Tutti parlano della rete, di nuove tecnologie, di web 2.0 e sembra essersi scatenata una vera e propria corsa all’oro, in realtà, più che di una corsa si tratta di una “pericolosa accelerazione”.
Le persone ammaliate dalle nuove tecnologie il più delle volte non hanno lo spirito critico di chi è abituato al confronto su temi che lo riguardano anche indirettamente, questo perché le generazioni passate sono cresciute allattate da fonti d’informazione lineari, con l’aggravante di vivere costantemente nel presente dimenticando il passato e sottovalutando il futuro.
Tutto il mondo è concentrato sull’economia, su come risolvere i problemi di scatole cinesi costruite ad arte nel tempo, ma nessuno fa un minimo accenno alla bolla speculativa, che per il mondo finanziario è vitale e non credete che il cyberspazio sia immune.
Verso la fine degli anni ‘90 si è già verificato qualcosa di simile, il mondo speculativo aveva scoperto l’esistenza del web, era sufficiente creare una qualsiasi iniziativa per ricevere facili finanziamenti o vedere schizzare verso l’alto il valore delle azioni di società quotate in borsa. Questi pseudo progetti non avevano alcun valore tangibile e nella maggior parte dei casi erano privi di contributo per le dinamiche del cyberspazio, anzi no, pensandoci bene un contributo lo hanno dato, quello di creare la bolla speculativa conosciuta da tutti come “New Economy”, una sorta di follia collettiva di fine millennio che trascinò gli esperti finanziari di tutto il mondo, quando poi lo scoppio della bolla colpì all’improvviso i mercati finanziari internazionali, il valore delle società si dimezzò in breve tempo, alla fine molte società chiusero i battenti, lasciando migliaia di persone senza lavoro.
Internet subì un contraccolpo durissimo durato almeno fino al 2004, anno durante il quale per i sopravvissuti è stato difficile sbarcare il lunario.
Dall’eccessivo entusiasmo si era passati all’eccessivo pessimismo.
Oggi con la parola “web 2.0″ si stanno pericolosamente trascinando capitali e mass-media in modo del tutto simile a quello che “internet” faceva allora.
Per avere un’idea del fenomeno è sufficiente andare a dare un’occhiata agli annunci di vendita e la pubblicità dei siti ed è plausibile immaginare come si stia gonfiando la bolla.
Siamo giunti ormai alla svendita di quella che si voleva intendere concettualmente come new economy, cioè, in linea di massima, parliamo di un idea nella quale le persone usano il cervello al posto delle mani, questo perché la nuova economia si espande non nel nostro mondo reale, ma soprattutto in quello virtuale del cyberspazio, nel quale le tecnologie dell’informazione e della comunicazione creano competizione globale in un commercio dell’innovazione in rete, le idee e la velocità hanno più peso della produzione di massa, un mondo dove una cyber innovazione ha un impatto grandissimo perché modifica anche il mondo reale, pensate a tutte le tecnologie che usiamo ogni giorno, potremmo ormai vivere senza?
Occorre quindi fare delle distinzioni, se il web è una svolta epocale per la società e per la storia dell’umanità, dove ogni uomo è anche un diario aperto in cui scrivere le proprie opinioni, condivide e fa informazione uno a uno in una rete sinergica e incontenibile, tutto questo non va confuso con il business puro della rete, dove ci sono siti che creano valore poiché vendono prodotti e servizi, mentre il web 2.0 di per sé non vende nulla e la sua bolla è destinata a scoppiare prima o poi, se l’unico affare dei progetti delle prime aziende che si sono dedicate ad internet era quello di realizzare siti, realizzare sopra un bel business plan e venderli al miglior offerente prima possibile, la strada imboccata con il web 2.0 non sembra molto diversa e un’analisi sommaria lascia immaginare un medesimo epilogo.
La generazione dei nativi digitali ci sta già osservando ed è di fondamentale importanza ribadire che i contenuti non sono il business, casomai si limitano ad affiancarlo. Alla fine qualcuno che vende e che acquista dovrà sempre esserci non dobbiamo mai dimenticarlo, ma bisogna fare molta attenzione alla deriva che stiamo prendendo, se è vero che anni fa il mercato del Web è collassato su sé stesso nel giro di pochi mesi a causa di investimenti poco oculati e iniziative azzardate nel settore dell’e-commerce, è anche vero che nella storia delle tecnologie si possono individuare cicli regolari che portano la crisi del settore, la prossima bolla ad esplodere sarà un’esplosione senza precedenti, perché travolgerà la società stessa cosi come è stata strutturata e mantenuta fino ad ora.
