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domenica 2 dicembre 2012

ANALISI GEOPOLITICA DEL VOTO ONU SULLA PALESTINA

Geopolitica del voto Onu sulla Palestina
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Il significato relativo è forse ancor più importante. 
Quel quasi 75% di voti a favore condensa il nuovo nascente “consensus” planetario, fatto di Cina ed India, Indonesia ed Africa, Brasile e Russia ed altri 130 stati-nazione, i cui interessi non sono più etero-controllabili da una unica potenza egemone. 
Il Muro di Berlino è caduto, quello della Cisgiordania ancora no.
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di Pierluigi Fagan
fonte: Megachip.

La risoluzione ONU per l’ammissione della Palestina come membro osservatore è stata approvata come si sa, con 138 sì, 41 astensioni e 9 no. I no, rappresentano poco più del 4% dell’assemblea dei votanti, poco più del 5% della popolazione terrestre. Tolti USA, Israele, Canada e Repubblica Ceca, si contano altre cinque isolette sperse negli oceani prospicenti gli Stati Uniti d’America. In termini di semplice contabilità della democrazia, la posizione americo-israeliana, può dirsi “amatoriale” ovvero coltivata da un tenace gruppetto di diversamente pensanti, una minoranza assoluta che se non fosse così arrogante, sarebbe folkloristica.

Infatti, in termini di comportamento geopolitico, non si può certo dire che questa minoranza assoluta, sia consapevole della propria residualità. Anzi. Le dichiarazioni fatte dopo il voto hanno un che di surreale, come se dopo una partita di calcio persa per 20 a 1, l’allenatore dei perdenti dichiarasse “Ora sarà tutto più difficile per gli altri, ora ci arrabbieremo sul serio”.

Curiosa anche la possibile analisi sugli astenuti. Per gli europei che compongono il 50% dell’intero settore dei “non so”, se si escludono Regno Unito, Olanda, San Marino, Monaco ed Andorra che si sono probabilmente astenute in quanto “banche del mondo” e quindi per principio "neutrali" per non perdere i loro clienti, il resto è l'intero blocco dell'Europa dell'Est, capeggiato dalla Germania. Non si vedono ragioni oggettive per immaginare un così pensoso ed imbarazzato atteggiamento dell’Est Europa rispetto alle vicende israelo-palestinesi. Si dovrebbe allora arguire che il blocco dell’Est e il voto compiacente nei confronti di questi della Germania, vadano riferite a questioni geopolitiche locali, ovvero la contrapposta separazione tra questa parte di Europa e la Russia, storico sponsor dell’affermazione stato-nazionale palestinese.

Gli altri astenuti seguono la filiera anglosassone-piccole isole del Pacifico-off shore o banche del mondo come Bahamas, Barbados, Singapore. La Mongolia stretta tra Russia e Cina, la Corea del Sud. Due soli sud americani (Colombia e Paraguay) e quattro stati su 54 per l’Africa.

Quello che emerge con una certa nettezza è l’irrilevanza della posizione americo-israeliana nel suo complesso. Questa posizione non è riuscita a convertire in voto negativo, neanche l’area dell’ex impero britannico, oggi tutta dedita a riciclare e proteggere dalle tasse i capitali erranti. Capitali la cui parte medio-orientale è cospicua e certo da non dispiacere. Una buona altra parte dell’astensione è dovuta come detto, a problematiche di equilibrio locale tra Europa e Russia. Una astensione in un voto che si sapeva da prima, sarebbe stato positivo, equivale a dire “lasciamo fare a questa maggioranza, pur non appartenendovi nel merito”. L’intera altra Europa continentale ha invece votato a favore e così anche l’Italia, il cui primo ministro era da poco tornato da un road-show finalizzato ad attrarre gli investimenti petrolarabi. Del resto si sa che il regno della geopolitica è dominato dal sano realismo e quello dei soldi, pure.

Il significato assoluto del voto, il riconoscimento per quanto indiretto di una statualità palestinese è certo storico e da festeggiare per chi ha a cuore l’equità del mondo e da piccolo, nei film americani tifava per gli indiani. Ma il significato relativo è forse ancor più importante. Quel quasi 75% di voti a favore condensa il nuovo nascente “consensus” planetario, fatto di Cina ed India, Indonesia ed Africa, Brasile e Russia ed altri 130 stati-nazione, i cui interessi non sono più etero-controllabili da una unica potenza egemone. Il Muro di Berlino è caduto, quello della Cisgiordania ancora no. Ma il mondo, lungi dal rimanere quel castello in cui re è domiciliato nella torre più alta, assomiglia sempre più ad un condominio in cui occorrerà trovare un modo civile ed ordinato di stare assieme. I rapporti tra Occidente e resto del mondo sono cambiati, andranno rivisti anche quelli all’interno dell’Occidente stesso. Per chi era abituato a vivere con l’attivo sostegno di un intero mondo tributante materie, energie, forza lavoro a basso costo, mercati avidi delle briciole cadute dalla tavola dei regnanti, potrebbe significare la fine di un’epoca.

Inizia l’epoca di un diritto planetario diffuso, finisce quella del diritto accentrato. Per noi occidentali, inizia l’epoca della Grande Contrazione di Potenza. E’ questo il motore della nostra crisi generale, siamo sempre di meno, sempre più vecchi, sempre meno potenti e sempre più dipendenti dagli altri. A molti dispiace riconoscerlo, ma è così nel duro mondo dei fatti. Più tardi ce ne accorgeremo, più tardi le nostre società beneficiate da tre secoli di imperialismo, colonialismo, hard and soft power, egemonia o come altro lo si vuol definire, riusciranno a trovare il loro nuovo modo di stare nel Mondo Nuovo.

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