Antonio Ingroia ufficializza la candidatura a premier per sinistra e Idv
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Antonio Ingroia si candida a premier. E per fugare qualsiasi dubbio presenta un simbolo con il suo nome e, sotto, una stilizzazione in rosso del “Quarto stato”. Intanto, il movimento fondato dall’ex magistrato si chiamerà “Rivoluzione civile”. Tra i primi nomi di candidature, annuncia quella di Flavio Lotti (Marcia Perugia-Assisi), Gabriella Stramacciomi (Libera), Franco La Torre, figlio del magistrato Pio La Torre, trucidato dalla mafia.
Antonio Ingroia ufficializza la candidatura a premier per sinistra e Idv
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Antonio Ingroia si candida a premier. E per fugare qualsiasi dubbio presenta un simbolo con il suo nome e, sotto, una stilizzazione in rosso del “Quarto stato”. Intanto, il movimento fondato dall’ex magistrato si chiamerà “Rivoluzione civile”. Tra i primi nomi di candidature, annuncia quella di Flavio Lotti (Marcia Perugia-Assisi), Gabriella Stramacciomi (Libera), Franco La Torre, figlio del magistrato Pio La Torre, trucidato dalla mafia.
Lui, Ingroia, è ancora cauto su twitter.
Ma nel suo 'polo' la sua candidatura è scontata, già da tempo. Tanto che sono a buon punto le prove per il simbolo elettorale, anche se il quadro non è ancora definito. C'è Rifondazione che insiste affinché il simbolo contenga la parola 'sinistra', che non piace molto ai Verdi e anche ai dipietristi. E poi ci sono nodi da sciogliere sulle liste: perché l'obiettivo di Ingroia, nonché del movimento 'Cambiare si può', è evitare di fare la fine della 'Sinistra arcobaleno', unione tra Pdci, Prc, Verdi e Sinistra Democratica che nel 2008 non superò la soglia per entrare in Parlamento. Insomma, no all'effetto 'unione dei cespugli' e per evitarlo anche i leader di partito dovrebbero evitare di candidarsi, pensano in molti. Una partita, che secondo le ultime notizie, sarebbe già stata persa da Ingroia e da Cambiare si può: Antonio Di Pietro, il Verde Angelo Bonelli, il leader del Prc, Paolo Ferrero e del Pdci, Oliviero Diliberto, saranno candidati, come secondi in lista, rispetto a Ingroia che sarà capolista ovunque. I quattro saranno comunque candidati in Regioni sicuri. La questione mette in fibrillazione Cambiare si può, al punto che domani questa area potrebbe minacciare di uscire dall'alleanza.
Si punta comunque a una lista unitaria alla Camera e al Senato. Obiettivo: superare lo sbarramento del 4 per cento nel primo caso, dell'8 per cento nel secondo caso, ma per entrare a Palazzo Madama basta superare la soglia in qualche regione (pensano di farcela in Campania, Umbria e forse anche Toscana) Direzione: qui la faccenda si complica. Governo o opposizione? Perché in questo nuovo polo ci sono tendenze diverse. Di Pietro continua a sognare un'alleanza con il Pd, dopo il voto. Il cartello di 'Cambiare si può' invece si attesta più su una linea di opposizione a chi andrà al governo, che sia Bersani o Monti o loro due insieme. E c'è da dire che la stessa area sta ancora dando battaglia sullo stesso programma di Ingroia, considerato carente nella contestazione delle politiche di austerity europee. Ma nel polo del pm antimafia, non manca anche chi predica "l'unione delle forze con Grillo", come l'associazione 'Terza primavera", vicina allo stesso Ingroia.
"Da magistrato non avrei mai creduto di dovermi ritrovare qui per continuare la mia battaglia per la giustizia e la legalità in un ruolo diverso". "Quando giurai la mia fedeltà alla Costituzione pensavo di doverla servire solo nelle aule di giustizia. Ma non siamo in un paese normale e in una situazione normale. Siamo in una emergenza democratica. E allora, come ho detto, io ci sto. E' venuto il momento della responsabilità politica. Alla società civile e alla buona politica dico 'grazie' perche hanno fatto un passo avanti". "Questa è la nostra rivoluzione, noi vogliamo la partecipazione dei cittadini. Antonio Ingroia non si propone come salvatore della patria, ma di essere solo un esempio come tanti cittadini che si mettono in gioco, assumendo rischi", dice ancora.
L’affollata conferenza stampa che Ingroia ha tenuto poche ore fa a Roma è stata innanzitutto un attacco a testa bassa contro il Pd. Le inascoltate richieste di dialogo, evidentemente, hanno avuto l’effetto di complicare i rapporti con il portavoce Pier Luigi Bersani. “Ha detto che non risponde ad appelli pubblici – dice Ingroia – ma io l’ho chiamato pure privatamente. E non ha risposto. Borsellino mi rispondeva subito”. Il leader di “Rivoluzione Civile”, dopo aver ricordato che Pietro Grasso (candidato dal Pd) ha elogiato Berlusconi per il contributo del suo governo alla lotta alla mafia, ha accusato i democratici di incoerenza proprio su questo nodo. Una incoerenza che di fatto ha portato allo "strapotere della criminalità” e alla “inadeguatezza della politica". Sono questi, del resto, i due punti da cui prende le mosse la sua idea di "responsabilità non solo istituzionale ma politica". "La mafia – aggiunge Ingroia – non si può contenere, va eliminata". "Bersani questa politica non la vuole", sottolinea. Poi sferra l'ultimo micidiale attacco: "Caro Bersani, così non va", riferendosi al fatto che Bersani abbia abbandonato la tradizione di Pio Latorre e Enrico Berlinguer. "Chi ha alle spalle storie così importanti dovrebbe ricordarsi il valore della moralita'".Il leader di "Rivoluzione civile" ha avuto toni più morbidi sia nei confronti di Vendola che verso Grillo. “Non c’è alcuna foglia di fico dei operazioni trasformiste!, ha detto all’indirizzo di quest’ultimo.

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