manca la documentazione,
Corte dei Conti e Procura indagano
“Il dott. Vittorio Bonavita, segretario amministrativo dell'Udc Lazio pro tempore, con nota in data 3 luglio 2012 ha trasmesso solo una parte (14 delibere societarie) della documentazione relativa alle società eroganti (in tutto 39 società) previste dalla predetta legge n. 195 del 1974”. Questo è il passaggio chiave del maestoso rapporto pubblicato dal Collegio di Controllo della Corte dei Conti il 10 agosto scorso sulle spese e i finanziamenti – pubblici e privati – ai partiti che hanno partecipato alle regionali del 28 e 29 marzo 2010
di Carmine Gazzanni
Pesanti ombre si addensano sull’Udc di Pierferdinando Casini. Nonostante il silenzio di media e politica, secondo quanto documentato dalla Corte dei Conti il 10 agosto 2012, più di qualcosa non quadra nei conti centristi. A cominciare dal fatto che l’Udc Lazio ”ha trasmesso solo una parte (14 delibere societarie) della documentazione relativa alle società eroganti (in tutto 39 società)”. In altre parole, mancano le pezze d’appoggio di questi finanziamenti privati. In soldoni, 171mila euro senza carte. Ora tutta la documentazione è in mano alla Procura di Roma. Sulla vicenda tanti i punti di domanda: molte di queste società sono in affari con Caltagirone (il costruttore e imprenditore suocero di Casini); altre hanno a che fare con la sanità laziale. Sarà un caso, ma Vittorio Bonavita (segretario amministrativo Udc Lazio) è anche direttore sanitario dell’Asl Roma B (nomina Polverini).
Ma andiamo con ordine. Scrivono i magistrati: “Il controllo effettuato dalla Corte evidenzia una sostanziale regolarità delle contabilità presentate dai partiti, salvo talune sporadiche fattispecie segnalate nella relazione”. Ancora. Nelle conclusioni generali della relazione che prende in esame tutti i partiti si segnala che “soltanto in un caso la documentazione prodotta è risultata incompleta” al capitolo dei contributi privati. Il riferimento tocca appunto l’Udc di Pierferdinando Casini. Secondo infatti quanto accertato dalla Corte, sebbene “l’analisi del conto consuntivo non ha evidenziato profili di difformità rispetto alla disciplina normativa che regola le spese relative alla campagna elettorale e le correlate fonti di finanziamento”, è stata riscontrata una “carenza nella documentazione a supporto del consuntivo medesimo”. Tanto che la Corte si è riservata di inviare tutto l’incartamento alla Procura della Repubblica di Roma per ulteriori controlli.
I CONTI NON TORNANO: NEL BILANCIO ANCHE SPESE CHE NON HANNO A CHE FARE CON LA CAMPAGNA ELETTORALE
Ma vediamo di entrare nel merito della questione. Per l’anno 2010, l’Udc ha ottenuto per le regionali del Lazio un contributo statale di 276.776,75 euro, a cui si sono poi aggiunti 266.752,87 nel 2011. Per la campagna elettorale l’Udc ha speso molto di più (1.752.327,09). Ma nessun problema, dato che il partito di Casini ha potuto usufruire di un’ingente somma di contributi non statali: 2.180.577 euro, tra “fondi associativi e contributi di terzi”. Dunque, ben 428.500 euro sono rimasti nelle casse del partito. Come detto, però, più di qualcosa non quadra. Tanto che – scrive la Corte – “è stata formalizzata istruttoria alla sede nazionale sulle spese sostenute a livello nazionale e ripartite proporzionalmente tra le Regioni in cui la formazione politica era presente; in particolare è stata richiesta la documentazione attestante il pagamento dei debiti dichiarati e lo stralcio dal consuntivo di alcuni titoli di spesa risultati non direttamente riferibili alla campagna elettorale”. In altre parole, secondo i magistrati sarebbero state inserite spese che con la campagna elettorale c’entrano poco o nulla.
Ma vediamo di entrare nel merito della questione. Per l’anno 2010, l’Udc ha ottenuto per le regionali del Lazio un contributo statale di 276.776,75 euro, a cui si sono poi aggiunti 266.752,87 nel 2011. Per la campagna elettorale l’Udc ha speso molto di più (1.752.327,09). Ma nessun problema, dato che il partito di Casini ha potuto usufruire di un’ingente somma di contributi non statali: 2.180.577 euro, tra “fondi associativi e contributi di terzi”. Dunque, ben 428.500 euro sono rimasti nelle casse del partito. Come detto, però, più di qualcosa non quadra. Tanto che – scrive la Corte – “è stata formalizzata istruttoria alla sede nazionale sulle spese sostenute a livello nazionale e ripartite proporzionalmente tra le Regioni in cui la formazione politica era presente; in particolare è stata richiesta la documentazione attestante il pagamento dei debiti dichiarati e lo stralcio dal consuntivo di alcuni titoli di spesa risultati non direttamente riferibili alla campagna elettorale”. In altre parole, secondo i magistrati sarebbero state inserite spese che con la campagna elettorale c’entrano poco o nulla.
