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martedì 15 ottobre 2013

RUSSIA, SIRIA E IL DECLINO DELL'EGEMONIA AMERICANA

Prima le buone notizie. L’egemonia Americana è al termine. Il bullo prepotente è stato soggiogato. Abbiamo raggiunto il Capo di Buona Speranza, simbolicamente parlando, nel Settembre del 2013. Con la crisi in Siria, il mondo ha preso una svolta storica nell’era moderna. E’ stata un’azione rapida, rischiosa tanto quanto la crisi dei missili a Cuba nel 1962. Le probabilità di un conflitto mondiale erano alte, con America e Eurasia che tentavano di avere la meglio nel Mediterraneo orientale. Ci vorrà del tempo prima di poterci rendere davvero conto di quello che abbiamo passato: è normale, quando avvengono fatti così importanti.


I disordini negli Stati Uniti, dall’inseguimento della macchina impazzita nel D.C. fino alla chiusura del governo federale e alla probabile e conseguente crisi d’indebitamento, sono le dirette conseguenze di quell’evento.
Ricordate il Muro di Berlino? Quando è crollato, io ero a Mosca, scrivevo per Haaretz. Andai ad una conferenza stampa con dei membri del Politburo al President Hotel, e chiesi loro se fossero d’accordo con me sul fatto che eravamo vicini alla fine dell’URSS e dei sistemi socialisti. Mi risero in faccia. Fu un momento piuttosto imbarazzante. “Oh no” dissero. “Dopo la caduta del Muro il socialismo rifiorirà”. Due anni dopo, crolla l’URSS. Ora la nostra memoria ha compattato quegli anni in una breve sequenza temporale, ma in realtà ci volle del tempo.

L’evento più drammatico del Settembre 2013 è stato quel mezzogiorno di fuoco davanti alla costa Levantina, con cinque missili Tomahawk Americani puntati dritti verso Damasco – con una flotta Russa di undici navi guidate dalla portaerei-killer Moskva supportata da navi da guerra cinesi. Pare che due missili sono davvero stati lanciati verso la costa siriana, ma entrambi hanno mancato il bersaglio.
Un giornale libanese che citava fonti diplomatiche ha scritto che i missili sono stati lanciati da una base aerea NATO in Spagna e che sono stati abbattuti da un sistema di difesa mare-terra a bordo di una nave Russa. Secondo un’altra spiegazione proposta dall’Asia Times, i Russi hanno usato i loro semplici ma efficaci disturbatori GPS per neutralizzare i costosi Tomahawk, disorientandoli e causandone l’errore balistico. C’e’ poi un’ulteriore versione dei fatti che attribuisce il lancio dei missili agli Israeliani, sia che stessero realmente tentando di scatenare un conflitto, sia che si fossero un attimo distratti mentre guardavano le nuvole, come dicono. 

Quale che ne sia il motivo, dopo questo strano incidente, le attese sparatorie non sono iniziate, Obama ha indietreggiato, rimettendo le pistole nel fodero. All’alba di questo avvenimento c’e’ stato poi l’inatteso voto nel Parlamento Britannico. Questo venerabile organo della monarchia inglese ha declinato l’invito degli U.S.A. a unirsi all’attacco. E’ la prima volta in duecento anni di storia che il Parlamento Britannico rifiuta una seria proposta di prendere parte ad un conflitto armato; normalmente i britannici non resistono alla tentazione. 
Dopo di questo, il Presidente Obama ha deciso di passare la patata bollente al Congresso. Non aveva nessuna voglia di dare il via all’Armageddon da solo. L’azione si è quindi interrotta. Il Congresso non ha voluto entrare in una guerra senza conseguenze prevedibili. Al G20 di S. Pietroburgo Obama ha poi tentato di intimorire Putin, ma senza alcun successo. Grazie alla proposta Russa di rimuovere le armi chimiche siriane, Obama ha salvato la faccia. Tutta questa disavventura ha inferto un colpo magistrale all’egemonia, alla supremazia e all’eccezionalità degli U.S.A. E’ così finita l’era del Manifest Destiny (n.d.t.: slogan iniziato nella metà dell’800, secondo il quale era nel naturale destino e la naturale missione degli USA espandersi in tutto il Nord America, fino al Messico). Lo abbiamo imparato bene da Hollywood: l’eroe non indietreggia mai, va là fuori e spara. Se ripone le sue pistole nel fodero, non è un eroe: è un vigliacco che ha paura.
Dopo, è successo tutto rapidamente. Il Presidente Americano ha avuto un colloquio con il nuovo presidente iraniano, con grande disappunto di Tel Aviv. Il Libero Esercito Siriano ha deciso di parlare con Assad, dopo due anni di duro conflitto con lui, e la loro delegazione è giunta a Damasco, lasciando gli islamisti estremisti a bocca asciutta. L’alleato e sostenitore Qatar sta franando su se stesso. La chiusura del governo federale e la possibile conseguenza dei debiti hanno dato agli Americani una cosa di cui preoccuparsi seriamente. Con la fine dell’egemonia statunitense, i giorni del dollaro come valuta delle riserve mondiali sono contati.

