non c’è più niente da fare (almeno per questo giro)
Diversi amici e compagni mi sollecitano un parere su cosa dovrebbe fare la sinistra radicale in vista delle elezioni. Risposta semplice: nulla e passare la mano. Infatti, almeno per questo giro, non c’è nulla da fare, la sinistra radicale si è suicidata: non si possono perdere 4 anni e 10 mesi e pretendere di risolvere tutto con un tentativo degli ultimi due mesi, siamo seri! Iniziamo da Vendola: la scelta di sottoscrivere l’alleanza con il Pd si è risolta nel disastro che era stato facile prevedere. Nichi, che due anni fa di questi tempi, sognava di arrivare primo in elezioni primarie della sinistra (e forse avrebbe potuto anche farcela) non è arrivato neppure al secondo turno, surclassato da Renzi che ha preso il doppio dei suoi voti. Per cui, l’alternativa a Bersani non era alla sua sinistra ma alla sua destra ed a Nichi non resta che fare la ruota di scorta di un Pd esplicitamente orientato a mantenere la linea fallimentare del rigore montiano. Vendola avrebbe potuto essere il punto di riferimento di una nuova aggregazione di sinistra che incidesse sin dentro il Pd, ma ha buttato dalla finestra questa occasione, limitandosi ad una esasperata esposizione narcisistica della sua persona ed impedendo a Sel di diventare una forza politica con un suo insediamento e strutturazione. Ha preferito tenerla come sorta di comitato elettorale aggiuntivo alle famose “fabbriche di Nichi” di cui non si ricorda più nessuno. Non ha detto una sola parola sensata sulla crisi ed ha svolazzato su tutti i temi senza approfondirne nessuno, da vero poeta. Bene: che faccia il poeta.
Qualcuno mi dirà: “Ma se Vendola aveva la possibilità di fare il polo della sinistra radicale, perché non lo hai appoggiato e sei rimasto in Rifondazione?” Risposta: perché, conoscendolo da quando aveva 17 anni, sapevo che l’esito sarebbe stato questo, perché non avrebbe retto una prova di quel livello. Poi Nichi ha preso la scivolata finale con questa disastrosa virata verso il Pd il cui esito gli era stato preannunciato da molti. Intendiamoci: Sel, grazie al Porcellum entrerà in Parlamento perché gli basterà il 2%, ma il peso politico sarà nullo. C’è un’unica possibilità che pesi qualcosa: che Renzi esca dal partito e passi con il centro. Diversamente il percorso verso il nulla politico è già segnato.
L’Idv, se si può considerarla una forza di sinistra radicale (del che dubiteremmo) è finita schiacciata fra l’ipotesi del voto utile al Pd e l’onda montante grillina, d’altra parte, con un Berlusconi ridotto a macchietta politica priva di qualsiasi possibilità di successo, Di Pietro che cosa ha da dire? E la formula del partito “patrimonio personale” del leader regge solo fino ad un certo punto ed, in questo caso, è arrivato al capolinea (ci pensi Grillo che si è messo su questa stessa strada e con maggior determinazione ancora).
E veniamo a Rifondazione che, pure, una occasione di rilancio molto seria l’ha avuta fra il 2008 ed il 2009, quando la crisi ha gonfiato le vele di quasi tutti i partiti di sinistra radicale in Europa (dalla Grecia alla Spagna, dalla Francia alla Germania, dall’Islanda al Portogallo) e, peraltro, quando ancora aveva più forza organizzativa di Sel. Ma Rifondazione ha preferito affidarsi al gruppo dirigente più impresentabile della storia del movimento operaio, capeggiato dall’alfabetizzato recente Paolo Ferrero.
