Parliamo oggi del nuovo, locuzione davvero estranea per noi italiani.
Ovverossia, di geopolitica, di Barack Obama e del nuovo, strepitoso ed evoluto risultato elettorale –e politico, tutto politico- ottenuto nello Stato della California, di cui, neanche a dirlo, in Italia non è stata fatta neppure menzione, né sulla stampa mainstream ben controllata dalla cupola mediatica (sia cartaceo che radiofonico che televisivo), né sui siti online e tantomeno nella consueta produzione italiana di bloggers, ormai caduti come pere cotte nella grandiosa trappola comunicativa ben allestita da Monti & co.: occupatevi di me, soltanto di me ed esclusivamente di me, ma soprattutto parlate sempre di soldi, di monete, di spread, di teorie economiche, e non azzardatevi a parlare mai né di esistenze né di persone.
DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA VERA
Non è facile spiegare al pubblico italiano che cosa voglia dire democrazia rappresentativa, democrazia diretta, bilancio sociale, condivisione. Sono pratiche dell’attività politica che non appartengono da molto molto tempo alla consuetudine del dibattito nazionale. Basterebbe sottolineare il fatto che a gennaio del 2011, quando la cosiddetta crisi economica ha cominciato a mordere l’Italia, non esisteva nessun sito on line, nessun commentatore, nessun opinionista, nessun blogger che parlasse mai né di controllo della finanza né di sistema bancario italiano; erano tutti presi dalle mutande di Ruby. La moneta, lo spread, le teorie economiche, le denunce contro Monti, sono, oggi, novembre 2012 il corrispondente delle mutande di Ruby di allora: sono diventate moda, cioè mainstream.
Qualche mese fa è uscito per la Rizzoli un libro di Giulio Tremonti contro le banche; l’autore si è messo su un partito denunciando lo strozzinaggio del sistema bancario italiano e va in giro a far convegni per spiegare come fare a uscire dalla crisi. Basterebbe un’unica domanda per archiviare la penosa esibizione di questo signore: “In base a quale principio economico, lei da gennaio del 2010 al 31 dicembre del 2010, attraverso tre manovre economiche, diciotto decreti leggi, scritti e presentati in parlamento con la sua firma insieme a quella di Berlusconi, La Russa, Bossi, Maroni e approvate in commissione finanze da Fassina, Veltroni, D’Alema, Casini, Fini, avete dato 87 miliardi di euro alle prime 50 banche italiane con il via libera a investirli nei derivati controllati da Goldman Sachs, J.P.Morgan, Royal Bank of Scotland e Citibank?”. Non glie lo chiede nessuno. Eppure ci sono gli atti parlamentari a disposizione del pubblico, sono documenti formali.
Nel frattempo, il mondo cambia perché affronta il nuovo.
In Italia neppure se ne accorgono.
TRA NEONAZI E COMUNISTI: IL PASSATO PER MANTENERE LO STATUS QUO
Perché l’Italia si è inceppata dentro un pericoloso gorgo dove la malafede, l’abilità degli oligarchi e la mistificazione di chi ci governa si è mescolata alla mala pianta della ideologia, della manipolazione e del più deteriore populismo starnazzante. Gli italiani hanno scelto (consapevolmente e dichiaratamente) di guardare al passato. Di volgersi verso il passato. Di cercare soluzioni nel proprio passato. E’ il modo migliore per salvaguardare lo status quo. Questo consente di comprendere come sia possibile che tanti giovani, oggi, siano fascisti o comunisti, che in Italia si stia diffondendo il neo-nazismo, ovvero delle ideologie che appartengono al passato della storia italiana.