Se la Terza Guerra Mondiale stava quasi per scoppiare, dobbiamo dire grazie ai banchieri. Hanno troppi debiti, compreso l’insostenibile debito estero degli Stati Uniti. Se quei Tomahawk fossero volati, i banchieri si sarebbero appellati alla causa di forza maggiore e non avrebbero più onorato il debito. Milioni di persone sarebbero morte, ma miliardi e miliardi di dollari si sarebbero salvati nei caveau di JP Morgan and Goldman Sachs. In Settembre scorso il mondo ha sfiorato una gravissima tragedia e l’ha superata, dopo che Obama ha deciso di non darla vinta ai banchieri. Forse il Premio Nobel se lo meritava, dopo tutto. 

Il prossimo futuro è carico di problemi, ma nessuno di questi è fatale. Gli Stati Uniti perderanno i loro diritti di emissione come fonte di reddito. Il dollaro Americano non sarà più la valuta mondiale per le riserve anche se resterà la valuta del Nord America. Altre parti del mondo ricorreranno ai loro euro, ai loro yuan, ai loro bolivar o al dinaro. La spesa militare statunitense tornerà a livelli normali e la conseguente eliminazione di basi e armamenti oltremare consentirà al popolo Americano una transizione quasi indolore. Nessuno vorrà più star dietro all’America; il mondo si sarà stancato di vederli scorrazzare in giro con le armi puntate. Gli Stati Uniti dovranno trovare delle nuove occupazioni per tantissimi banchieri, carcerieri, militari e anche politici. Mentre ero a Mosca durante la crisi, osservavo questi sviluppi attraverso gli occhi dei Russi. Putin e la Russia sono stati a lungo sotto forte pressione.

* Gli Stati Uniti hanno sostenuto e finanziato l’opposizione liberale e nazionalista Russa; le elezioni nazionali in Russia sono state fatte apparire come una truffa. Il Governo Russo ne è risultato in qualche modo delegittimato.

* La legge Magnitsky del Congresso Americano ha dato facoltà alle autorità Americane di arrestare ed espropriare i beni di qualsiasi Russo che ritenevano non proprio “giusto”, senza ricorrere alla magistratura.

*Alcuni beni demaniali dello Stato Russo sono stati espropriati a Cipro, dove le banche erano nei guai.

* A Mosca, gli Stati Uniti hanno incoraggiato le Pussy Riot, le manifestazioni dei gay, ecc., allo scopo di promuovere tra i media occidentali e delle oligarchie Russe un’immagine di Putin come un dittatore, nemico della libertà e anti-gay. 

* Il sostegno Russo alla Siria è stato duramente criticato, ridicolizzato e fatto apparire come un brutale atto disumano. Allo stesso tempo, alcuni personaggi di punta dei media occidentali hanno detto che sicuramente la avrebbe rinunciato, prima o poi, alla Siria.

Come ho scritto in precedenza, la Russia non aveva alcuna intenzione di abbandonare la Siria, per diversi motivi: era un alleato; i Cristiani Ortodossi in Siria avevano fiducia nella Russia; in termini geopolitici, il conflitto si stava avvicinando troppo ai confini Russi; ma la prima ragione era che la Russia era stufa di vedere l’America fare sempre la parte del primo della classe. I Russi hanno ritenuto che una decisione così importante doveva essere presa dalla comunità internazionale, ovvero dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti. Non gradivano per niente il ruolo di arbitri del mondo che avevano assunto gli Stati Uniti. 
Negli anni ’90, la Russia era molto debole e non poteva oggettivamente obiettare alcunchè; fu dura per lei quando assistette al bombardamento della Yugoslavia e quando le truppe NATO irruppero ad est infrangendo la promessa fatta a Gorbaciov. La tragedia in Libia è stato un altro passo cruciale. Quell’infelice paese è stato bombardato dalla NATO e infine disintegrato. Dal prospero paese africano che era una volta, ora è diventato uno dei più afflitti. La presenza della Russia in Libia era piuttosto limitata, nonostante questo la Russia in quel paese ha visto sfumare diversi suoi investimenti. La Russia si è astenuta dal voto in Libia, poichè quella era la posizione presa dall’allora presidente Dmitry Medvedev, che riteneva preferibile giocare un po’ “a palla” con gli occidentali. Ma per nessun motivo ora Putin avrebbe mai abbandonato la Siria a quello stesso destino.

