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mercoledì 21 novembre 2012

L'ALCOA POTEVA ESSERE SALVATA


Tutto è in rovina, un intero tessuto sociale è stato spazzato via e non ha le armi strategiche per ribellarsi ma ha il cuore per protestare. 
Eppure i vertici sapevano tutto e hanno lasciato che i grandi interessi di pochi avessero la precedenza sugli interessi di tutti.






Vi racconto una storia: subito dopo le passate elezioni regionali, un gruppo di politici e dirigenti sardi venne a Roma da un centro di analisi strategica per capire quali fossero gli scenari socio-industriali. Avevano ben chiaro il fatto che il costo dell'energia sarebbe stato determinante per il futuro dell'Alcoa, delle miniere e dell'intera politica industriale dell'isola e volevano un supporto nell'elaborazione di scenari alternativi. Con la voglia di far parte del cambiamento e senza incarichi ufficiali, un gruppo di esperti si mise all'opera e cercò un modo per favorire il passaggio dalla logica centralizzata ad una distribuita ma basata su comuni interessi e che potesse avere benefici sia nell'immediato che nel medio periodo.

Questo gruppo analizzò la imminente deindustrializzazione dei grandi gruppi da unapoteva essere salvata:  parte, l'aumento delle spese per energia (da quella elettrica a quella dei trasporti) che avrebbe modificato le dinamiche familiari. Ma analizzò anche i punti di forza su cui costruire uno scenario alternativo. In Sardegna vi era anche un interessante know how disponibile e diffuso sulle reti informatiche sul quale si poteva immaginare qualcosa di diverso. Nelle università sarde ci sono oggi i massimi esperti di reti e di motori elettrici stimati da tutto il mondo.

Una delle prime idee elaborate era un piano di riqualificazione energetica distribuito, ma che dovesse interessare interi paesi. Li avevano chiamati "Comuni in Classe A" (www.classATown.org) dall'idea che tutte le case dovessero essere riqualificate energeticamente contemporaneamente in classe A. L'idea era stata mutuata da un piccolo paese scozzese in cui tutto il patrimonio edilizio era stato oggetto di intervento. Tutto questo ovviamente molto prima del piano casa e di altre leggi inapplicabili perché troppo complesse, ed anche prima che la grande crisi facesse collassare la situazione della micro imprenditorialità locale.

Intervenire su un intero paese con un piano di autofinanziamento basato sulle energie rinnovabili e sui certificati bianchi (gli incentivi che si danno per l'efficienza energetica) significava mettere a lavorare migliaia di piccole imprese, di grandi e piccoli professionisti nell'immediato. Nel medio termine, poi, significava alleggerire le spese energetiche delle famiglie e rendere competitive tutte le micro strutture ricettive che potevano offrire elevato confort sostenibile a costo praticamente invariato. Un altro vantaggio nel medio termine sarebbe derivato dal fatto che l'esperienza pionieristica condotta sui comuni sardi poteva essere esportata favorendo la crescita delle imprese locali.

Il piano era complesso, nel senso che l'idea era basata sulla distribuzione di sapere e conoscenze ingegneristiche fra le persone, rendendole semplici da applicare in modo da favorire la diffusione della conoscenza. Si sa che l'apprendimento è un atto volontario, ma il piano era corroborato da esperti di scienze cognitive. D'altra parte il piano era stato studiato anche sociologicamente in modo che le persone si sentissero cool e smart nell'aderire ad un tale programma. La scelta sarebbe stata volontaria per cui bisognava incidere sul desiderio di ognuno di apparire come il migliore all'interno del suo microcosmo sociale, e arrivare ad attivare un processo di emulazione. Tutto studiato dalla BET – Behavioural Economic Theory che analizza il modo in cui la tecnologia si diffonde all'interno della società.

Per questo all'interno del gruppo di analisti c'erano figure esperte in diversi settori, dalla sociologia all'ingegneria, dalla finanza alla esperienza di impresa. Queste classi dirigenti sarde presero l'idea (o forse "rubarono" l'idea anche approfittando di problemi di salute di alcuni membri del team) e cercarono di realizzarla da soli. Ma non si può prendere una idea e metterla nella testa di un altro! Non funziona! Allora aggiunsero all'idea una parte complessa riguardante la CO2 e resero la strategia comprensibile solo dai grandi gruppi e da chi volesse fare speculazione sull'energia rinnovabile e non avviare un cambiamento. Il fallimento era scritto già nel modo stesso e nel linguaggio in cui era stato elaborato un piano che originariamente era diretto alle persone.

Il gruppo di analisti si sciolse, ma subito dopo sui giornali comparve la storia della P4 e dei grandi appalti sulle energie e si capì il fallimento del sogno di contribuire al rilancio della Sardegna ancora prima che la crisi compromettesse questo sogno. Il governo regionale cercò di ripulire la sua immagine con piani di energia distribuita ma la verità è sotto gli occhi di tutti e non servono altre parole.

Oggi quei piani sarebbero irrealizzabili perché sono totalmente cambiate le condizioni al contorno. Ma questi governanti/satrapi continuano a non vedere il presente e si affidano a grandi gruppi sperando in miracoli che non possono venire, o che potranno essere colti solo da pochi. O forse non sanno proprio vedere la realtà! Cari amici sardi, alzate il vostro sguardo, disegnate il vostro futuro e lavorate insieme per realizzarlo. Non aspettatevi nulla da questi piccoli marpioni autoreferenziali, il mondo a cui appartengono sta collassando, ma loro sembrano non accorgersene.

di Claudia Bettiol
fonte: Tiscali

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