Non essendo mai stato elaborato nulla, si è condannati a vivere soltanto nel passato e quindi è impossibile andare verso il futuro. A questo bisogna aggiungere la nuova trappola ben congegnata dai media nel cavalcare il disagio, manipolando i giovani e spingendoli a presentarsi in televisione piagnucolando disperati con argomentazioni davvero catastrofiche e surrealistiche, del tipo “noi giovani non abbiamo futuro” oppure “il nuovo governo ci sta togliendo il futuro” oppure “la gente si uccide disperata perché non ha futuro” e altre pericolose idiozie del genere, volute dalla classe degli oligarchi. Loro, infatti, ovvero i privilegiati aristocratici proprietari della rendita parassitaria, e dei grandi patrimoni dinastici, appartengono a una realtà vecchia, che viene dal passato; per loro il futuro non esiste, e non esisterà mai. Il governo perfetto, per questi signori, consiste in una “totale assenza del Tempo Storico” in un continuo perpetuare delle stesse identiche istanze delle ultime centinaia di anni. La migliore garanzia, per gli oligarchi, consiste nell’estendere il più a lungo possibile il passato nel presente, fingendo che sia una novità, e nei momenti di crisi, cioè quando il disagio sociale è forte ed è comprensibile psicologicamente che la gente cerchi con disperazione di sottrarsi al proprio tragico presente, manipolare la plebe spingendola verso il passato, a caccia di emblemi, simboli, liturgie, tradizioni. Per gli oligarchi che vivono nel presente è irrilevante che i simboli siano la svastica, i fasci, i miti celtici, la civiltà contadina pre-industriale, la falce e martello. Non ha alcuna importanza per loro. Ciò che conta, ed è fondamentale, è che la gente si senta “aspirata” verso suggestioni del passato e quindi, sfuggendo per dolore sociale al proprio presente eviti di “scegliere” di andare verso il futuro. Si tratta, infatti, di una scelta.
GLI ITALIA RIMASTA AGLI ANNI 20
Per l’ennesima volta nella Storia, gli italiani si stanno costruendo la propria galera preferendo il passato all’ipotesi di un futuro. E’ comprensibile: come automi rispondono alle suggestioni di chi governa e comanda fingendo di aver dato – e star dando - libertà di espressione. Del resto, negli ultimi 90 anni, l’Italia è passata dalla sbornia criminale del fascismo al trasformismo corrotto della Democrazia Cristiana, per poi proseguire nel narcisismo illiberale dei socialisti, nella boria autoritaria dei comunisti, nell’illegalità truffaldina del berlusconismo, e infine nel controllo bancario, aristocratico e oligarchico, del sistema esistenziale, quello attuato dal governo Monti. I nostri precedenti storici nella gestione della cosa pubblica, negli ultimi 90 anni, sono stati, in stretta sintesi: Mussolini, Andreotti, Craxi, D’Alema, Berlusconi, Monti. Con il risultato che oggi l’Italia si trova – rispetto al resto del mondo occidentale - in una situazione molto simile a quella del 1920. Perché lì siamo rimasti. E lì vogliono che noi restiamo.
E’ per questo che bisogna spingere la gente a non vedere il futuro, a non volerlo, a non evocarlo, a non visionarlo, a non costruire delle auto-profezie sociali costruttive; in modo tale che, tanto più dilaga la paura nel futuro, tanto più –è un meccanismo banale di controllo della mente collettiva- ci si rifugi nel passato, dove, a scelta troverete la variante odierna di Mussolini, Andreotti, Craxi, D’Alema, Berlusconi, Monti. Verrà presentata, come stanno facendo (e come ormai dilaga anche sulla rete, dopotutto è la versione “italiana” del web) un modello “apparentemente” nuovo, ma che non avrà nulla di nuovo; una persona, un gruppo, un partito, un collettivo, che proporranno soluzioni, medicine, programmi che avranno comunque una caratteristica: non spingono la nazione verso il futuro. Da noi, il futuro non esiste. Si parla soltanto del passato: perché è lì che vogliono spingerci, perché è lì, tra le maglie degli stivali di Mussolini, delle babbucce di Andreotti, della pelata di Craxi, del baffetto di D’Alema, delle rughe invisibili di Berlusconi, e infine nel linguaggio ossessivamente economicista di Monti che trovano la chiave per impedire a questa bellissima gente (che tutti noi potremmo essere) di rimboccarci le maniche e pianificare, organizzare, costruire il nostro futuro. L’oligarchia è terrorizzata all’idea del futuro e del progresso: amano la stagnazione, lì prosperano e si sentono rassicurati. Ogni cambiamento per loro è un allarme rosso. Ciò che conta, dunque, è spingere l’Italia a seguitare ad attuare lo stesso identico comportamento avuto nel passato e non azzardarsi a modificarlo neppure di un millimetro. Perché così si è garantiti che non vi saranno cambiamenti nella coscienza interiore. Così non aumenterà la consapevolezza collettiva. Così non avverrà nessuna modificazione. Così le dinastie oligarchiche di ieri rimarranno anche quelle di domani.