171 MILA EURO DAI PRIVATI. MA MANCA LA DOCUMENTAZIONE - La forte anomalia riscontrata dal Collegio è però un’altra. Come già sottolineato, infatti, nonostante siano state 39 le aziende che hanno finanziato il partito di Casini, nella documentazione trasmessa dall’Udc ci sarebbero soltanto 14 delibere societarie. Scrive la Corte: “alla data di chiusura dei lavori del Collegio risulta ancora mancante la documentazione, a dimostrazione dei contributi erogati dalle seguenti 25 società”. In altre parole, in 25 casi non ci sarebbe alcuna pezza che dimostri, nel concreto, il finanziamento al partito. In soldoni, centosettantunomila euro senza carte. Senza alcuna documentazione.
COSTRUTTORI – UDC: UN RAPPORTO IN NOME DI CALTAGIRONE
L’elenco – pubblicato interamente dalla Corte - è tanto lungo quanto interessante. Basta leggere i nomi di alcune società per comprendere che il partito di Casini è particolarmente caro alle aziende di costruzione: dalla Todini Costruzioni (20mila euro) alla Edil C.a.s.a. Edilizia (20mila euro), a Ciaccia appalti srl (altri 20mila). E ancora la Sales appalti (15 mila) e la Di. Bi costruzioni (5 mila). Probabilmente sarà solo un caso, ma tutte queste società menzionate sono state o sono tuttora in rapporti con un’altra grossa società edile, la Caltagirone spa. Il nome dice tanto, dato che patron Francesco Gaetano Caltagirone è suocero di Pierferdinando Casini, la cui moglie – Azzurra – è nel cda dell’azienda di famiglia.
L’elenco – pubblicato interamente dalla Corte - è tanto lungo quanto interessante. Basta leggere i nomi di alcune società per comprendere che il partito di Casini è particolarmente caro alle aziende di costruzione: dalla Todini Costruzioni (20mila euro) alla Edil C.a.s.a. Edilizia (20mila euro), a Ciaccia appalti srl (altri 20mila). E ancora la Sales appalti (15 mila) e la Di. Bi costruzioni (5 mila). Probabilmente sarà solo un caso, ma tutte queste società menzionate sono state o sono tuttora in rapporti con un’altra grossa società edile, la Caltagirone spa. Il nome dice tanto, dato che patron Francesco Gaetano Caltagirone è suocero di Pierferdinando Casini, la cui moglie – Azzurra – è nel cda dell’azienda di famiglia.
Quello che sembra, dunque, è che tra edilizia e politica i rapporti siano ben stretti. Basti pensare, peraltro, che una delle società finanziatrici – la già menzionata Todini Costruzioni – è gestita da tale Luisa Todini che, nonostante il bonifico all’Udc, è consigliere Rai in quota Pdl/Lega. Non solo. La Todini era presente anche lo scorso otto novembre nella serata di gala al Palazzo delle Esposizioni a Roma per il rilancio del quotidiano Il Messaggero, giornale di punta nell’orbita – ancora una volta – di Caltagirone, questa volta nelle sue vesti di editore.
Ma c’è dell’altro. Il peso del suocero di Pierferdinando nel partito centrista è evidente anche per via di un altro importante finanziatore privato. Nell’elenco, infatti, ritroviamo anche Generali spa (altri 20 mila euro), nel cui consiglio d’amministrazione siede, tra gli altri, anche Caltagirone appunto. Il partito di Casini, insomma, deve molto al signor suocero.
VITTORIO BONAVITA, L’UOMO CHE CONTROLLAVA I BILANCI IN PARTITO E IN ASL
Ma torniamo alle società – se così possiamo chiamarle – fantasma. Nell’elenco, infatti, troviamo anche aziende in rapporti con la pubblica amministrazione, come la Milano 90 di Sergio Scarpellini (10 mila euro) che – come raccontava alcuni giorni fa Sergio Rizzo Sul CorSera – “affittava al consiglio regionale del Lazio per 30 mila euro al mese un ufficio di rappresentanza nel centro di Roma”. Ma andiamo avanti. Figurano anche un certo numero di aziende che operano nel campo della sanità. Per esempio la Ingegneria Biomedica Santa Lucia (3 mila euro), la Progema hospital (5 mila) e, infine, l’Ini, l’Istituto neuro traumatologico italiano (20 mila). Altra coincidenza interessante. Il segretario amministrativo dell’Udc Laziale, come detto, è il dottor Vittorio Bonavita. È lui, quindi, che gestisce i soldi. Sarà un altro assurdo caso del destino, ma Bonavita è stato nominato da Renata Polverini direttore sanitario dell’Asl Roma B. Insomma, Bonavita ricopre nell’Azienda Sanitaria lo stesso incarico che ricopre nel partito centrista in regione. In entrambi i casi gestisce i soldi. E il fatto che manchino, come sottolineato, le delibere societarie per diverse aziende che operano nel campo della sanità, è un caso – e ci mancherebbe – curioso.
