Visualizzazioni totali

venerdì 21 dicembre 2012

RIFLETTIAMO INSIEME: MONTI CHE FALLISCE E' UN "TECNICO", CORREA CHE HA SUCCESSO UN "ECONOMISTA SINISTRORSO"

Perché un Monti che fallisce è un “tecnico” e il Correa che ha successo è un "economista sinistrorso"?
montroia
di Bill Black - Naked Capitalism.
Tradotto da ComeDonChisciotte.org.
Il New York Times ha pubblicato profili di leader nazionali quali Mario Monti per l'Italia e Rafael Correa per l'Ecuador. Vorrei invitare i lettori a porre a confronto il trattamento reverenziale riservato a Monti con quello riservato a Correa. La prossima volta che qualcuno vi dice che il NYT è un giornale “di sinistra” potrete fargli vedere quanto si spinga a destra nelle questioni finanziarie.
Il punto di vista che il NYT manifesta descrivendo Monti come un “tecnico” [1] e Correa come un “economista sinistrorso” è tipico dei media dominanti.
Sia Monti sia Correa posseggono dottorati in economia presso università statunitensi, ed entrambi sono stati docenti di economia. Come mai il NYT tratta Monti con reverenza e Correa con sdegno? Esiste una serie di parametri usati normalmente dai media statunitensi nello stilare giudizi di merito nei confronti di personaggi prominenti e leader nazionali. I media manifestano grande stima per i leader che mostrano:
1. Un curriculum di successi
2. Coraggio e attitudine al comando nel prendere decisioni difficili ma efficaci
3. Emergere da una situazione negativa attraverso abnegazione e duro lavoro
4. Ripetuti successi in elezioni democratiche
5. Attenzione agli interessi dei più bisognosi, piuttosto che dei più abbienti
6. Iniziative politiche coraggiose e innovative
correa success
Un curriculum di successi
Chi legga i profili di Monti e Correa non sarebbe in grado di valutare il loro relativo successo come economisti e leader nazionali, ma questo non dipenderebbe da una mancato accesso ai dati di fatto. Sotto Monti, l'Italia è ripiombata in una grave recessione a causa delle politiche autodistruttive di austerità fortemente sostenute da Monti. La “troika” aveva costretto il predecessore di Monti, Berlusconi, ad adottare l'austerity, e Monti l'ha raddoppiata e triplicata. Al tempo le grandi banche hanno realizzato de facto un colpo di stato che ha costretto Berlusconi alle dimissioni. La Troika ha spinto l'Italia ad adottare Monti come leader senza passare per le elezioni. Sotto Monti la disoccupazione è salita all11,1%, e per quel che riguarda i giovani supera il 36%. Molte delle migliori menti italiane emigrano appena dopo la laurea. Questo vuol dire che la percentuale del 36% è una sottostima dell'effettiva disoccupazione giovanile in Italia, dato che non si tiene conto di quelli che emigrano. L'erosione di una delle maggiori risorse dell'Italia, la già declinante classe giovanile, nuocerà al paese per decenni.
L'articolo su Monti si sforza di dare l'impressione che egli abbia condotto un'efficace campagna contro l'insistenza della Germania sull'austerity. Questo è falso. Monti non ha ottenuto l'approvazione tedesca nemmeno per un minimo programma di stimolo fiscale. Monti ha imposto pesanti programmi di austerity che hanno avuto conseguenze previste da lui stesso – più disoccupazione, più recessione, più emigrazione.
Nella carriera di Monti, i recenti fallimenti non sono un'aberrazione. Il suo periodo come funzionario antitrust merita un qualche riconoscimento, ma la sua attività riguardo le questioni finanziarie essenziali è un disastro. Egli è un economista neoliberista che ha appoggiato l'adozione da parte dell'Italia del difettoso progetto Euro e dell'abolizione di regolamentazioni e supervisioni finanziarie.