IL MONDO CHE INVECE SI MUOVE
Ma il mondo, invece, se ne sta andando da un’altra parte.
Lo dimostra, ormai, l’enorme spaccatura tra il livello dell’informazione in Italia, basato su una piattezza omologata, e la realtà degli accadimenti nel resto del mondo, soprattutto là dove il futuro comincia a fornire i primi chiari esempi dell’emersione di una nuova coscienza sociale evoluta, talmente nuova e originale da spingere schiere di sociologi, antropologi, psichiatri, biologi, a interrogarsi arrivando al punto di sostenere “forse siamo di fronte alla più grande rivoluzione comportamentale sociale degli ultimi 300 anni, che può davvero modificare l’intero assetto relazionale degli esseri umani sul pianeta” (intervista al prof. Sennett andata in onda sul network ABC ieri mattina).
Stiamo parlando qui della “Proposition 30”, la vera svolta epocale.
Ma prima di spiegare di che cosa si tratta, dell’impatto che sta avendo e avrà nel sociale, nella vita politica e nella mente collettiva dei cittadini, è bene spendere qualche parola sulla nuova elezione di Barack Obama, tanto per spiegare che cosa sta accadendo nell’intero continente americano, dal Canada al Polo Sud, notizie ed eventi di cui in Italia nessuno parla.
QUANDO VINSE OBAMA...
Quando Obama vinse nel 2008, è fin troppo ovvio, che l’intero peso dell’evento fosse relativo alla fine ufficiale – e per sempre - del razzismo statunitense, la mala pianta nata nel XVII secolo con l’applicazione della schiavitù forzata dall’Africa. Quella vittoria, in verità, non fu una vittoria dei democratici, ma fu una vera e propria rivoluzione sociale nel campo della gestione dell’inconscio collettivo nazionale. Fu una grande liberazione di risorse energetiche interne, l’apertura di un nuovo modello psicologico, e Obama ne pagò il prezzo. Perché lui diventava un simbolo. I suoi primi due anni furono davvero pessimi. Si trovò alle prese con un meccanismo del potere che lo stritolò, annacquando il suo intero programma. Nelle elezioni politiche di mid-term, il 4 novembre del 2010, i democratici presero una batosta colossale. Il 10 novembre del 2010 non c’era nessuno, in tutti gli Usa, che avrebbe scommesso un dollaro sul futuro politico di Obama, neppure tra i democratici. I repubblicani e i settori più conservatori e retrivi della nazione gongolavano raccogliendo consensi dovunque. Non sembrava loro vero avere a disposizione le facili spoglie di un presidente mangiato vivo dalla contestazione e dalla delusione dei suoi elettori. Ma l’uomo era davvero dotato di una notevole tempra caratteriale, inconfondibile cifra di mentalità leaderistica e capacità carismatica. Quella terribile sconfitta politica fu per lui una grandiosa liberazione. Chi lo sosteneva, allora, gettò via la spugna liberandolo dalla necessità di compromessi e mediazioni. Considerato (e trattato) come un perdente, Obama si liberò dall’ansia di dover vincere politicamente, amministrando il governo con una enorme rinnovata libertà mentale, pensando che di lì a due anni se ne sarebbe andato a casa. Il 18 gennaio del 2011 fece un discorso, sottovalutato dalla massa ma che gelò subito il sangue nelle vene ai più intelligenti e accorti tra i suoi nemici, nel quale si assumeva la totale responsabilità politica della sconfitta elettorale alle politiche di due mesi prima.
