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venerdì 16 novembre 2012

LAND GRABBING: LO SCANDALO DELL'ACCAPARRAMENTO DELLE TERRE NEL SUD DEL MONDO


L'ondata di accordi sulla terra che avviene oggi nei paesi più poveri non rappresenta quell'occasione di sviluppo che milioni di contadini aspettano da anni. Mentre la corsa all'acquisto dei terreni nei paesi in via di sviluppo si intensifica, sono i più poveri a farne le spese. Questo rapporto rivela che il più delle volte questi accordi danneggiano gli interessi di coloro che coltivano la terra, premiando le elite locali o i grandi investitori nazionali e internazionali. Questo accade perché i più poveri non hanno il potere di rivendicare i loro diritti e proteggere i loro interessi.

«Sono 227 milioni gli ettari di terra venduti, affittati o concessi in uso in tutto il mondo dal 2001 - spiega Oxfam - Una superficie equivalente all'Europa nord-occidentale. L'espandersi del fenomeno, mette in pericolo le comunità più povere, che perdono case e mezzi di sostentamento, a volte a seguito di violenze, senza essere consultate, risarcite e senza avere mezzi per fare ricorso. 
Non tutti i 227 milioni di ettari sono classificabili come land grabbing, ma dietro le acquisizioni di terreni si cela spesso questo fenomeno. La scarsa trasparenza e la segretezza che circondano tali compravendite di terra rendono difficile calcolare i numeri esatti. Ciononostante, Oxfam e i suoi partner hanno analizzato circa 1.100 accordi relativi all'acquisizione di 67 milioni di ettari: il 50% delle compravendite sono avvenute in Africa e coprono un'area quasi pari alla superficie della Germania».
I dati del rapporto sono stati raccolti dalla Land Matrix Partnership, una coalizione di organizzazioni accademiche, scientifiche e non governative di cui Oxfam fa parte insieme all'International Land Coalition, alle università di Berna ed Amburgo, al Cirad francese e all'agenzia tedesca per la cooperazione tecnica Giz.
Il rapporto sottolinea che «l'ondata di accordi sulla terra che avviene oggi nei paesi più poveri non rappresenta quell'occasione di sviluppo che milioni di contadini aspettano da anni. Mentre la corsa all'acquisto dei terreni nei paesi in via di sviluppo si intensifica, sono i più poveri a farne le spese. Questo rapporto rivela che il più delle volte questi accordi danneggiano gli interessi di coloro che coltivano la terra, premiando le elite locali o i grandi investitori nazionali e internazionali. Questo accade perché i più poveri non hanno il potere di rivendicare i loro diritti e proteggere i loro interessi. Oxfam chiede alle imprese e ai governi di agire per tutelare i diritti delle comunità locali e per modificare le relazioni di potere tra i grandi investitori e le comunità locali. Solo così gli investimenti sui terreni potranno promuovere la sicurezza alimentare e lo sviluppo economico locale».
Francesco Petrelli, presidente di Oxfam Italia evidenzia che «Il numero senza precedenti delle compravendite e la crescente competizione per la terra sta avvenendo sulla pelle dei più poveri del mondo. In questa nuova corsa all'oro, gli investitori ignorano i diritti delle comunità locali le cui economie si fondano sulla terra", dichiara "Lo scandalo è che l'80% delle terre accaparrate rimane inutilizzato. Questa nuova corsa all'oro si intensificherà nel futuro, a causa della crescente domanda di cibo, dei cambiamenti climatici, della scarsità d'acqua e dell'incremento della produzione di biocarburanti che sottrae migliaia di ettari alla produzione di cibo».
In effetti tutti gli indicatori presi in esame nel rapporto fanno pensare ad una più che probabile accelerazione della corsa alla terra nei prossimi anni. «Basti pensare che quasi tre miliardi di persone vivono in regioni dove la domanda di acqua supera l'offerta - dice Oxfarm - L'economia globale, inoltre, triplicherà le sue dimensioni entro il 2050 con una domanda crescente di risorse naturali. L'olio di palma è il più consumato al mondo ed è utilizzato in circa metà del cibo confezionato e dei prodotti per l'igiene. Si prevede che la sua produzione raddoppi entro il 2050, incrementando le aree coltivate di 24 milioni di ettari, sei volte la superficie dell'Olanda».