Il curriculum di Correa è straordinariamente brillante. L'Ecuador non è caduto in recessione nemmeno al culmine della crisi finanziaria. Si tratta di un risultato notevole, dato che l'Ecuador utilizza come valuta il dollaro statunitense, intrattiene intensi scambi con gli USA ed è stato fortemente danneggiato dal crollo dei prezzi del petrolio del 2008. A partire da quella data, l'Ecuador ha mostrato una robusta crescita del PIL reale, ha sensibilmente ridotto la disoccupazione e la povertà, e ha realizzato migliori ammortizzatori sociali per ridurre la miseria. Il tasso di disoccupazione in Ecuador (4,6%) è meno della metà di quello italiano (11,1%). Sotto Correa il tasso di disoccupazione in Ecuador è calato, in Italia, sotto Monti, il tasso di disoccupazione è cresciuto.
Correa ha ereditato una crisi debitoria più grave di quella toccata a Monti. Egli ha utilizzato la sua abilità di economista per negoziare un default e un riacquisto del debito a un tasso drasticamente ridotto. E lo ha fatto ottenendo al contempo una forte crescita. L'Ecuador non si è ritrovato tagliato fuori dal credito. Correa ha convinto la Cina a fare prestiti all'Ecuador dopo il default, ottenendo il credito di cui il paese aveva bisogno. Egli ha ignorato la Banca Mondiale (che gli aveva sconsigliato il default) e preso misure per proteggere le riserve dell'Ecuador, mentre da parte loro gli USA subivano la Grande Recessione. La mancanza di sovranità monetaria espone l'Ecuador all'azione dei “giustizieri dei bond” [2], il che rende il successo di Correa ancora più impressionante.
È importante comprendere che Correa ha avuto successo dove Monti ha fallito perché Correa è un tecnico esperto, mentre Monti resta fedele a dogmi neoliberisti che si sono ripetutamente dimostrati errati. Monti non è più tecnico di quanto i ciarlatani che alla fine del XIX Secolo continuavano a fare salassi fossero veri dottori. La ricetta dell'austerity per “guarire” dalla Grande Recessione non è un concetto economico – è pura illusione. Paul Krugman l'ha sottolineato ripetutamente nei suoi articoli sul NYT, ma molti di quelli che ci scrivono non l'hanno capito. Il profilo di Monti, ad esempio, contiene capolavori come queste frasi sulla designazione di Monti nel novembre del 2011: “Ma anche il cambio al governo – e un pacchetto di misure di austerity di 40 miliardi di dollari, incluso un aumento delle tasse e una radicale riforma pensionistica – non ha tranquillizzato i mercati [finanziari].” L'autore trova sconvolgente che l'impegno di Monti a gettare l'Italia nella recessione tramite un'austerity autolesionista non abbia “tranquillizzato i mercati”. Per quale motivo un giornalista possa pensare che i mercati finanziari (chi presta) si dovrebbero “tranquillizzare” sapendo che i loro creditori si avviano alla recessione, va al di là della mia immaginazione.
Le politiche finanziarie sponsorizzate da Monti prima della Grande Recessione sono state un fallimento. Il suo sostegno per la deregolamentazione e l'eliminazione di controlli finanziari, l'Euro, le idee sull'efficienza del mercato sono stati ulteriori esempi di una concezione economica “teoclassica” [3].
L'articolo su Correa, d'altro canto, inizia con una serie di tentativi di dipingere Correa come spacciatore di discutibili teorie economiche.
“Rafael Correa, economista sinistrorso, si è insediato come presidente dell'Ecuador nel gennaio del 2007, aggiungendosi a un numero crescente di leader latinoamericani giunti al potere opponendosi alle politiche di libero mercato promosse dagli Stati Uniti e dalle élite tradizionali di quei paesi.”
