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mercoledì 14 novembre 2012

LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO PUO' BOCCIARE UN'EVENTUALE MODIFICA DEL PORCELLUM


Il Parlamento italiano è fuori tempo massimo. 
La nuova legge elettorale - ammesso che vedrà mai la luce - rischia di essere bocciata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. 
Il motivo? 
I nostri politici ci hanno messo troppo tempo per riformare il Porcellum.

La storia non è nuova. 
Esattamente dieci anni fa la Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa, ha approvato il “Codice di buona condotta in materia elettorale”. Una serie di linee guida per il legislatore in materia di riforma dei sistemi elettorali. Una su tutti: non cambiare le regole a partita iniziata. «Ciò che è da evitare - si legge su quel documento - non è tanto la modifica della modalità di scrutinio, poiché quest'ultimo può sempre essere migliorato; ma la sua revisione ripetuta o che interviene poco prima dello scrutinio (meno di un anno). Anche in assenza di volontà di manipolazione, questa apparirà in tal caso come legata ad interessi congiunturali di partito».



Fin qui nulla di grave. Anche perché in Italia non siamo mai stati troppo attenti a questa indicazione. Mai cambiare la legge elettorale nell’anno precedente il voto? Da noi è la prassi il contrario. ll Porcellum è stato approvato nel dicembre 2005 a soli quattro mesi dall’apertura dei seggi. La legge Mattarella, nel 1993, solo sette mesi prima. Con buona pace del deputato radicale Maurizio Turco che da metà settembre è in sciopero della fame per richiamare l’attenzione sulla vicenda.



Da oggi, però, il monito del Consiglio d’Europa si fa più severo. Proprio richiamandosi alla Commissione di Venezia, lo scorso 6 novembre la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Bulgaria. Riconoscendo - relativamente al voto del giugno 2005 - una violazione dell’articolo 3 del protocollo n.1 (diritto a libere elezioni) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La sentenza fa seguito al ricorso del partito Ekoglasnost, un movimento politico bulgaro escluso dalla tornata elettorale di sette anni fa. Non si tratta di una realtà minore: Ekoglasnost, come spiega la Corte europea dei diritti dell’uomo, è stato fondato nel 1990 e ha presentato candidati in tutte le elezioni bulgare dal 1990 al 2001. Eleggendo parlamentari in tre occasioni.



Eppure nel 2005 la Commissione elettorale centrale di Sofia ha escluso il movimento dalla competizione. Motivo: all’atto della presentazione delle liste mancavano tre documenti: la certificazione del pagamento di un deposito elettorale di circa 10mila euro, l’attestazione di una verifica contabile dei propri bilanci e cinquemila firme a sostegno della candidatura. Una nuova procedura burocratica, introdotta poco prima della data del voto.



La Corte europea dei diritti dell’uomo dà ragione a Ekoglasnost. «Il periodo di un anno - si legge nel dispositivo - richiesto dalla Commissione di Venezia per l’adozione di sostanziali modifiche alla legge elettorale non è stato osservato». Chissà cosa pensano di noi i giudici di Strasburgo. In Italia, a cinque mesi dal voto, non sappiamo neppure con quale legge andremo a votare. 

fonte: di Marco Sarti

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