La ribellione Russa all’egemonia Americana è iniziata a Giugno quando il volo dell’Aeroflot da Pechino che portava Ed Snowden è atterrato a Mosca. Gli Americani le hanno tentate davvero tutte per riaverlo. Hanno sguinzagliato tutta la gamma dei loro migliori agenti in Russia. Sono state poche le voci, e tra queste poche anche la mia, che hanno chiesto alla Russia di dare a Snowden un giusto rifugio. Ma queste poche e flebili voci hanno prevalso alla fine: Mosca ha concesso asilo a Snowden.

L’altro passo è stata l’escalation in Siria. Non intendo entrare nei dettagli e nel merito dell’attacco con le armi chimiche. Secondo la Russia, non c’erano e non ci potevano essere motivi per gli Stati Uniti di agire unilateralmente in Siria o in alcun altro paese del mondo. In un certo modo, i Russi hanno rimesso la Legge delle Nazioni al suo giusto posto. Il mondo ora è diventato un posto migliore e più sicuro. 

Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il sostegno della Cina. Il gigante Asiatico vede la Russia come sua “sorella maggiore” e si affida alla sua capacità di trattare con gli “occhi a palla” (occidentali). I Cinesi, nel loro tipico modo silenzioso e senza pregiudizi, hanno dato ascolto a Putin. Hanno trasferito Snowden a Mosca. Hanno posto il loro veto ad ogni provvedimento anti-siriano nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti, e hanno inviato le loro corazzate nel Mediterraneo. Ecco perché Putin è rimasto saldo nelle sue posizioni. Agiva non solo per sé ma per tutta l’Eurasia.

Nella vicenda siriana ci sono stati diversi momenti di forti emozioni e di fiato sospeso, tanti da riempire dei volumi. Uno di questi è stato quel primo tentativo di mettere a tacere Putin nel G8 in Irlanda. Putin stava per incontrare tutto il fronte occidentale unito e schierato, ma è riuscito tuttavia a portarsene alcuni dalla sua parte e gettando i semi del dubbio nell’animo di altri, ricordandogli quel comandante dei ribelli siriano, sanguinario e cannibale. (http://dcclothesline.com/2013/05/18/muslim-cannibalism-syrian-rebel-cuts-out-eats-enemys-heart/- ndt) Poi è giunta la proposta di rimozione di tutte le armi chimiche in Siria. La risoluzione del CSNU (Consiglio di Sicurezza dell’ONU) ha bloccato la possibilità di attaccare la Siria facendo appello al Capitolo 7. 

Miracolosamente, in questo tiro alla fune bellico, i Russi hanno avuto la meglio. Le alternative sarebbero state tremende: la Siria sarebbe stata distrutta come la Libia; sarebbe stato poi inevitabile un attacco Israeliano/Americano; i Cristiani d’Oriente avrebbero perso la loro culla; l’Europa sarebbe stata invasa di milioni di rifugiati; la Russia sarebbe apparsa come potenza inutile, tante parole e niente fatti, irrilevante come la Bolivia, un paesi in cui l’aereo del Presidente può essere fatto atterrare ed essere perquisito ogni volta che si vuole. Incapace di difendere i propri alleati, incapace di mantenere le sue posizioni, la Russia si sarebbe ritrovata con una “vittoria morale”, un eufemismo per sconfitta. Tutto quello per cui Putin aveva lavorato per tredici anni, sarebbe sfumato. La Russia sarebbe tornata indietro al 1999, quando Clinton fece bombardare Belgrado.

Il punto più critico dello scontro fu raggiunto nello scambio tra Obama e Putin sull’ “ eccezionalità” . I due non erano i soggetti giusti per quel momento: Putin era infastidito dall’ipocrisia e insincerità che avvertiva in Obama. Uomo partito dal niente per arrivare al top, Putin conserva la sua capacità di parlare apertamente con la gente di qualsiasi estrazione sociale. Il suo modo di parlare a volte può sembrare addirittura brutale. Così ha risposto a un giornalista Francese riguardo al trattamento riservato ai separatisti Ceceni: “Gli estremisti Musulmani (takfiris) sono nemici dei Cristiani, degli atei e anche dei Musulmani stessi, poiché credono che l’Islamismo tradizionale sia un nemico per gli obiettivi che si sono posti. E se volete diventare amici di un islamisti radicale o volete farvi circoncidere, siete miei ospiti a Mosca. Siamo un paese multi-religioso e abbiamo esperti che sanno fare di tutto. E consiglierò loro di effettuare l’intervento alla perfezione, in modo che niente potrà mai più ricrescerci sopra”.