Non ho problemi nell'uso del termine “sinistrorso” - anche in un contesto che è ovviamente concepito per evocare un tono di ostilità. Più precisamente, non ho problemi se l'articolo facesse tre cose: dichiarare apertamente il suo preconcetto, agire con coerenza (ad esempio, descrivendo Monti nelle prime righe come “economista neoliberista”), e condurre un'analisi su quanto l'approccio “di sinistra” o quello “neoliberista” abbiano ottenuto il miglior risultato predittivo nel contesto che è al centro dei profili giornalistici. I profili del NYT falliscono giornalisticamente su tutti i punti.
Il profilo di Correa, poi, accentua il suo livello di pregiudizio con affermazioni false e dichiarazioni di grande momento ma prive di qualsiasi spessore analitico. L'articolo afferma falsamente che le politiche “di sinistra” di Correa violerebbero quelle di “libero mercato sostenute dagli Stati Uniti e dalle élite tradizionali [dell'Ecuador]”. Cominciamo dall'assurda affermazione che le “élite tradizionali” dell'Ecuador promuovano politiche di “libero mercato”. Il profilo, come genere giornalistico, parla di fatti, al contrario di un pezzo d'opinione, per cui è madornale che si facciano affermazioni che farebbero sogghignare qualsiasi ecuadoregno. L'Ecuador è una nazione caratterizzata da élite politiche ed economiche potentissime, che hanno una grandissima influenza sul mercato, e che agiscono spesso all'unisono in chiave anti-competitiva. Ho scritto di recente su come i manager che controllano le quattro maggiori banche abbiano agito di concerto per costringere il governo a non aumentare le loro imposte e a non imporre limiti ai loro compensi. L'ultima cosa che le élite dell'Ecuador vogliono è un mercato competitivo.
Allo stesso modo, le politiche di deregolamentazione e privatizzazione del Washington Consensus non producono affatto un “libero mercato”. Negli Stati Uniti abbiamo appena condotto un esperimento applicando le politiche economiche teoclassiche del Washington Consensus. Il risultato è stato enormemente criminogeno. L'epidemia di frodi contabili che ne è derivata ha fatto gonfiare la bolla ancora di più, e ha prodotto la Grande Recessione. Ha prodotto un capitalismo basato sulla corruzione – il contrario del “libero mercato”.
Efficaci normative finanziarie, organi di supervisione e deterrenza penale sono essenziali per un mercato finanziario “libero”. Quando gli imbroglioni prosperano le ditte oneste vanno fuori mercato, questo il punto chiarito dal premio Nobel George Akerlof nel suo celebre articolo del 1970 sul mercato dei “limoni” [4]. Egli descrive la dinamica “di Gresham”, in cui la cattiva etica scaccia dal mercato quella buona.
“I contratti disonesti tendono a estromettere dal mercato i contratti onesti. Il costo della disonestà, perciò, non assomma soltanto all'ammontare di quanto viene truffato l'acquirente, ma deve includere anche la perdita derivata dall'estinzione dell'impresa legittima.”
Il risultato del Washington Consensus applicato in patria è stato talmente disastroso che ha portato la maggioranza dell'elettorato al ripudio di tali politiche. La stessa cosa è accaduta in molti paesi latinoamericani, perché molti paesi latinoamericani sono stati il banco di prova (fallito) del Washington Consensus. I fallimenti di questo libero mercato fittizio in America Latina ha portato molti corpi elettorali a ripudiare quelle politiche e a eleggere leader che promettevano di opporsi al Washington Consensus. È questa la mancanza di analisi della prima frase del profilo di Correa: “aggiungendosi al numero crescente di leader latinoamericani giunti al potere opponendosi alle politiche di libero mercato...” Il NYT non crede che il fatto che l'esperienza dei corpi elettorali latinoamericani con le fittizie “politiche di libero mercato” abbia comportato un fallimento talmente grave e un rigetto talmente potente per le posticce politiche di “libero scambio” da portare all'elezione di leader decisi a contrastare simili politiche fallimentari, debba portarci a un riesame della cinica etichetta “politiche di libero mercato” e del reale impatto di tali politiche.
