il bilancio fiscale, ovvero il governo può spendere per i suoi cittadini, le sue imprese, il suo territorio in misura uguale di quanto preleva con la tassazione, dici in sostanza che lo stato può ricevere nuova ricchezza soltanto se aumenta le esportazioni rispetto alle importazioni. Non ci sono altri sbocchi per trovare nuove risorse finanziarie da indirizzare agli investimenti, alla ricerca, all’innovazione, allo sviluppo sostenibile.
Ma siccome questa teoria mercantilista è impossibile da applicare su scala planetaria, soprattutto in un periodo di calo generalizzato e globale della domanda (come possiamo diventare tutti esportatori netti? Chi importerà i nostri surplus?), ecco che si creano le premesse per ricominciare un nuovo Schema Ponzi uguale a prima, con i cittadini che dovranno sobbarcarsi tutto il peso sia della spesa pubblica che dei nuovi debiti contratti con l’estero, senza che ci sia un ente terzo, come lo stato democratico e sovrano, che metta un argine e un limite a questa catena di indebitamento senza fine.
Ancora una volta gli investitori esteri dovranno essere consapevoli che i loro soldi utilizzati per comprare titoli di stato italiani non serviranno a finanziare una qualsiasi attività produttiva sottostante, ma verranno incanalati in un nuovo frullatore che servirà a ripagare i creditori che sono arrivati prima di loro e hanno una posizione gerarchica più alta nella piramide dei pagamenti. Tutto qui, soldi che girano a vuoto senza creare nulla.
Nonostante tutte le reticenze, le omissioni, le menzogne, i depistaggi, è importante che i cittadini italiani capiscano che non sta scritto da nessuna parte e in nessun libro di economia che la privazione dello stato della sua prerogativa sovrana di potere ripagare i debiti contratti e denominati con la sua valuta tramite la creazione di nuova moneta dal nulla, sia un bene per la nazione e per i suoi cittadini. Anzi da Adam Smith a John Maynard Keynes, tutti i maggiori economisti della storia hanno sempre dichiarato che l’intervento dello stato nell’economia, attraverso il suo potere sovrano di battere moneta, è fondamentale per garantire la stabilità e lo sviluppo equo e sostenibile dei processi produttivi.
L’economia lasciata a se stessa è per sua natura instabile ed è incapace di trovare da sola uno stato di equilibrio permanente e duraturo, finendo per incanalare sempre maggiori quantità di ricchezza in attività improduttive, speculative, che sottraggono potere di acquisto a chi sta più in basso per trasferirlo nelle mani di chi ha già abbondante ricchezza. Gli ultimi dati diffusi dalla Banca d’Italia (quindi non un ente complottista, anzi il cuore dell’attuale sistema usuraio) dovrebbero fare riflettere in questo senso: i 10 italiani più ricchi posseggono la ricchezza di 3 milioni di italiani che stanno più in basso, sono i più poveri di tutti. E sarebbe questo uno stato equo, giusto, democratico, impegnato a redistribuire equamente le risorse fra i suoi cittadini?
Tuttavia, infischiandosene dei dati, dell’etica, del lavoro di un numero incalcolabile di economisti, l’attuale classe dirigente italiana ed europea vive sulla base di un dogma, una credenza religiosa: è convinta che l’economia lasciata a se stessa possa raggiungere spontaneamente uno suo stato di equilibrio, anche se non è in grado di sapere quando e come ciò possa avvenire. Così, come per magia, tutto si aggiusta, le esportazioni ripartono e prima o dopo quei dieci italiani saranno portati per naturale evoluzione degli eventi a trasferire parte delle loro enormi ricchezze ai tre milioni di poveri. Paradossalmente però nessuno si chiede mai che anche tenere in catene milioni di cittadini e lasciare liberi di scialacquare nei vizi e nell’opulenza una ristretta fascia di persone è uno stato di equilibrio, sebbene la storia abbia dimostrato più volte che questa condizione non è stabile ma apparente perché prima o dopo gli schiavi si liberano delle catene e bisogna ricominciare a progettare un nuovo modello sociale ed economico.
Il professore Monti dovrebbe tenere a mente queste considerazioni prima di gettarsi a capofitto nel suo Schema Ponzi, nella sua truffa, perché tutti sappiamo ormai come vanno a finire queste colossali catene di Sant’Antonio. Prima o dopo la catena si spezza e chi ha creato il sistema è costretto a scappare con il malloppo per non essere linciato dalla folla inferocita. Monti ci sta provando a tirare la corda, a stringere le maglie, ma da ogni parte si avvertono i primi scricchiolii, la corda potrebbe spezzarsi da un momento all’altro.
La sua intenzione, ormai acclarata, è quella di tenere in tensione il paese per tutto il tempo necessario a ripagare il maggior numero di creditori che stanno nei piani alti della piramide e intanto butta giù decreti legge inutili per creare confusione e distrarre la folla. Mentre noi ci accapigliamo sulle pensioni, le liberalizzazioni dei taxi e delle farmacie, l’articolo 18, lui intanto paga Morgan Stanley, Goldman Sachs, JP Morgan, Banca Intesa e tutta la cricca.
Noi parliamo, scriviamo, ci azzuffiamo e lui, il sobrio professore Monti paga, riscuote le tasse, vende titoli e paga ancora una volta, convinto che nessuno si accorga del trucco e consapevole che gli italiani hanno ancoraparecchi risparmi da cui attingere. E poi c’è l’enorme patrimonio artistico, storico e naturale da utilizzare come collaterale dei nuovi prestiti ricevuti: lo sanno tutti che l’Italia da questo punto di vista è un paese solvibile. Ma questo è un gioco delle tre carte che ormai conosciamo bene un po’ tutti come funziona e quindi continuando a denunciare la truffa è possibile immaginare un gran finale di questo racconto.
Un cittadino italiano qualunque si sveglia la mattina e si mette a ragionare alzando lo sguardo verso il cielo, finchè fra le nuvole non gli appare l’immenso Schema Ponzi in cui è incastrato. A quel punto si veste di tutto punto e comincia a spiegare agli amici del bar come funziona il meccanismo e dichiara pubblicamente che non intende più pagare le tasse per stare dentro questo gioco, innescando un'irreversibile reazione a catena. Allora e solo allora il professore Monti, o chi per lui, rilascerà la corda e sarà il caos. Un caos che potrà portare ad un nuovo Schema Ponzi uguale a quello precedente oppure alla nascita di una nuova nazione sovrana e democratica che non è mai esistita prima nella storia, chiamata Italia.
fine
tratto dal sito TEMPESTA PERFETTA
tratto dal sito TEMPESTA PERFETTA
Nessun commento:
Posta un commento