UOMINI come robot. Anzi supereroi, dalle percezioni aumentate e lo sguardo bionico. In grado di collegarsi alla rete, ottenere informazioni, leggere mail. Tutto con un batter di ciglia. Il futuro è già reale, renderà superflui smartphone, tablet, persino computer e ha un nome: tecnologia indossabile. Secondo le ultime stime diVisiongain, un business da 4.6 miliardi di dollari entro fine 2013 e 70 nel 2017, che impegna colossi hi-tech in duelli a colpi di occhiali e orologi "smart". Ultimo in ordine d'arrivo è Galaxy Gear, il gioiello da polso firmato Samsung: uno schiaffo per l'iWatch Apple, bruciato sul tempo.
Due le conferenze dedicate al mondo "wearable" a fine luglio negli States, la prossima tappa sarà Zurigo con incontri per addetti ai lavori e no tra l'8 e il 12 settembre.
Spiega Kristof Van Laerhoven, responsabiledell'International symposium on wearable technology: "C'è un'attenzione crescente per questi prodotti e il trend continuerà. I dispositivi saranno presto più piccoli, leggeri, molto più funzionali dei Pc grazie a sensori in grado di rilevare lo stato del nostro corpo e ciò che non percepiamo dell'ambiente circostante: amici nei dintorni, salubrità dell'aria. Inoltre, controllare e accedere alle piattaforme sarà più facile e veloce".
Spiega Kristof Van Laerhoven, responsabiledell'International symposium on wearable technology: "C'è un'attenzione crescente per questi prodotti e il trend continuerà. I dispositivi saranno presto più piccoli, leggeri, molto più funzionali dei Pc grazie a sensori in grado di rilevare lo stato del nostro corpo e ciò che non percepiamo dell'ambiente circostante: amici nei dintorni, salubrità dell'aria. Inoltre, controllare e accedere alle piattaforme sarà più facile e veloce".
Che non sia un passatempo lo dimostrano gli sponsor: in prima linea Google e Microsoft, seguiti da Intel e Nokia. Un appuntamento che si ripete dal 1997, ma solo l'anno scorso - assicura Van Laerhoven - è balzato all'attenzione dei grandi marchi. "Prima ci seguivano solo piccole compagnie, ora no: qualcosa sta cambiando". Un segno dei tempi. Saranno trentuno i progetti, provenienti da tutto il mondo, presentati nella città svizzera durante la prossima edizione: dal sensore orale in grado di monitorare ciò che avviene nella nostra bocca, fino alla possibilità di sentire calore o refrigerio a suon di musica. Aggeggi da fantascienza cui si aggiungono congegni già in circolazione. Immaginare un inizio di giornata nel 2017, quando per gli esperti il mercato sarà maturo, diventa un gioco. Ore sette: in piedi con Lark Pro, il bracciale che sceglie il momento più adatto per svegliarti vibrando. A colazione un "nano-tattoo" misura il livello di zucchero nel sangue, mentre durante la corsa i "Sensoria socks" correggono posture sbagliate ed evitano distorsioni. Cronaca di una rivoluzione annunciata.
"È uno degli sviluppi tecnologici con maggiore potenzialità d'impatto sulla nostra vita quotidiana", assicura Annalisa Bonfiglio, professore associato all'Università di Cagliari, che da oltre dieci anni segue i progressi della nuova frontiera tech. "In Italia la ricerca è discretamente avanzata soprattutto grazie ai finanziamenti europei, ancora scarso l'investimento dei gruppi industriali, mentre da parte delle istituzioni manca totalmente una pianificazione". In futuro? "Potremo indossare sistemi di monitoraggio che aiuteranno noi a controllare la salute e i dottori a capire di più molte malattie".
Negli Stati Uniti è appena nato Glassomics, incubatore frutto della fusione tra le aziende Qualcomm Life e Palomar health, che ne studia le possibili applicazioni in campo medico. Mentre i consumatori non stanno a guardare: le vendite dei nuovi prodotti aumenteranno del 250 per cento l'anno, prevede IHS. Sì, perché l'indossabile piace. Piace al mondo sanitario. Piace agli sportivi, come dimostrano brand del calibro di Nike, con Fuelband, e Fitbit. Piace alle generazioni digitali, ansiose di sfruttare l'interazione tra nuovi marchingegni e social networks.
Ma non mancano i rischi. Avverte il guru del Nielsen group, Don Norman, in un editoriale sul sito del Mit: "Possono aiutarci, ma anche distrarci dalle nostre attività". Annota Pete Pachal di Mashable: "Il crescente interesse per la tecnologia indossabile è in parte dovuto al fatto che la gente non vede l'ora di condividere i suoi dati, in particolare i successi". Con buona pace sia di concentrazione che di privacy.
E se proprio non volete essere "robotizzati", niente paura. Dalla Scuola di Visual Arts newyorchese arriva la soluzione. Adam Harvey è il designer che progetta vestiti in grado di bloccare il segnale di cellulari, raggi x e scanner termici. Di colpo invisibili alla tecnologia, con un ultimo clic.
di Rosita Rjitano
fonte: Repubblica.it
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