Spiegò agli esterrefatti americani che era stata tutta colpa sua e che avevano ragione a non dargli più credito. Fece un discorso da leader responsabile. Ad alcuni, superficiali opinionisti di primo pelo, sembrò addirittura che presupponesse una sua rinuncia al mandato. Quaranta giorni dopo, invece, verso la fine di marzo 2011,un altro discorso, molto lungo, sempre sulla stessa scia e sulla stessa linea d’onda ma con alcune varianti, apparentemente masochiste, perché Obama sosteneva di “essere stato veramente ingenuo e piuttosto sprovveduto” in seguito alla sua mancanza di esperienza (e quindi mettendo le mani avanti con abilità, veicolando il concetto della assoluta necessità di avere esperienza sul campo per poter fronteggiare i marpioni, sapendo che i repubblicani di lì a un anno avrebbero scelto come loro candidato un anonimo sconosciuto privo di alcuna esperienza) e si tolse qualche sassolino dalla scarpa raccontando certi aneddoti parziali sugli incontri con i grossi finanzieri, i grossi petrolieri, i grossi industriali, i generali, i gestori delle assicurazioni private, delle grandi università private.
L'AMMISSIONE CLAMOROSE DI OBAMA:"MI AVEVANO FREGATO"
Un mese dopo, alla fine di aprile, la svolta: un lunghissimo discorso, questa volta con tono aggressivo, nel corso del quale spiegò alla nazione che, non appena insediato, in conseguenza della gigantesca crisi finanziaria prodotta dal crollo della speculazione nella bolla immobiliare e nei derivati privi di controllo, lui aveva fatto avere centinaia di miliardi al sistema finanziario americano a patto che venissero investiti per finanziare le imprese e dar lavoro, ma “sono stato ingannato come un babbeo perché quelle persone hanno dimostrato di essere soltanto avide e indifferenti al destino della collettività”. E giù l’elenco delle persone, con il nome delle aziende, i loro traffici, i loro maneggi, il loro aggiramento delle leggi. E lì è iniziata la protesta della gente che è venuta a sapere non da blogger dietrologici bensì dalla viva bocca del loro presidente che la nazione era stata messa praticamente sotto sequestro dai colossi finanziari e dai produttori di energia. E sono stati gettati i germi di “occupy wall street”.
IL CAMBIO DI PARADIGMA DELLA SOCIETA' NARCISISTICA
E Obama ha dato il via alla magistratura per andare a stanare le grandiose evasioni fiscali e si è gettato da solo a combattere una furibonda battaglia per far varare una legge sulla sanità nazionale a favore dei ceti più disagiati. Ma intanto, nel paese, cominciava a cambiare la percezione psicologica della crisi. Dalla Casa Bianca cominciavano ad arrivare degli input psicologici diversi che hanno segnalato ai sociologi più accorti che “l’età del narcisismo” (definizione del grande sociologo Cristopher Lasch) andava in pensione. E per la prima volta nella storia degli Usa, la distinzione discriminante nel sociale è passata da vincenti/perdenti a individualisti egoisti/responsabili che condividono. Una radicale trasformazione socio-psicologica che ha colpito molto la coscienza collettiva della nazione. Obama è riuscito a operare un intervento nella società riuscendo a modificare gli status symbol, laddove il ricco non veniva più visto e vissuto soprattutto come il più bravo e il più abile bensì come il più fortunato e (l’aspetto più importante) nella maggior parte dei casi il più corrotto e anche traditore.