Coraggio e attitudine al comando nel prendere decisioni difficili ma efficaci
L'articolo su Monti sottolinea vivacemente il suo coraggio e la sua volontà di prendersela con i potenti per perseguire l'austerity. Ecco uno dei passaggi chiave – provate a individuare il pezzo mancante in questa supposta azione di coraggio:
“Egli disse che il suo governo di tecnici non eletti era determinato a costringere diversi interessi radicati – dai sindacati agli albi professionali al pubblico impiego – a cedere i loro privilegi, e che quel governo era specificamente qualificato per realizzare tali cambiamenti proprio perché non aveva un elettorato di riferimento da proteggere.” Notate il ristretto ventaglio di “interessi radicati” che Monti attacca – sono tutti lavoratori. Le corporation, in particolare banchieri e banchieri speculativi che hanno prodotto la crisi globale, costituiscono il più distruttivo, il più potente e il più radicato gruppo di interesse in Italia. Monti, d'altro canto, è una creatura dell'industria bancaria. Suo padre era un banchiere ed egli stesso è stato consulente della Goldman Sachs. Per il suo gabinetto ha scelto come principale consigliere economico l'amministratore delegato di una delle maggiori banche italiane [Corrado Passera].
Chi sarebbero i principali “tecnici non eletti” di Monti? Monti si è autodesignato come ministro dell'economia. Ho già spiegato come sia il peggiore dei fallimenti in veste di “tecnico”. Avrebbe dovuto saperlo. Avrebbe dovuto sapere che l'austerity avrebbe gettato l'Italia in un'evitabile recessione, ma l'ha perseguita ugualmente in ottemperanza al dogma teoclassico che osserva e venera.
Consideriamo l'accettazione acritica dell'affermazione di Monti che il suo governo di (supposti) tecnici fosse “specificamente qualificato per realizzare tali cambiamenti proprio perché non aveva una base elettorale da proteggere”. È comprensibile che l'ufficio stampa di Monti proponga una simile narrativa, ma non capisco come un giornalista nel pieno possesso delle proprie facoltà la lasci passare senza obiezioni. Monti ha provveduto che il suo governo fosse dominato dai banchieri, in effetti amministratori e consulenti di banche di primo piano. Il NYT sembra trovare credibile che i banchieri non abbiano una “base elettorale da proteggere”.
Le frasi citate sono state scritte dopo che il film Inside Job ha ridicolizzato la pretesa che gli economisti neoliberisti siano privi di pregiudizi e non abbiano alcuna “base elettorale da proteggere”, anche se le loro entrate vengono dalla Federal Reserve, dall'industria o dalle maggiori banche. Anche se si sono persi il film, i giornalisti sapevano comunque che le dichiarazioni di Monti erano false. Ecco il passaggio chiave dell'articolo su Monti:
“Angela Merkel si è ritrovata ad affrontare un tenace avversario: il signor Monti – che la stessa Merkel ha aiutato a insediarsi al governo.
Il signor Monti si è rivelato il leader incontestato delle forze “pro-crescita”, e ha convinto la signora Merkel a intraprendere uno dei passi forse più importanti verso l'integrazione europea sin dall'inizio della crisi dell'Euro.
Il signor Monti è giunto a Bruxelles con un piano semplice, basato sulla consapevolezza che i leader europei potessero difficilmente permettersi di lasciare il summit a mani vuote. Italia e Spagna, come egli ha alla fine chiarito alla signora Merkel, avrebbero bloccato qualsiasi accordo – perfino i patti di crescita da loro pienamente sostenuti – finché i leader europei non si fossero accordati per far sì che i nuovi fondi di salvataggio dell'Europa andassero direttamente a ricapitalizzare le banche in difficoltà, piuttosto che passare per le mani dei governi.”
