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domenica 21 ottobre 2012

PAROLA D'ORDINE: BLOCCARE LE ENERGIE RINNOVABILI

Sembra incredibile, ma nonostante i poli che si sciolgono a ritmo accelerato, l’innegabile effetto positivo sull’occupazione causato dalla maggiore diffusione delle fonti energetiche rinnovabili e la chiarezza delle direttive comunitarie, le lobby dei combustibili fossili e la generazione elettrica centralizzata continuano a voler ostacolare un processo di evoluzione tecnologica ormai indispensabile per la competitività del nostro Paese in un contesto internazionale sempre più complesso. Tutto ovviamente con la complicità della casta politica e i suoi torbidi interessi. Un esempio: il piano energetico regionale della Basilicata, approvato nel 2000, imponeva all’energia prodotta da fonti eoliche il tetto massimo di 128 MW d’installazione complessiva entro il 2010, limite oltre il quale non sarebbe più stata concessa nessun’altra autorizzazione per nuovi impianti. È un palese tentativo di green washing: poiché 128 MW rappresenta un numero cospicuo di turbine da esibire, come immagine “verde”, in occasione di campagne elettorali, in realtà si tratta di una potenza esigua rispetto al fabbisogno regionale.

Per fortuna una sentenza della Quinta Sezione del Consiglio di Stato ribalta questo sopruso e apre la porta a una marcia indietro sul tanto discusso DM del 6/07/2012. Infatti, imporre un tetto massimo alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è illegittimo perché contrasta con le norme comunitarie e con il protocollo di Kyoto, che al contrario fissa limiti minimi e prevede una semplificazione normativa volta ad aumentare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
La previsione di un limite massimo alla produzione di energia elettrica rinnovabile, nel nostro Paese, è strettamente legata alla concessione degli incentivi alle rinnovabili, ma la sentenza n. 4768 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha stabilito che questo limite non può essere imposto dal legislatore a nessun livello: nazionale, statale o regionale.
La direttiva 2001/77/CE prevede che la produzione di energia avvenga in regime di libero mercato concorrenziale senza limiti e che gli Stati Membri forniscano «un maggior contributo delle fonti energetiche rinnovabili alla produzione di elettricità nel mercato interno» mettendo in campo «misure appropriate atte a promuovere l’aumento del consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili secondo obiettivi indicativi nazionali». “Misure appropriate” non vuol dire necessariamente incentivi tariffari e sovvenzioni. Basterebbe introdurre, come ad esempio in Olanda, delle semplificazioni procedurali tali che consentano a chiunque la facile installazione d’impianti alimentati da FER, con puro scopo di autosufficenza, senza attirare gli speculatori (che in Italia abbiamo pagato tutti noi cittadini con il rincaro delle bollette con il quale sono poi stati pagati gli incentivi).
E' presumibile che i limiti previsti dal D.M. 6/7/2012 (contingenti di potenza e conseguente registro degli impianti) non possano essere applicati. Bisogna dire però che il citato D.M. limita il numero degli impianti che potrebbero beneficiare degli incentivi, e definisce una scaletta di riduzione graduale degli incentivi stessi. A differenza di quanto accadeva nel caso della Basilicata, non vieta l’installazione d’impianti oltre le potenze contingentate. Semplicemente tali impianti non beneficerebbero d’incentivi. Forse le lobby hanno trovato ancora un cavillo per bloccare lo sviluppo delle FER? Nel Paese delle “virgole e norme appositamente ambigue”, il dibattito sulle conseguenze che arrecherà questa sentenza, a nostro modesto avviso, si prospetta aspro.
fonte: architettura ecosostenibile

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