Braccio di ferro sempre più serio e pesante tra Madrid e Barcellona.
Il governo spagnolo farà di tutto per impedire il referendum sull’indipendenza che la Catalogna intende promuovere. Il vicepremier e portavoce dell’esecutivo, Soraya Saenz de Santamaria lo ha definito apertamente ”incostituzionale” nel corso della conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri.
Rispondendo a due diverse domande, Saenz de Santamaria ha citato almeno due mezzi di cui il governo dispone per neutralizzare il referendum, che potrebbe svolgersi a fine novembre secondo le autorità catalane. Primo, la Costituzione autorizza il governo centrale a sospendere un referendum di questo tipo se è contrario all’interesse generale e se si svolge senza che siano state osservate “modifiche rilevanti” nella struttura del paese.
Secondo, il governo ha la possibilità di rivolgersi alla Corte costituzionale in caso di iniziative considerate contrarie alla Costituzione, e di ottenere la sospensione immediata di un referendum di questo tipo, prima di una sentenza sul merito.
È evidente che in queste condizioni non può che aprirsi un lungo, pesante braccio di ferro tra Barcellona e Madrid.
Il Parlamento catalano ha infatti approvato oggi una risoluzione per promuovere il promesso referendum sull’autodeterminazione della Catalogna nella prossima legislatura, dopo le elezioni anticipate convocate per il 25 novembre prossimo. La risoluzione ha registrato l’appoggio di 84 voti a favore su un totale di 135 deputati: quelli dei partiti catalani CiU, Icv, Erc e Solidaritat. Si è astenuto il Psc (25 voti) e hanno votato contro il Partido Popular al governo a Madrid 18) e Ciutadans (3).
Il testo approvato sottolinea il diritto per popolo catalano di “determinare liberamente e democraticamente il suo futuro collettivo” ed esorta il governo catalano “a convocare una consultazione, in maniera prioritaria, nella prossima legislatura”.
I promotori della proposta sottolineano che il tentativo di “frenare le aspirazioni della Catalogna in Spagna sono oggi una strada non percorribile” e fa appello al popolo catalano a decidere liberamente e con il massimo consenso possibile, quello della comunità internazionale, dell’Unione europea e del governo centrale.
Il governo spagnolo di Mariano Rajoy ha peraltro oggi varato il nuovo piano di austerity, con il taglio “pazzesco” di circa 40 miliardi di euro dal bilancio dello stato del prossimo anno, che si vanno ad aggiungere ai 27 miliardi in meno di spesa programmati per l’anno in corso. E’ chiaro che la crisi ha accentuato la secolare aspirazione all’indipendenza da parte della Catalogna.
Tra l’altro, la giunta regionale di Castilla-La Mancha, la regione intorno all’area metropolitana di Madrid, governata dalla segretaria generale del Partito Popolare, Maria Dolores de Cospedal, ha chiesto al governo di ricorrere al Fondo di liquidità delle autonomie per 800 milioni di euro. «Non arrossisco nel dire che per pagare chiederemo l’aiuto dello Stato», ha detto. La presidente regionale considera che 800 milioni siano una quantità bassa rispetto ai tre miliardi di deficit accumulato lo scorso anno.
Prima di Castilla-La Mancha, a ricorrere al fondo di salvataggio, finanziato con 18 miliardi dallo Stato, sono state Valencia, Murcia, la Catalogna e l’Andalusia. Queste ultime due regioni, entrambe per un importo superiore ai cinque miliardi di euro.
di Roberto Schena
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