La stupidità economica indotta dalla povertà. Conseguenze e possibili rimedi
Perché le persone con redditi bassi agiscono contro il loro stesso tornaconto economico
Luca Aterini
Oltre i barlumi positivi che riguardano il calo dell'etereo spread, guardata negli occhi la crisi fa paura. Lo si intuisce anche di riflesso, osservando i numeri diffusi dall'Eurostat: sono 120 milioni le persone a rischio povertà o esclusione sociale in Europa, e cioè il 24,2% della popolazione. Una percentuale in crescita rispetto al già sostanzioso 23,4% del 2010. Con un 2013 si preannuncia (sperando in smentite) ancora più lugubre rispetto al presente, sotto il profilo occupazionale.
Una rete che risulta una trappola economica e sociale per chi non può evitare di precipitarvi dentro. Dall'interno di queste maglie, che ne è di quel teorico homo oeconomicus perfettamente razionale e dedito all'esclusivo perseguimento dell'interesse privato, che popola ancora la gran parte dei libri di economia ma in realtà si intravede assai poco nelle città reali, lungo le strade, dentro i negozi? Secondo una recente ricerca della University Chicago Booth School of Business, svanisce del tutto. le persone con redditi bassi agiscono contro il loro stesso tornaconto economico.
Se abbiamo pochi soldi a disposizione - spiega l'università in una nota - ci concentriamo sul cibo, i trasporti e le spese immediate, ignorando l'affitto del mese successivo. Quando siamo occupati, ci facciamo assorbire dalla nostra pressante lista di impegni imminenti e dimentichiamo le scadenze.
Le conclusioni dello studio, pubblicate su Science, sono state elaborate da Anuj K. Shah, docente di Scienze comportamentali alla Chicago Booth; Sendhil Mullainathan, economista a Harvard; Eldar Shafir, membro del ‘Consiglio del rettore sulla capacità finanziaria'; William Stewart Tod, psicologo della Woodrow Wilson School (Università di Princeton). Secondo gli autori, far fronte alla scarsità di risorse, ovverosia possedere troppo poco crea una forma mentis che si focalizza sui bisogni del presente e induce ad atteggiamenti prevedibili, come ad esempio l'assunzione di prestiti a elevati tassi d'interesse per soddisfare esigenze immediate, anche se ciò implica notevoli difficoltà nell'affrontare spese future.
Per dimostrare la loro teoria, i ricercatori hanno effettuato cinque esperimenti, assegnando ai partecipanti risorse da utilizzare per guadagnare "punti-ricompensa" durante alcuni giochi. In modo del tutto casuale, qualche partecipante è stato destinato al gruppo dei "poveri," con poche risorse a disposizione; gli altri partecipanti sono invece stati inseriti nel gruppo dei "ricchi," con molte risorse a disposizione. Gli autori hanno usato varie metodologie per rivelare che i poveri erano più concentrati dei ricchi sulla ripartizione delle risorse.
Tuttavia, tale concentrazione ha comportato un costo. Focalizzando intensamente l'attenzione su ciascuna fase del gioco, i partecipanti poveri non hanno preso in considerazione questioni ed eventualità future. Quando è stata data loro la possibilità di contrarre prestiti a tassi d'interesse esorbitanti, i "poveri" - interessati soltanto a cercare di completare ogni turno - si sono indebitati in modo eccessivo. Di conseguenza, hanno fatto peggio avendo l'opportunità di chiedere prestiti, rispetto a quando non l'avevano.
Questa ricerca offre implicazioni di vasta portata, dimostrando che la penuria porta a scelte che persone meno indigenti saprebbero evitare. Non è solo una questione di prestiti. In Italia, ad esempio, questo meccanismo si ritrova con lampante evidenza nella stima di 98 miliardi di euro, la somma spesa dagli italiani nel gioco d'azzardo, e in quello legale soltanto. Tenendo conto che la fetta di azzardo illegale si immagina valga il 20% di questi 98 miliardi, si arriva alla somma monstre di circa 120 miliardi di euro: spendiamo in giochi d'azzardo circa la stessa cifra pari all'evasione fiscale di un anno, ancora una volta stimata intorno ai 120 miliardi di euro. Un contagio enorme di stupidità economica, dunque, generalmente indotto da condizioni economiche e sociali (quando non psicologiche) svalutanti.
Riprendendo le fila della ricerca della Chicago Booth, lo stesso Eldar Saphir sottolinea come «questi studi dimostrino che esaminando un campione di persone abbienti e mettendole per un periodo in condizioni di indigenza, esse si comporteranno allo stesso modo dei poveri. La conclusione che ne deriva ha implicazioni importanti: significa che se migliorassimo le situazioni di povertà attuale, assisteremmo a comportamenti più congrui da parte della gente».
Una considerazione dalle conseguenze non banali. Soltanto riappropriandoci della capacità decisionale contenuta in un tempo lungo - così lontano dal consumismo compulsivo o dal flash trading della speculazione finanziaria che è stata una delle leve della crisi, in questa nostra società della fretta - avremo la possibilità di imbastire una programmazione economica ed industriale che evidenzi come la sostenibilità ambientale, economica e sociale non sia soltanto un obiettivo per il futuro, ma un mezzo per muoversi in questo nostro presente incerto. Per domandarci che cos'è che possiamo e vogliamo mantenere in futuro della nostra società e del nostro ambiente - che è poi la domanda principe della sostenibilità, intesa come replicabilità - ci occorre tempo per riflettere e decidere. Lo stesso tempo (con le risorse che contiene) che stiamo dilapidando.
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