...IL GOVERNO
DELL'INFORMATICA GIUDIZIARIA
NELLE MANI DEI PRIVATI
Da molti anni, seppur con modalità differenti, i servizi informatici legati all'attività giudiziaria sono stati gestiti attraverso le politiche di esternalizzazione/privatizzazione, che in generale consistono nell'affidamento a terzi di attività riguardanti la produzione di beni e servizi pubblici facenti capo alla pubblica amministrazione.
Ciò non significa che non esistono esperti informatici presso gli organici dell'Amministrazione preposta all'organizzazione di tali attività (strutture DGSIA/CISIA), ma solo che questi non sono sufficienti per lo svolgimento della maggior parte dei servizi che sono appunto svolti all'esterno.
Il ruolo dei privati nell'informatica giudiziaria segue fasi distinte supportate da due direttrici: le relazioni contrattuali affaristiche che legano il pubblico al privato e le caratteristiche del sistema informatico rispetto alle esigenze di sicurezza dell'Amministrazione.
Nella prima fase, iniziata nel 1997, il ministero della Giustizia affida a singole ditte sparse sul territorio nazionale il servizio di Assistenza Tecnica Unificata (ATU) tramite gare d'appalto locali. L'attività consiste sostanzialmente nel lavoro fornito dal tecnico-informatico che effettua la prestazione “on site”, nel senso che esegue l'assistenza recandosi fisicamente nei palazzi di Giustizia ed interfacciandosi direttamente con i magistrati, i cancellieri e gli altri operatori. Così come emerso in sede di interrogazione parlamentare, i dipendenti cosiddetti ATU risultano impiegati nella gestione dei dati sensibili e, tra le altre cose, rappresentano l'unico punto di riferimento per ogni problema di natura informatica di tribunali e procure.
La parte fondamentale dell'attività viene dunque svolta da soggetti privati selezionati e assunti da aziende private.
Ciò determina una evidente perdita di controllo da parte del ministero su chi mette le mani nelle strutture informatiche legate alla Giustizia.
L'aspetto del controllo sulla correttezza del comportamento dell'informatico è logicamente il più importante dal punto di vista delle infiltrazioni illegali. Non è ancora prevista l'idea della centralizzazione dei dati giudiziari e quindi per violare i sistemi occorre essere fisicamente presenti in un punto di accesso dentro gli uffici pubblici.
Che dal punto di vista della sicurezza informatica assumere personale interno con concorso pubblico sarebbe stata la scelta più sensata non pare ci siano dubbi.
Questo microsistema ha comunque raggiunto un suo equilibrio: agli informatici viene garantito un posto di lavoro, i magistrati e gli altri operatori hanno avuto modo di instaurare un rapporto di fiducia con gli addetti all'assistenza e la gestione dei dati giudiziari era localizzata. Il mantenimento di una certa affidabilità del servizio è dovuto sostanzialmente alla serietà dei tecnici.
Questa situazione, proprio perché legata alla logica degli appalti, potrebbe cambiare da un momento all'altro. E' sulla base di tale presupposto che inizia la seconda fase della privatizzazione.
Nel 2004 viene indetto un bando di gara (G.U. del 29/11/2004) per l'assegnazione dell'Assistenza Tecnica Unificata e nel 2005 le società già fornitrici perdono l'appalto perché sono altre le imprese che risultano aggiudicatarie del servizio (RTI). Tuttavia, il decreto ministeriale di aggiudicazione viene annullato nel 2006 con sentenza del TAR del Lazio per gravi irregolarità nelle procedure seguite dal ministero della Giustizia che, anziché rinnovare il bando di gara, decide di aderire ad un grande progetto che riguarda tutta la pubblica amministrazione: la realizzazione del Servizio Pubblico di Connettività (SPC) previsto dal d.lgs. n. 42/2005 che ha come obiettivo la creazione di un sistema tecnologico in grado di garantire l'interazione informatica fra le pubbliche amministrazioni centrali e locali.