Una bella serie di favole pro-Monti elaborate dai suoi addetti stampa e accettate come oro colato dai reporter del NYT. Consideriamo innanzitutto il sottinteso, ignorato dai giornalisti, che i giustizieri dei bond abbiano cacciato via il leader eletto dagli italiani e che la Germania abbia determinato il suo sostituto. Si tratta di un notevole e oltraggioso sintomo della distorta democrazia italiana. Merkel ha scelto Monti perché Monti era l'alleato preferito dei banchieri tedeschi. (Una nazione che ha eletto Berlusconi come suo leader ha già un grave deficit democratico).
Guardiamo poi allo stile epico con cui Monti viene descritto nel profilo del NYT. Egli è un “tenace avversario” delle politiche di austerity di Merkel, ed è il “leader incontestato” delle forze “pro-crescita”. L'ovvio problema che pone questa favola montiana è che Monti ha imposto all'Italia l'austerity e ha detto alla nazione che “non ci sono alternative” ad essa. I giornalisti usano l'espressione “tenace avversario” in modo orwelliano.
Non esiste alcun “patto per la crescita” - a meno che i reporter non abbiano anche qui adottato una definizione orwelliana di “crescita”. Merkel insiste sull'austerity e insiste che “non c'è alternativa” al rigettare l'Eurozona in un'evitabile recessione tramite le sue politiche anti-crescita. I giornalisti citano un solo risultato della supposta tenacia di Monti: “I leader europei si sono accordati per far sì che i nuovi fondi di salvataggio dell'Europa andassero direttamente a ricapitalizzare le banche in difficoltà, piuttosto che passare per le mani dei governi.” Il tutto viene descritto in termini eroici: “uno dei maggiori progressi verso l'integrazione europea dall'inizio della crisi dell'Euro”.
L'assurda “integrazione europea” - l'Euro - mette le nazioni che hanno adottato l'Euro alla mercé dei giustizieri dei bond, perciò non c'è ragione di auspicare una maggiore integrazione. E notate che l'ulteriore “integrazione” non è una misura pro-crescita. È un'iniziativa per salvare le banche. In effetti è una misura concepita per salvare le banche invece di reperire fondi per le nazioni che patiscono la recessione. Il supposto atto di coraggio di Monti, viene fuori, è stato un modo più diretto per la Troika di salvare le banche. La Troika presterebbe denaro a una nazione in difficoltà con l'intesa che la stessa nazione userebbe i fondi per salvare le banche. Le banche poi userebbero quei fondi per comprare il debito sovrano della nazione in crisi. La Troika, le banche e le nazioni in crisi farebbero quindi finta che tutto vada bene e che l'austerity sia stata un grande successo. L'impresa monumentale di Monti è stata questa: la Troika può prestare direttamente alla banche, far finta che vada tutto bene e proclamare l'austerity un grande successo. Un bella differenza, no?
Ma la retorica sul mito montiano non si centra solo sull'analisi che si può fare degli sforzi di Monti per rendere più facile il salvataggio delle banche. La questione centrale è che quando si smonta quella retorica viene fuori che i giornalisti del NYT sapevano benissimo che l'audacia fittizia di Monti voleva rendere più facile quel salvataggio. Significa che i medesimi reporter sempliciotti che avevano accettato il mito montiano che un governo non eletto di banchieri avrebbe operato nell'interesse nazionale dell'Italia perché non aveva “una base elettorale da proteggere”, quei reporter sapevano che tutto ciò era falso. Sapevano che la principale strategia di Monti era la protezione della sua “base elettorale” - le banche - rendendo più semplice il loro salvataggio.
Correa ha perseguito una politica opposta – e con successo. Ha preso di petto i più facoltosi e radicati gruppi di interesse in Ecuador, in particolare le banche. Correa ha affrontato un rischio enorme, sia politicamente sia personalmente, attaccando quegli interessi radicati. Abbiano o no gli USA fomentato i golpe in Venezuela e Honduras, hanno comunque mostrato appoggio per i colpi di stato che dovevano rimuovere leader latinoamericani democraticamente eletti che si opponessero al Washington Consensus. La politica pro-golpe degli USA ha messo in grave pericolo la vita di una serie di leader latinoamericani, Correa compreso. Correa è stato l'obbiettivo di quello che molti osservatori hanno ritenuto un tentato golpe da parte di funzionari di polizia. Correa si è ritrovato isolato, in drammatica inferiorità numerica, circondato da una vasta folla di poliziotti. Egli ha contrastato la loro azione con eccezionale coraggio. Con l'intento di sventare il tentato golpe, Correa ha affrontato di persona i poliziotti più aggressivi, sfidandoli a ucciderlo in pubblico. Il suo coraggio ha contribuito alla sconfitta dei golpisti.
