Il caso Italcementi di Colleferro, l'impianto a 40 chilometri da Roma posto sotto sequestro per violazione delle norme che regolano le emissioni nocive, ha scatenato subito la paura di un nuovo caso Ilva, riaccendendo i riflettori sull'inquinamento dell'intera Ciociaria.
Secondo la procura, una parte dei camini della Italcementi (attiva dal 1919) non sarebbero conformi alle prescrizioni Aia (Autorizzazione integrata ambiente), in quanto privi di prese di campionamento e sbocco verticale.
UNA NUOVA ILVA.
Entro il 22 ottobre l'azienda dovrà essersi messa in regola o spegnere gli impianti: sono circa 500 le famiglie che rischiano di ritrovarsi a spasso come gli operai Ilva a Taranto.
Ma sarebbe in via di definizione un programma per la messa a norma dell'impianto che potrebbe convincere le autorità a concedere una proroga del blocco.
DISASTRO AMBIENTALE. In ogni caso, la questione Italcementi è scoppiata all'interno di un contesto ambientale già disastrato: quello della Valle Latina, che si estende tra Roma e Frosinone, detta anche Valle del Sacco dal nome del fiume che la attraversa.
Un corso d'acqua che, negli ultimi 100 anni, è stato avvelenato dagli scarichi industriali delle fabbriche presenti nella zona, al punto che le colture alimentari nei campi limitrofi sono state vietate.
Dal 1912, qui sono sorte le aziende belliche che hanno rifornito Saddam Hussein
Dal 1912, infatti, nella zona sono presenti i principali stabilimenti dell'industria bellica, la stessa che ha fornito armi chimiche all'Iraq di Saddam Hussein.
ECCELLENZE DEL SETTORE
Le industrie della Valle del Sacco hanno costituito l'eccellenza italiana del settore, di cui il dittatore si è servito anche dopo la Seconda guerra del Golfo. Senza contare che, almeno fino al 2006, la Simmel Difesa Spa di Colleferro ha venduto unità di ricambio per armamenti modificabili in vettori chimici all'Arabia Saudita.
Secondo il dossier di Legambiente “Armi chimiche: Un’eredità ancora pericolosa”, presentato a febbraio 2012, nell’area sono ancora attive produzioni belliche ma sull’inquinamento ci sono poche informazioni pubbliche, a causa del segreto militare e di una contaminazione complessa che deriva dalle diverse attività che si sono succedute negli anni in tutta la Valle del Sacco.
OMERTÀ MILITARE
L'omertà militare è a norma di legge, un po' come a Quirra in Sardegna: i Regi Decreti 635/40 e 1161/41 sono lì a testimoniare l'assenza di controlli in materia ambientale divenuta legge, un vaso di Pandora esploso nel 1990 con il ritrovamento di fusti tossici contenenti scarti di produzione delle aziende chimiche di Colleferro.
Una prima stima parla di 60 mila tonnellate di rifiuti bruciati all'interno del perimetro industriale di Colleferro, che ha diffuso veleni, pesticidi, diossine, metalli pesanti nei terreni, nell'aria e nelle acque del Sacco
Le sostanze tossiche nel fiume hanno inquinato tutta la catena alimentare
Il caso scoppiò nel 2005, quando 25 mucche vennero trovate morte avvelenate da arsenico lungo il fiume Sacco nei pressi di Anagni. I veleni prodotti dall'azienda, infatti, confluirono nel fiume e contaminarono bestiame e prodotti di 32 aziende bovine, una bufalina e nove ovine.
Le indagini epidemiologiche sono dei necrologi: dal 2006, da quando è stato dichiarato lo “stato di emergenza socio-economico-alimentare” nei comuni di Colleferro, Gavignano, Segni, Anagni, Murolo e Ferentino, i livelli di sostanze tossiche, tra cui mercurio, cromo, arsenico e diossine, sia nelle aree agricole sia in quelle industriali, non si sono affatto abbassati.
PESTICIDI NEGLI ALIMENTI
Secondo il rapporto dell'Asl Roma E del 2008, «le persone che hanno risieduto lungo il fiume hanno assorbito e accumulato nel tempo pesticidi organo clorurati soprattutto tramite la via alimentare. L’estesa indagine di biomonitoraggio ha dimostrato una contaminazione umana di carattere cronico da beta-esaclorocicloesano».
E ancora: «Il quadro di mortalità e di morbosità dei residenti nell’area di Colleferro,mostra valori più elevati per le patologie respiratorie in possibile rapporto con la contaminazione cronica ambientale».
TUMORI IN AUMENTO
Il rapporto segnala inoltre, «la presenza di alcune patologie (tumore del fegato, diabete) in possibile rapporto con la contaminazione chimica», mentre «i lavoratori che hanno prestato servizio agli impianti chimici e alle carrozze ferroviarie presentano un aumento della frequenza di alcune forme tumorali (tumore della vescica e della pleura) in presumibile rapporto con l’attività lavorativa svolta».
Facile immaginare che, in questo contesto ambientale, il caso dell'Italcementi rappresenti qualcosa di più di un semplice caso di illecito ambientale.
di Andrea Spinelli Barrile
fonte: Lettera43
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