Nel frattempo però l'assistenza informatica ai magistrati e agli operatori della Giustizia deve essere comunque fornita e, dato che la gara di appalto è stata annullata e il SPC deve essere ancora realizzato, l'attività degli ATU prosegue in regime di proroga con una significativa diminuzione dei finanziamenti che grava sulle condizioni di lavoro degli informatici.
Il 31 maggio 2007, il governo Prodi si impegna a garantire il mantenimento dei posti di lavoro nei passaggi fra un appalto e l'altro ma anche ad avviare un processo di assorbimento del personale nella p.a.
La possibilità di una internalizzazione del personale si rivela ben presto un'attraente illusione dato che il ministero ha deciso di aderire al SPC per la cui realizzazione il Centro Nazionale per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione(CNIPA) stipula due contratti quadro: il primo (n. 4/2007), che è anche il più rilevante, con il RTI composto da Telecom Italia, Elsag Datamat ed Engineering Ingegneria Informatica per la realizzazione del lotto 1 riguardante la progettazione, la realizzazione e la gestione dei siti web e la conduzione di sistemi; il secondo (n. 5/2007) con il RTI rappresentato da EDS Italia e Almaviva The Italian Innovation Company per l'attuazione del lotto 2 concernente i servizi di interoperabilità evoluta e cooperazione e sicurezza applicativa.
Ora, poiché nel primo contratto quadro non ci si è preoccupati di considerare l'essenziale servizio di assistenza agli applicativi preesistenti e in uso, il ministero ha dovuto stipulare nel 2008 un apposito contratto con un altro RTI, stavolta formato da CM Sistemi, Almaviva, Eutelia, Ois.Com, ISI Ingegneria dei Sistemi Informativi, Sistemi Informativi, Società OIS.Com Consorzio.
A parte l'avvio della sperimentazione in alcune città - fra cui Palermo, Milano, Genova e Firenze - e denunce sparse di malfunzionamenti da parte di qualche procura non si sa molto sull'effettivo stato di attuazione dei nuovi processi, che comunque non sono stati ancora completati.
Le società ATU, che prima fornivano i tecnici direttamente al ministero, oggi lavorano in subappalto con i fornitori del SPC che hanno ridotto il loro contributo portando al licenziamento di molti informatici senza alcun risparmio per la pubblica amministrazione.
Questa situazione viene contestata dall'ANM (Associazione Nazionale Magistrati)in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario (27 gennaio 2011). In particolare, l'associazione critica fortemente i disservizi relativi all'informatica giudiziaria, smentendo esplicitamente le dichiarazioni dei ministri Alfano e Brunetta che affermano la piena informatizzazione degli uffici.
Si consideri che poco tempo prima il sistema giudiziario ha rischiato una paralisi a causa dei tagli finanziari decisi dal ministro Tremonti alle aziende che forniscono l'assistenza. Nel mettere in evidenza tale questione, l'ANM ha correttamente colto il nocciolo del problema finanziario, e cioè che, in conseguenza del fatto che i nuovi sistemi sono stati resi operativi solo in alcuni uffici, la maggior parte delle richieste che arrivano dai tribunali riguardano i tradizionali interventi in loco sui vecchi programmi informatici (applicativi). Che si sarebbe arrivati ad una simile situazione era prevedibile se si tiene conto del fatto che il contratto a cui ha aderito l'amministrazione (DGSIA) prevede bassi costi per la nuova assistenza “a distanza” tramite call center “che permettono di prendere il controllo del Pc” e spese elevate per gli interventi effettuati direttamente presso i palazzi di Giustizia. Nessun riferimento ai rischi di infiltrazioni illecite, anzi, al contrario, proprio sulla base di una valutazione di ordine economico l'ANM si dichiara a favore di una centralizzazione in tutto il territorio nazionale.
seconda parte
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