Il rapporto, che fa parte della campagna globale di Oxfam "Coltiva", fa giustizia di alcuni "miti" legati agli investimenti sui terreni nei Paesi poveri  e descrive gli effetti devastanti che il land grabbing ha in Uganda, Sud Sudan, Indonesia, Honduras e Guatemala. Oxfarm denuncia che «In Uganda, per esempio, almeno 22.500 persone hanno perso casa e terra in seguito all'espropriazione subita per mano della New Forest Company (Nfc), un'azienda britannica specializzata nella produzione di legname. Molte persone sono state allontanate con la forza e non hanno più mezzi di sostentamento, né possibilità di mandare i figli a scuola. Ci sono state ordinanze del tribunale contro la Nfc e testimoni oculari hanno riferito che i dipendenti dell'azienda hanno preso parte essi stessi ad alcuni espropri. Tuttavia, la Nfc nega di essere coinvolta».
Secondo Jeremy Hobbs, direttore generale di Oxfam, «il caso dell'Uganda mostra chiaramente come l'accaparramento di terre privi le popolazioni vulnerabili di qualsiasi rete di protezione. Migliaia di persone sono in grande difficoltà dopo esser state trasferite ed espropriate dei loro beni, senza essere consultate o ricompensate. Oxfam chiede agli investitori, ai governi, e alle organizzazioni internazionali di porre  fine al land grabbing, cambiando le attuali politiche che non garantiscono procedure partecipate e un equo trattamento delle comunità locali, né il rispetto delle norme internazionali».
Ad rapporto di Oxfam arriva il sostegno (non sappiamo quanto gradito) di Confagricoltura che dice che il documento conferma i suoi ripetuti avvertimenti.
La "Confindustria" degli imprenditori agricoli italiani, che a differenza di Oxfarm apperova gli Ogm, dice che «Questa nuova corsa all'oro per cui si prevede un progressivo intensificarsi nei prossimi anni,  conferma una centralità dell'agricoltura nelle sorti del mondo che ormai non si può più ignorare, sia sotto il profilo economico, sia sotto quello sociale. Già nel 2040 per soddisfare la richiesta di cibo sarà necessario il 70% di produzione agricola in più ad invarianza di mezzi rispetto ad oggi, ma l'attuale Politica agricola comunitaria non tiene conto di questo dato allarmante».
il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, ricorda che «In giugno, a Parigi, 120 sigle mondiali che rappresentano gli agricoltori hanno firmato un documento comune, chiarendo che la missione principale dell'agricoltura è quello di nutrire le popolazioni e che la sfida alimentare del XXI secolo richiede un aumento quantitativo e qualitativo della produzione. Contemporaneamente si è voluto rimarcare la necessità di trasparenza e conoscenza dei listini e degli stock in ogni parte del mondo, stimolando le organizzazioni internazionali interessate a stabilire regole di mercato e di posizionamento che riguardano le materie prime agricole per evitare eccessi speculativi. E' chiaro che in questo contesto l'agricoltura italiana deve recuperare produttività e propensione al mercato. Le aziende devono indirizzarsi sempre più verso dimensioni economiche competitive, perché nei momenti di crisi non bisogna avere paura del cambiamento, ma gestirlo. L'Italia si rilancia solo se si riesce a far crescere le imprese e l'agricoltura in futuro sarà sempre più importante, che si voglia o no. E fare agricoltura vuol dire, prima di tutto, produrre».
Non è esattamente quel che dice Oxfarm nelle conclusioni del suo rapporto: «Il mercato mondiale chiede più materie prime agricole, e questo può andare a beneficio delle comunità locali in un momento in cui l'interesse degli investitori aumenta. Tuttavia oggi ci sono più rischi che opportunità per le comunità. E' necessario spostare l'equilibri di potere a favore dei più poveri e di coloro più minacciati dagli accordi per l'acquisizione di terra. Le comunità hanno il diritto di sapere e di decidere e questo diritto deve essere rispettato da tutti i soggetti coinvolti. Occorre agire a diversi livelli per assicurare che le cose cambino davvero e per risolvere i conflitti che sorgono a causa degli accordi sulla terra».
fonte: Greenreport

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