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sabato 26 ottobre 2013

IL TESORO HA FRETTA DI VENDERE ENI

Qualcosa si muove sul fronte delle partecipazioni pubbliche: il governo intende manovrare sul mercato entro la fine dell'anno, e uno degli obiettivi primari sembra essere la cessione della quota detenuta dal Tesoro in ENI.Le fonti citate da Reuters sembrano tradire una certa fretta di fare cassa da parte del governo, forse a causa di una coperta più corta del previsto. In settimana, intanto, dovrebbe cominciare il percorso del progetto di dismissioni con la trasformazione in organo permanente del Comitato per le privatizzazioni.

Il governo possiede il 30 per cento dell'ex monopolista dell'energia, di cui il 4,34 per cento direttamente, attraverso il Ministero dell'economia, e il resto tramite la Cassa depositi e prestiti. Il valore attuale delle azioni direttamente in "mano" al ministro Fabrizio Saccomanni è poco inferiore ai tre miliardi di euro.
La fretta di vendere la quota, anche overnight se le condizioni sul mercato saranno favorevoli, tradiscono forse l'ottimismo del governo dal lato dei conti pubblici: il governo prevede per l'anno in corso una contrazione del prodotto interno lordo dell'1,7 per cento, ma il consenso di sempre più organizzazioni internazionali, tra cui Fondo monetario, e altri analisti sembra indicare una contrazione dell'1,8, che di conseguenza farebbero mancare all'appello qualche centinaio di milioni di euro di entrate, rendendo più complicato il raggiungimento del rapporto deficit/Pil obiettivo, ovvero il famoso quanto famigerato 3 per cento.
A questo si aggiunge un ottimismo pregresso sul fronte delle entrate: l'ultimo esempio è dato dalla Tobin tax, che avrebbe comportato una contrazione degli scambi maggiore del previsto, provocando così un ulteriore allontanamento del target di gettito, fissato dal governo Monti a un miliardo di euro. Gli analisti temono però che il gettito effettivo sarà un quarto di quello stimato, e che bisognerà forse fare i conti anche con una caduta della gettito dalle imposte sul capital gain.
Si tratta insomma di tante piccole gocce di sangue che vengono a mancare e che giustificano appieno le intenzioni del governo di procedere in fretta ad una trasfusione. Non sono escluse le vendite di quote in Terna e Fincantieri, mentre per ora restano avulse dal piano di dismissioni ENEL e Finmeccanica.
fonte: WallStreetItalia

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