Si potrebbe pensare che questo avrebbe portato il NYT a lodare il coraggio di Correa. Al contrario, il passaggio dell'articolo che descrive l'accaduto sembra voglia sottintendere che i fatti fossero questi: Correa aveva scelto capricciosamente di fare una gara “a chi strilla più forte” con la polizia.
“La serie di eventi paradossali ha raggiunto il suo apice nel settembre del 2010, dopo che il presidente socialista aveva proposto una piattaforma di riduzioni delle indennità, dando luogo a unarivolta di funzionari di polizia che gli è quasi costata la vita. L'immagine più vivida che la rivolta ha lasciato non è stata quella dei protestatari, ma quella di Correa, che si è fatto largo nella mischia furibonda dei poliziotti in rivolta nelle caserme della capitale, si è aperto la camicia e ha sfidato i poliziotti a ucciderlo. A momenti lo facevano.”
Emergere da una situazione negativa attraverso abnegazione e duro lavoro
Gli americano adorano le storie del tipo “dalle stalle alle stelle”. I nostri rappresentanti si vantano delle loro umili origini. Monti è invece uno nato con la camicia. È il figlio di un banchiere con la disponibilità e i contatti per frequentare le migliori università italiane e statunitensi (si è laureato a Yale).
Correa è il modello di tutto quello che gli USA amano. Suo padre era spesso disoccupato. Ha lavorato duramente ed è stato in grado di laurearsi in una buona, ma molto meno prestigiosa università statunitense.
Ripetuti successi in elezioni democratiche
Monti non è stato eletto. Nessuno dei ministri da lui nominati è stato eletto. Monti è stato nominato senatore a vita proprio per permettergli di assumere il suo incarico. La sua popolarità ha avuto un tale ribasso che i suoi oppositori l'hanno messo sotto pressione e lui ha annunciato di volersi dimettere.
Correa è stato eletto nel 2007, rieletto nel 2008, e ha un tale vantaggio nei sondaggi che è probabile vinca di nuovo. Il suo successo elettorale è ragguardevole perché ha ereditato la crisi finanziaria globale, e l'Ecuador ha una storia recente di estrema instabilità politica.
“Nonostante la rivolta della polizia e le recenti proteste di studenti e gruppi di indigeni, i sondaggi mostrano che [Correa] mantiene una solida maggioranza di consensi ed è il leader ecuadoregno più forte degli ultimi decenni. Ha portato calma e stabilità in un paese che, nel decennio precedente alla sua elezione, ha avuto otto presidenti, ed è stato rieletto nel 2009.”
Attenzione agli interessi dei più bisognosi, piuttosto che dei più abbienti
Le politiche di austerity di Monti hanno danneggiato gli italiani meno potenti e meno benestanti. Il suo impegno è stato quello di ottenere il salvataggio finanziario per le maggiori banche italiane, sotto forma di prestiti diretti della BCE (invece di un salvataggio indiretto, con la BCE che presta ai governi che poi, a loro volta, prestano alle banche). Questa sarebbe la grande concessione che avrebbe ottenuto da Angela Merkel. Le conseguenze della sua politica sono una grave recessione, una disoccupazione in rapida ascesa, una crescente diseguaglianza ed emigrazione in aumento.
Le politiche di Correa hanno portato a una maggiore occupazione per un gran numero di ecuadoregni, hanno ridotto la povertà e migliorato gli ammortizzatori sociali. I cittadini con meno potere hanno adesso chi li rappresenta.