Un altro esempio della sua candida e scioccante dialettica lo abbiamo avuto a Valdai, quando ha replicato alla giornalista della BBC, Bridget Kendall. 
Lei domandò: “Le minacce di un attacco militare statunitense hanno avuto un ruolo determinante nel fatto che la Siria ha accettato di mettere le sue armi sotto controllo?”. 
E lui ha risposto: “La Siria si è dotata di armi chimiche come alternativa all’arsenale nucleare d’Israele”. Ha fatto appello al disarmo nucleare d’Israele e ha invocato il nome di Mordecai Vanunu come esempio di scienziato israeliano che si oppone alle armi nucleari. (La mia intervista a Vanunu è stata recentemente pubblicata in un importante quotidiano Russo, ricevendo notevole attenzione).

Putin ha tentato di parlare amichevolmente con Obama. Sappiamo del loro scambio da una registrazione trapelata sulla conversazione confidenziale tra Putin e Netanyahu. Putin ha chiamato l’Americano e gli ha chiesto: “Che pensi della Siria?” E Obama ha risposto: “Sono preoccupato che il regime di Assad non osservi i diritti umani”. A Putin sarà quasi venuto da vomitare di fronte alla sconcertante ipocrisia di quella risposta. La interpretò come un rifiuto di Obama di parlare con lui “faccia a faccia”.

Di fronte all’irrigidimento della Siria, Obama ha fatto appello al mondo nel nome dell’eccezionalità Americana. La politica Americana “è proprio ciò che rende gli Stati Uniti eccezionali, ha detto. Putin ha risposto: “E’ estremamente pericoloso incoraggiare la gente a sentirsi “eccezionali”. Siamo tutti diversi, ma quando chiediamo la benedizione dall’alto, non dobbiamo dimenticare che Dio ci ha creati tutti uguali.” Era una precisazione non solo ideologica, ma anche teologica.

Come ho detto diverse volte e in diverse occasioni, gli Stati Uniti si fondano sulla teologia giudaica dell’Eccezionalità, di essere i Prescelti. E’ il paese del Vecchio Testamento. Questa è la ragione principale dello speciale rapporto che esiste tra gli Stati Uniti ed Israele. L’Europa sta attraversando una fase di apostasia e di rifiuto della figura di Cristo, mentre la Russia è profondamente cristiana. Le sue chiese sono piene, le persone usano benedirsi l’un l’altro nel tempo di Natale e di Pasqua, invece di vivere lunghi tempi “ordinari”. Oggi è la Russia il paese del Nuovo Testamento. E alla base della cristianità c’e’ proprio il rifuto dell’eccezionalità e dell’essere i “prescelti”.

Per questo motivo, mentre gli ebrei statunitensi hanno appoggiato il conflitto, condannato Assad e sollecitato l’intervento Americano. La comunità Ebraica in Russia, benchè numerosa, ricca ed influente, non ha sostenuto i ribelli siriani, ma si è unita allo sforzo di Putin di mantenere la pace in Siria. Idem per la comunità Ebraica in Iran, che ha appoggiato il governo legittimo siriano. Sembra che i paesi guidati da una chiesa forte e ben radicata sono immuni alle influenze distruttive delle lobby; mentre quelli in cui manca la presenza forte di una chiesa – come gli Stati Uniti e/o la Francia – cedono facilmente a queste influenze e adottano l’interventismo illegale come fosse la normalità. 

Mentre assistiamo al declino dell’egemonia statunitense, davanti a noi abbiamo un futuro incerto. La forza militare statunitense potrebbe ancora creare disastri: la bestia ferita è anche la più pericolosa. Gli Americani potrebbero ascoltare il Senatore Ron Paul che sollecita l’abbandono delle basi militari all’estero e il taglio alla spesa bellica. Le norme di diritto internazionale e di sovranità di tutti gli stati vanno osservate. Il mondo potrà ancora amare l’America quando questa smetterà di fare il bullo spaccone. Non sarà facile, ma abbiamo già trattato per raggiungere il Capo e con esso la Buona Speranza. 

Israel Shamir è uno scrittore ebreo Russo molto acclamato e rispettato. Ha scritto e tradotto in Russo molti lavori di Joyce e di Omero. Vive a Jaffa, è un Cristiano e un critico convinto di Israele e del Sionismo.Lo si può raggiungere a questo indirizzo: adam@israelshamir.net

Fonte: www.counterpunch.org

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