IL MONTI VANESIO CONTRADDETTO DA OBAMA
Non appena eletto una settimana fa ha fatto immediatamente una duplice scelta. Ha risposto subito alle minacce pubbliche di Mario Monti (ore 12 europee del 6 novembre 2012 mentre si aprivano le urne) - a nome dell’oligarchia massonica conservatrice, custode della tradizione del passato, e rappresentante dell’oligarchia delle grandi dinastie euro-atlantiche per impedire il salto nel futuro - quando il ragionier vanesio ha detto “chiunque sia il vincitore delle elezioni in America dovrà fare subito i conti con il gravoso problema della spesa pubblica e del controllo dei conti”. Una inammissibile interferenza sull’autonomia decisionale degli Usa, così è stata vissuta dai capitalisti americani. Nella sua mitomania (ma Obama ringrazia) Mario Monti si è dimenticato che al tavolo dei grandi lui conta poco più del due di briscola, e la prudenza politica gli avrebbe dovuto suggerire di stare zitto. Ma non sarebbe un vanesio se non si comportasse così, lui è veramente convinto di essere al comando dei giochi internazionali.
Obama ha detto nel suo discorso vittorioso che “la priorità assoluta del governo è il lavoro, l’occupazione e il credito alle imprese, e su questo verrà immediatamente concentrata la nostra attenzione”. A questo punto, come la Legge prevede, avrebbe potuto avvalersi della scelta che consente ai presidenti rieletti di rimettersi al lavoro il giorno dopo, come fece Roosevelt nel 1940, Reagan nel 1984 e George Bush nel 2004, tutti e tre per motivi militari. E invece no. Obama ha scelto di seguire la strada formale, quindi il suo governo è tecnico fino al 20 gennaio del 2013 “perché è un governo vecchio che va in pensione in attesa del nuovo che verrà, soprattutto per ciò che concerne materia economica”.
Questo obbliga i repubblicani a rispettare la formalità parlamentare statunitense che impone la “political honeymoon” (luna di miele politica) un dispositivo tale per cui non appena eletto, il nuovo presidente gode di 100 giorni nel corso dei quali l’opposizione rinuncia ad opporsi per consentirgli di organizzare il lavoro, e in cambio il presidente si impegna a non presentare alcuna legge, con tre eccezioni: a) esigenze dovute a catastrofi naturali di vario genere, b) questioni militari d’intervento internazionale relative alla sicurezza dello stato e c) manovre economiche specifiche al fine di intervenire sui mercati finanziari immediatamente per impedire che lo stato vada in bancarotta o finisca in una situazione di “emergenza economica nazionale tale da consentire motivo di preoccupazione per la sicurezza nazionale interna”. In ciascuno di questi tre casi, il parlamento approva congiuntamente senza discussione ogni dispositivo. La bagarre inizia dopo 100 giorni.
Tradotto vuol dire: quindi si balla tutti.
OBAMA: 53 GIORNI PER DECIDERE IL DESTINO DELL'OCCIDENTE
Come ha spiegato Obama due giorni fa, preannunciando i venti bellici che stanno scuotendo in questo momento l’intera area medio-orientale."ci attendono 53 giorni di fuoco prima del mio nuovo insediamento perché le forze reazionarie le proveranno tutte per destabilizzare il mondo, soprattutto per evitare che io faccia varare un nuovo sistema di tassazione sui redditi più ricchi, che io farò comunque. E’ arrivato il momento che comincino a pagare i super ricchi. Saranno 53 giorni che decideranno il destino dell’occidente”. E ha aperto le trattative con i repubblicani. Vanno a un braccio di ferro che durerà fino al 20 gennaio. Finanza, energia, scelte keynesiane o scelte freidmaniane, credito alle imprese o soldi alle banche, questi sono i temi sul tavolo.