Iniziative politiche coraggiose e innovative
I due profili giornalistici vorrebbero portare il lettore a pensare che Monti sia l'esempio di flessibilità e innovazione, mentre Correa sarebbe un ideologo. In realtà è vero l'esatto contrario. Monti viene descritto come il capofila di una rivolta riuscita contro le politiche di austerità di Merkel, ma in realtà non ha avuto il coraggio di impiegare misure di stimolo fiscale e di fatto ha messo in opera le autodistruttive politiche di austerità che Merkel voleva imporre all'Italia. In effetti Monti ha clamorosamente disinformato gli italiani quando ha detto loro che “non ci sono alternative” all'austerity.
Il contrasto tra l'inerzia di Monti e l'audacia di Correa è netto. Correa ha scacciato la Banca Mondiale dall'Ecuador. Ha scacciato dal paese le basi militari statunitensi. Ha gestito il default del debito ecuadoregno e il suo riacquisto con un notevole risparmio. Ha ottenuto accesso al credito con un grosso prestito dalla Cina. Ha imposto una tassa sulle banche per finanziare una spesa sociale diretta soprattutto ai poveri.
Ha realizzato tutto ciò in un contesto in cui rischiava la vita a causa di un concreto pericolo di golpe, e in cui molti osservatori ritenevano si stesse giocando la possibilità di essere rieletto. Le politiche coraggiose di Correa hanno prodotto una grossa crescita del PIL, ridotto significativamente disoccupazione e povertà, ottenuto la stabilità politica e un forte sostegno di base.
Conclusioni
Correa è l'economista che ha dimostrato di avere tutto il necessario: la testa per fare le giuste scelte di politica economica, il cuore per agire in nome dei cittadini meno potenti e più bisognosi, il fegato di rischiare la vita per la sua nazione, e lo spirito per attaccare gli interessi più potenti e radicati del paese per liberarlo dalla loro venefica morsa. Monti è l'economista che ha interpretato le maggiori questioni economiche del suo tempo in maniera totalmente sbagliata. Ha lavorato in nome delle maggiori banche del mondo e degli speculatori, e dei gruppi di interesse italiani più potenti, ricchi, distruttivi e radicati. Le sue politiche hanno portato a maggiore disoccupazione, una recessione evitabile e una grossa emigrazione. Monti non è mai stato eletto. È stato insediato per mezzo del ricatto delle maggiori banche mondiali e dell'intervento della Germania. La grande maggioranza degli italiani si oppone al suo governo e alle sue politiche.
E allora, come mai il New York Times continua a lodare Monti e a sprezzare Correa? L'elogio agiografico che il NYT fa del supposto atto di coraggio di Monti – premere perché la Germania permetta alla Troika di salvare le banche italiane in modo diretto – è un'ulteriore prova che è impossibile competere con un'auto-parodia involontaria. I lettori condivideranno comunque la mia opinione che l'esempio massimo di involontaria auto-parodia che si può trovare i questi profili è l'affermazione che Monti, un membro dell'élite bancaria che ha facilitato il salvataggio pubblico delle banche, sia un “tecnico” disinteressato che non ha una “base elettorale da difendere” proprio perché non è stato eletto ma designato attraverso quello che de facto è un golpe orchestrato dalle grandi banche. Il NYT accetta come vangelo la pretesa che membri dell'élite bancaria come Monti non abbiano interessi propri e non proteggano gli interessi delle grandi banche che gli hanno procurato ricchezza e prestigio e che lo hanno insediato al potere. L'Onion [5] non avrebbe saputo scrivere di meglio.

Bill Black, autore di The Best Way to Rob a Bank is to Own One (Il Modo Migliore di Rapinare una Banca È Possederne Una), è professore associato di economia e legge presso la University of Missouri-Kansas City.

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Domenico D'Amico.
Link: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&;file=article&sid=11213.

Nessun commento:

Posta un commento