Ma torniamo alle società – se così possiamo chiamarle – fantasma. Nell’elenco, infatti, troviamo anche aziende in rapporti con la pubblica amministrazione, come la Milano 90 di Sergio Scarpellini (10 mila euro) che – come raccontava alcuni giorni fa Sergio Rizzo Sul CorSera – “affittava al consiglio regionale del Lazio per 30 mila euro al mese un ufficio di rappresentanza nel centro di Roma”. Ma andiamo avanti. Figurano anche un certo numero di aziende che operano nel campo della sanità. Per esempio la Ingegneria Biomedica Santa Lucia (3 mila euro), la Progema hospital (5 mila) e, infine, l’Ini, l’Istituto neuro traumatologico italiano (20 mila). Altra coincidenza interessante. Il segretario amministrativo dell’Udc Laziale, come detto, è il dottor Vittorio Bonavita. È lui, quindi, che gestisce i soldi. Sarà un altro assurdo caso del destino, ma Bonavita è stato nominato da Renata Polverini direttore sanitario dell’Asl Roma B. Insomma, Bonavita ricopre nell’Azienda Sanitaria lo stesso incarico che ricopre nel partito centrista in regione. In entrambi i casi gestisce i soldi. E il fatto che manchino, come sottolineato, le delibere societarie per diverse aziende che operano nel campo della sanità, è un caso – e ci mancherebbe – curioso.
Non può essere che un caso curioso, d’altronde, il fatto che l’Ini abbia versato al partito 20 mila euro. Piccolo particolare: l’Istituto neuro traumatologico italiano è una struttura privata convenzionata con il servizio sanitario nazionale. Vale a dire con la regione. Dunque con le Asl. Come detto, un caso curioso. Curiosissimo.
LA STORIA SI RIPETE: BONFERRONI E L’AFFAIRE FINMECCANICA
Questa, peraltro, non è nemmeno la prima volta che il partito di Pierferdinando Casini finisce attenzionato dai magistrati. Era lo scorso aprile quando i giudici decidono per l’arresto di Franco Bonferroni nell’inchiesta che toccò gran parte del vertice di Finmeccanica. Secondo gli inquirenti, Bonferroni avrebbe ricevuto tangenti (per un totale di 300 mila euro) da uomini di punta dell’azienda perché “espressione dell’Udc”, “un riferimento politico preciso”, come dichiarato dal superconsulente Finmeccanica Lorenzo Cola in uno dei suoi interrogatori davanti ai pm di Roma.
Questa, peraltro, non è nemmeno la prima volta che il partito di Pierferdinando Casini finisce attenzionato dai magistrati. Era lo scorso aprile quando i giudici decidono per l’arresto di Franco Bonferroni nell’inchiesta che toccò gran parte del vertice di Finmeccanica. Secondo gli inquirenti, Bonferroni avrebbe ricevuto tangenti (per un totale di 300 mila euro) da uomini di punta dell’azienda perché “espressione dell’Udc”, “un riferimento politico preciso”, come dichiarato dal superconsulente Finmeccanica Lorenzo Cola in uno dei suoi interrogatori davanti ai pm di Roma.
LE CARTE ARRIVANO IN PROCURA MA STAMPA E POLITICA TACCIONO
Come in quella circostanza, anche oggi sembra che nessuno si interessi alla vicenda. Eppure il rapporto della Corte dei Conti parla chiaro: l’Udc non ha documentato la bellezza di 171 mila euro, buona parte dei quali sono arrivati o da costruttori o da aziende in affari con la regione (presso cui Bonavita lavora). Un grosso conflitto d’interessi e tanta poca chiarezza hanno attirato la attenzioni dei giudici che ora avranno modo e tempo di affrontare le loro ricerche. Intanto, però, stampa e politica tacciono. Nessuno parla della vicenda. Nessuno condanna. Niente di niente. Come se niente fosse accaduto. Peccato, però, così non sia. E questo, Pierferdinando e suo suocero, lo sanno bene.
Come in quella circostanza, anche oggi sembra che nessuno si interessi alla vicenda. Eppure il rapporto della Corte dei Conti parla chiaro: l’Udc non ha documentato la bellezza di 171 mila euro, buona parte dei quali sono arrivati o da costruttori o da aziende in affari con la regione (presso cui Bonavita lavora). Un grosso conflitto d’interessi e tanta poca chiarezza hanno attirato la attenzioni dei giudici che ora avranno modo e tempo di affrontare le loro ricerche. Intanto, però, stampa e politica tacciono. Nessuno parla della vicenda. Nessuno condanna. Niente di niente. Come se niente fosse accaduto. Peccato, però, così non sia. E questo, Pierferdinando e suo suocero, lo sanno bene.
fonte: L'Infiltrato
Nessun commento:
Posta un commento