Obama ha vinto le elezioni con uno slogan azzeccato: “FORWARD”. Una parola che in inglese vuol dire andare avanti, tirare dritto. Ma nell’immaginario collettivo degli americani è la parola scritta sul tasto che si pigia quando si guarda un video e si vuole andare “avanti molto veloce” perché non ci s accontenta del “play” che era quello voluto dai repubblicani di Mitt Romney, tanto amati da Giuliano Ferrara, Matteo Renzi, Oscar Giannino, Alesina, Casini, Fini, Monti, l’opus dei, Enrico Letta (e zietto) e tutta la corposa pattuglia di bloggers italiani, faziosi, ideologizzati, analfabeti di geopolitica, che ancora oggi sostengono che tra Barack Obama e Mitt Romney non vi è alcuna differenza.
IL PROPOSITION 30 E QUEL "FOLLE" REFERENDUM CALIFORNIANO
Questo è l’humus territoriale sul quale si è affermato “l’evento California”.
Si chiama PROPOSITION 30.
In Usa (è una repubblica federale composta da 50 singoli stati aggregati) alle elezioni presidenziali si presentano sempre referendum popolari che sono diversissimi a seconda dello stato. Ciascuno ha le proprie esigenze, tradizioni, bisogni.
In California è stato presentato un referendum che alla vigilia era considerato folle. Impossibile che potesse vincere. Era dato perdente da tutti, definito da Mitt Romney “un paradosso, un vero obbrobrio perché va contro la natura stessa degli umani”. La “proposition 30” chiamava i cittadini californiani a scegliere tra due opzioni: a) aumentare del 14,7% le tasse per chi guadagna da 500 mila a 1 milione di dollari all’anno e del 28,5% per tutti coloro che guadagnano da 1 milione di dollari in su, oppure b) non aumentare le tasse.
Scelta semplice ed elementare.
Con un’aggiunta: il referendum era specifico; si spiegava infatti che quei soldi servivano per l’istruzione pubblica e la ricerca scientifica.
Poiché in California c’è il più vasto numero di famiglie ricche del mondo occidentale (e sono quelli che votano), gli ultimi sondaggi prima del voto davano vincente il No alle tasse per un 68%. I votanti erano quasi dieci milioni.
IL risultato del voto è stato il seguente:
NO 4,251,55846.1% 46,1%
Ha vinto il sì.
I SUPERICCHI CHE SI AUTO-TASSANO
Tre giorni dopo sono arrivati i primi dati statistici sulla composizione sociale dei votanti, dalle circoscrizioni di Malibu, Beverly Hills, Topanga Canyon, Laguna Beach, le zone dove è più alta la concentrazione di super ricchi e dove la percentuale dei votanti è da sempre la più alta. Ebbene, in quelle aree il 73% dei votanti ha detto SI’ all’aumento delle tasse.
I super ricchi, nello Stato della California, hanno consapevolmente scelto di auto-tassarsi per consentire la salvaguardia e diffusione dell’istruzione pubblica. Le 2500 televisioni locali californiane sono andati a stanare divi, ricconi, nelle loro case, e li hanno intervistati il giorno dopo. Ed è avvenuto un incredibile mutamento nella percezione collettiva dell’esistenza. I californiani hanno visto Goldie Hawn e Kurt Russell nella loro splendida tenuta a Sacramento dichiarare accanto ai loro due stallieri “loro si occupano dei nostri cavalli e dei nostri cani da sempre con amore; per noi era inaccettabile l’idea che i loro figli non potessero andare all’università” e così Julia Roberts che ha fatto lo stesso facendosi intervistare con le sue parrucchiere e George Clooney e Brad Pitt e Steve Soderbergh (quelli di Ocean Eleven) ripresi seduti a un tavolo mentre giocano a poker e il giardiniere e la cameriera servono i cocktails e loro spiegano come sia insostenibile l’idea di vivere da ricchi in un mondo disagiato e come sia “umanamente inaccettabile” il principio per cui i figli di chi ti serve e lavora per te è condannato all’ignoranza per Legge.
