Uno studio pubblicato da Confindustria durante il mese passato ha analizzato lo stato del mercato immobiliare italiano e ha delineato come il rapporto reddito–costo delle case sia in netto dislivello. I prezzi delle case sono scesi del 10% negli ultimi quattro anni (periodo della “crisi”, che lo studio prende in analisi), ma sono comunque troppo alti rispetto alle capacità di spesa delle famiglie italiane.
Soltanto nel primo trimestre 2012, infatti, confrontando il dato con la media registrata nel lungo periodo, il rapporto tra costi degli immobili e redditi disponibili si è attestato a +9,2%. Una percentuale dovuta soprattutto al fatto che, proprio a causa della recessione, il reddito pro capite è rimasto praticamente stabile (debolmente incrementato di uno 0,3%), mentre i prezzi sono rimasti alti: secondo Confindustria, quindi, per stabilizzare la situazione nel lungo periodo sarà necessario operare sui prezzi delle case, che dovranno scendere.
Mutui
A infierire, inoltre, anche le crisi di liquidità delle banche e la conseguente reticenza degli istituti di credito di concedere mutui simili a quelli di pochi anni fa. Nei mesi passati, Mutui.it ha pubblicato uno studio che attesta come le banche siano propense ad accendere mutui per la prima casa che coprono al massimo il 49% del valore dell’immobile. Ma le difficoltà non si fermano qui.
In un’altra analisi il sito ha riportato che soltanto il 2% delle richieste di finanziamento arriva da famiglie monoreddito, cioè in cui lo stipendio mensile disponibile è uno soltanto. Svolta su un campione di oltre 160mila richieste presentate negli ultimi mesi, l’indagine ha perciò rivelato le difficoltà della famiglia “tipo”, cioè un reddito soltanto e almeno un figlio. La richiesta, infatti, arriva solitamente da un profilo abbastanza definito: si tratta solitamente di un soggetto “maturo”, età media 42 anni, padre di famiglia (il 76% delle domande arriva da uomini), con un nucleo familiare che supera le 3 unità (3,3 la media) e che dispone di uno stipendio mensile più elevato della media (2.100 euro netti). In media richiede circa 122mila euro, da restituire in un lungo periodo, solitamente di 23 anni. La percentuale finanziata attraverso il mutuo (il cosiddetto “loan to value”) si ferma al massimo al 52%.
Nella maggior parte dei casi, poi, la domanda è riferita all’acquisto della prima casa (66%), mentre soltanto un 6% delle richieste mira all’acquisto di una seconda abitazione. Il dieci per cento dei casi, a seguire, punta al rifinanziamento di un mutuo già acceso (per poter usufruire di maggior liquidità o per abbassare la rata corrente), dilazionando ulteriormente il tempo di restituzione del prestito.
Imu
Sul versamento non circola ancora molta chiarezza, visto che non è ancora stato approvato il decreto contenente il nuovo modello e le istruzioni. I comuni, in ogni caso, hanno tempo fino al 31 ottobre per fissare le aliquote.
Nelle grandi città l’imposta sarà più alta del 62% rispetto ai comuni di cintura. Dei circa sedici milioni di contribuenti che due mesi fa hanno versato la prima rata, solo una piccola parte, il 5,5%, ha deciso di dilazionare il pagamento nelle tre tranches di giugno, settembre, dicembre.
A pagare di più saranno i proprietari di case situate nei comuni capoluogo di provincia, cui toccherà sborsare in media, entro oggi, 131 euro. Picchi di 293 euro a Bologna, mentre a Milano si spenderanno 269 euro. Anche questo acconto, così come per la prima rata, è pari a un terzo dell’importo totale, che si ottiene applicando l’aliquota ordinaria del 4 per mille con la detrazione di 200 euro (più altri cinquanta per ogni figlio con età inferiore ai 26 anni). L’acconto di settembre, così come la prima rata, è pari ad 1/3 dell’importo totale che si ottiene applicando l’aliquota ordinaria del 4 con la detrazione di 200 euro (elevabile di 50 euro per ogni figlio di età inferiore a 26 anni convivente con il contribuente).
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