Cerchiamo quindi di capire cosa ci gira intorno partendo dalle piccole sfaccettature, parlando di continua innovazione piuttosto che dei cloni per individuare alcuni concetti di base, che ci porteranno al prossimo paradigma di sviluppo ed evoluzione della nuova economia.
Diciamo subito che ogni social network dà valore all’esperienza del singolo, in questa maniera le nicchie possono così esprimersi e per questo non possono fallire come strumenti di comunicazione.
Stesso discorso per video ed altre espressioni multimediali, sono le nicchie di interesse a darle significato e a rendere vendibili gli spazi pubblicitari di siti anche con poche centinaia di lettori. Il contenuto generato dagli utenti è monetizzabile e le aziende cominciano infatti a temere questo tipo di contenuti che hanno più appeal dei loro prodotti, inoltre la volubilità estrema è la naturale evoluzione dell’economia, prima statica ora diffusa, rende molto difficile una pianificazione lineare, per quanto riguarda la ricerca basata su pubblicità bisogna distinguere tra ricerca di qualità e ricerca scadente, mentre con l’avvento dei widget, toolbar e altre applicazioni che non sono condizionati dal sistema operativo rende ancora più precaria la situazione delle aziende, mentre l’utente sarà destinato ad annegare in un mare di AJAX.
A questo punto vi starete chiedendo che centra tutto questo con la nuova economia?
Nel corso degli ultimi anni il valore delle quotazioni nella borsa di New York è letteralmente raddoppiato. Negli Stati Uniti la capitalizzazione totale delle aziende quotate in borsa rappresenta il 200% del Pil. Questo fenomeno sostenuto dalla crescita delle aziende dell’alta tecnologia non può durare all’infinito; al colossale valore che hanno queste società una volta quotate in borsa non corrisponde un valore reale in termini di fatturato. Mentre per le aziende di produzione può essere “naturale” avere un rapporto 1 a 3 tra fatturato e quotazione di borsa, per i titoli tecnologici questo valore può arrivare a 200 volte. Inoltre ai guadagni di borsa si accompagnano bilanci in perdita anche per le società più grosse del settore.
Facciamo un esempio; Amazon.com che viene definita la più grande libreria virtuale del mondo e che attraverso una lunga serie di accordi commerciali con altre società vende dischi, prodotti per la salute, arredamenti, ecc. nel quarto trimestre del 1999 ha accumulato 323 milioni di dollari di perdite, il 543% in più delle perdite dell’anno precedente, il peggior risultato da quando è nata la società.
Il futuro non potrà che vedere il crollo verticale della maggioranza di queste società, si pensi solo che al primo segno negativo della borsa di società consociate quest’ultima verrà punita con perdite enormi giornaliere fino ad essere tagliata fuori, questa sarà la musica del futuro, insomma l’attuale bolla speculativa si ridurrà a guadagni enormi per chi ha collocato in borsa queste aziende e la maggioranza degli “investitori” si troveranno con dei pezzi di carta senza nessun valore reale e non è affatto da escludere l’ipotesi che il crollo di questo settore trascini con se tutto il resto dell’economia.
Se si pensa ad un libero mercato, quanto esposto fino ad ora sembra una cosa normale, possiamo affermare che è giusto per chi rischia investimenti ad alta redditività che possa anche esserci come contropartita la possibilità di un fallimento, ma questa eventualità è stata azzerata dagli incroci tra il mondo degli affari e quello politico, che con interventi di soldi pubblici per salvare grandi aziende o con contributi come possono essere quelli all’editoria o altro, hanno con questo comportano incentivato, se non addirittura creato, una concorrenza sleale in un libero mercato, ed esposto uno stato sociale alle leggi di mercato e non quelle civili, inoltre se pensiamo che per mantenere delle sovrastrutture istituzionali si è preferito, con la scusa della flessibilità, inserire o modificano leggi che non salvaguardano il patrimonio umano, questo nell’ambiente delle tecnologie della comunicazione ha portato un appiattimento nella fornitura dei servizi, perché le grandi aziende si limitano ad un consolidamento delle infrastrutture cercando di recuperare le mancanze di guadagno con sempre più ampli tagli e sempre meno investimenti su sviluppo e innovazioni, sfruttando aziende informatiche che sembrano ogni giorno che passa, sempre più agenzie interinali, perché per sopravvivere nel nuovo mercato l’unica soluzione ritenuta stabile è fornire persone in man power.
La flessibilità in tali ambienti è talmente elevata che ogni persona che è impegnata in questo settore con contratti a progetto, è l’equivalente di un cottimo giornaliero senza nessuna visione stabile per il futuro, nessuno escluso, ed anche se si cerca di rinnovare le offerte verso i clienti acquisiti e non, la forza produttiva si regge principalmente tutta sulle spalle di quelli che si possono considerare schiavi moderni.
da MAGARELLI.NET
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