Ieri, alle ore 17 Jerry Brown, governatore dello Stato della California, ha annunciato le nuove disposizioni in conferenza stampa.
I SOLDI DEI RICCHI PER ISTRUZIONE E RICERCA
Ha detto: “Oggi alle ore 15 abbiamo ricevuto dalla Corte Suprema d’Alta Giustizia Elettorale la ratifica del voto. In seguito all’esito, alle ore 16 ho trasformato in legge esecutiva dello stato della California il mandato ricevuto dagli elettori, che diventa operativo a partire da lunedì 19 novembre. Questo ci consente di incassare entro 20 giorni la cifra di 9 miliardi di dollari che verranno impiegati come da statuto nel seguente modo: 4 miliardi di dollari destinati alla costruzione e mantenimento di asili nido, scuole medie inferiori e sussidi per andare all’università per i più meritevoli californiani che non se lo possono permettere; 3 miliardi di dollari verranno investiti nella realizzazione di 156 centri di ricerca scientifica avanzata nella Silicon Valley nel campo dell’alta tecnologia, industria innovativa, energie rinnovabili, e l’accesso verrà garantito ai più meritevoli provenienti dai ceti più disagiati sulla base del loro curriculum vitae; infine i restanti 2 miliardi servono per un piano di investimento in infrastrutture che mettano in collegamento le zone più retrive e abbandonate dello stato con i luoghi dove si studia e ci si applica per diffondere l’istruzione e il sapere presso chiunque ritenga di volerne avere accesso. Da oggi, siamo tutti più umani e possiamo dire di entrare a pieno diritto davvero nel nuovo millennio. Perchè l’istruzione e il sapere appartengono alla collettività e non a pochi privilegiati”.
Questa è la elementare scoperta esistenziale dei californiani, che diventa un atto propulsivo rivoluzionario: l’abbattimento della grettezza individuale e dell’egoismo bulimico, e l’accettazione dello splendido principio di vita in base al quale “non posso essere felice se vivo in una comunità di diseguali dove altri sono infelici”.
Perché questa è la base della civiltà del mondo futuro.
Si comincia da qui.
Si comincia così.
Questa è la strada che porta verso il futuro evolutivo dell’Essere Umano.
Tutto il resto sono chiacchiere per spingere verso il passato.
A me piace guardare verso il futuro.
Spero piaccia anche a voi.
Qui di seguito vi metto tutti gli sponsor attivi della Proposition 30. Nessuna azienda, nessuna banca, nessun colosso finanziario, nessuna industria. Tutte associazioni locali territoriali, gran parte della stampa locale, e tutte – ma proprio tutte - le organizzazioni di genitori e professori di università pubbliche compresi pensionati da lungo tempo, le forze dell’ordine, gli ecologisti e i Chips (forse i più anziani ricorderanno una vecchia serie di telefilm sulla polizia stradale californiana, quelli vestiti di cuoio nero con i rayban a masticare chewing gum alla guida di gigantesche Harley Davidson). Loro, martedì scorso sono andati nei più lontani luoghi desertici a prendere la gente che di solito non votava e li hanno portati in motocicletta a votare, evento che ha commosso la cittadinanza californiana. Nei negozi di lusso a Beverly Hills, molti negozianti hanno esposto un cartello sul quale c’era scritto “io ho votato sì perché voglio che il figlio dotato della mia commessa vada gratis all’università”.
Per me, questa è la rivoluzione.
O quantomeno è la rivoluzione che piace a me, quella del cambio di passo della consapevolezza collettiva, quella che attinge all’intelligenza del cuore, che apre la strada verso quel concetto squisitamente californiano che dice sharing is everything, la condivisione è tutto.
Una bella lezione da apprendere.
E se è possibile, da fare nostra.
di Sergio Di Cori Modigliani
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