Ci si aspettava che dopo la strage di Lampedusa dove hanno perso la vita centinaia di eritrei la comunità internazionale si focalizzasse sul reale problema rappresentato dalla Eritrea e dal suo padre/padrone, il dittatore Isaias Afewerki. Invece nulla di questo è avvenuto. Un recentissimo rapporto delle Nazione Unite delinea un quadro desolante sulle condizioni di vita in Eritrea, un quadro che spinge ogni mese 3.000 eritrei a cercare rifugio all’estero. A fare il quadro della situazione è il relatore speciale dell’ONU in Eritrea, Sheila B. Keetharuth, il quale in un rapporto consegnato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite racconta di una situazione devastante, da film dell’orrore, in qui vive la popolazione eritrea. Il rapporto di Sheila B. Keetharuth si basa su centinaia di testimonianze di fuoriusciti eritrei intervistati nei campi profughi in Etiopia e Gibuti oltre a varie testimonianze raccolte presso i richiedenti asilo che sono riusciti a raggiungere l’Europa.
Nel rapporto si parla in maniera molto dettagliata (con tanto di nomi e cognomi delle vittime) di uccisioni sommarie, sparizioni, detenzioni arbitrarie degli oppositori al regime di Afewerki, di condizioni carcerarie disumane con detenuti rinchiusi in container posizionati nel deserto, si parla di indicibili torture. Infine si conferma che in Eritrea ci sono fortissimi limitazioni alla libertà personale tra le quali il servizio militare coatto e senza scadenza, il divieto di associazione e di riunione (un gruppo di tre persone che parlano fanno una riunione), nessuna libertà di culto e nessuna libertà di movimento. A complemento del rapporto della signora Keetharuth vi è poi un recente rapporto dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Onu che stima in 3/4 mila il numero degli eritrei che ogni mese fugge dall’Eritrea ma si ritiene che quelli che tentino di fuggire siano circa 7.000. Molti di loro vengono bloccati e spesso incarcerati. Un recente accordo non scritto tra Eritrea e Sudan prevede che gli eritrei fermati in Sudan vengano immediatamente rimpatriati e nella maggioranza dei casi di loro non se ne sa più niente. Nonostante questa situazione sia nota ormai da molto tempo l’occidente continua come se niente fosse a fare affari con il regime eritreo. Isaias Afewerki è libero di circolare ovunque. Viene a farsi curare i denti in Italia dove sembra sia ospite di un noto politico.
Decine di aziende italiane hanno cospicui interessi in Eritrea mentre centinaia sono le aziende europee che operano in Eritrea. Neppure il massacro di Lampedusa ha scalfito l’indifferenza sulle atrocità del regime di Isaias Afewerki. Secondo l’UNHCR lo scorso anno sono fuggiti dalla Eritrea 305.723 di cui oltre il 40% bambini o minori non accompagnati. Quest’anno il numero sarà certamente superiore. Una massa di gente che finisce nelle mani dei trafficanti di esseri umani. Quante stragi di eritrei serviranno alla comunità internazionale per interessarsi di quello che sta avvenendo in Eritrea?
di Claudia Colombo
fonte: http://www.rightsreporter.org/
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