All’inizio c’è stato un fuoco pirotecnico di trovate che possiamo aulicamente definire “cazzate col botto” (la michetta ad 1 euro, il populismo di sinistra, la rete dei dentisti compagni), dopo semplicemente il nulla. Nessuna iniziativa politica autonoma, nessuna analisi della crisi, nessuna trovata propagandistica in grado di spezzare la coltre di silenzio che avvolgeva il partito. Poi, giusto per salvare il cadreghino di un po’ di funzionari nullafacenti, la trovata “astutissima” della federazione con il PdCI, fatta solo per evitare una unificazione che, sospettava il callido Ferrero, avrebbe potuto portare ad un accordo fra il PdCI e la corrente di Grassi che lo avrebbe deposto eleggendo Diliberto. Meglio fare una falsa unificazione con una federazione fra microbi (e, tanto per fare scena e dire che c’era almeno un altro, ci si è inventato il Partito del Lavoro di Salvi e Patta che, si e no, avrà 300 iscritti in tutta Italia). Risultato: l’ultimo Comitato nazionale della Federazione della Sinistra si è concluso, come era prevedibile, con la sostanziale divisione della Federazione: i comunisti Italiani di Diliberto e il gruppo di Salvi vanno con Sel-Pd per rimediare qualche parlamentare.
Ovviamente il PdCI si riduce a fare il cespuglio del cespuglio e Rifondazione resta sola, prevedibilmente con uno scarso 1% se si presentasse con il suo simbolo ed uno 0.6%-0,7% che la seguirebbe se si presentasse in accordo con altri. Di fatto la possibilità di rieleggere qualche deputato di Rifondazione (assicurando al segretario del partito ed a qualche suo amico la sospirata pensione) sono affidate solo alla munificenza di qualcuno (Vendola, il Pd, Grillo) che per quel rachitico 0,7% dovrebbe regalare due o tre seggi. Il guaio è che non c’è traccia di questo Babbo Natale: Grillo non ci pensa neppure, il Pd ha i suoi guai , Vendola preferirebbe fidanzarsi con la Santanchè piuttosto che concedere qualcosa a Ferrero…
Resta un’ipotesi: la lista arancione di De Magistris sulla quale, però, conviene fare qualche ragionamento. Di generali ce ne sono molti: dallo stesso De Magistris a Paolo Flores, da Gallino ad Ingroia (che, però, mi sembra giustamente molto cauto sull’idea di candidarsi), dagli esponenti dei No Tav a quello de No Dal Molin, più una serqua di presidenti e vice presidenti di associazioni e movimenti. Ma i soldati ci sono? Vediamo: De Magistris è un fenomeno essenzialmente locale, che potrebbe portare qualche decina di migliaia di voti a Napoli (ma non ne sono affatto sicuro, anche per come stanno andando le cose della sua giunta). Ingroia è un nome importante che potrebbe drenare un po’ di voti Idv in libera uscita soprattutto se della partita fosse anche Di Pietro (nella migliore delle ipotesi non credo andremmo oltre i 200.000 voti ex Idv). I movimento No Tav e No Dal Molin già in passato si sono misurati in elezioni locali (per lo più nelle liste della FdS) ma si è trattato di alcune migliaia di voti concentrati nelle loro zone. Alba è un gruppo in cui militano molti prestigiosissimi intellettuali (come Gallino del quale ho massima considerazione) ma non credo che metta insieme mille voti in tutta Italia e quanto al mare di associazioni, circoli, movimenti credo che siano più le sigle che i voti. Per di più, voi pretendete che questa lista raccolga messe di voti con un nome ed un simbolo che non ci sono ancora a tre quattro mesi dal voto (ma l’esperienza di Nuova Sinistra Unita nel 1979 e di Sinistra Arcobaleno nel 2008 non vi dice niente?). Forse, mettendo insieme Rifondazione e con un po’ di fortuna, potrebbe sfiorare il 2-2,5% dei voti. E qui si pone un problema: la soglia del 4% per andare da soli è esclusa, per cui la lista arancione dovrebbe entrare nella coalizione di centro sinistra (con tanti saluti al “quarto polo” perché al massimo di tratterebbe della “terza lista” del “primo polo”). Ma in coalizione con il Pd quanti voti perderebbe Rifondazione strada facendo? Insomma sulla possibilità che una lista così entri in Parlamento potrei scommetterci anche mezzo euro, ma già uno intero mi sembrerebbe uno spreco. Qualcosa in più potrebbe ottenere un accordo fra Sel e gli “arancioni” ma perché mai Vendola dovrebbe spartire il suo –ormai magro- gruzzolo elettorale con altri?
Ma poi, per fare che? Se anche la lista raggiungesse l’agognato traguardo mandando a Montecitorio una quindicina di deputati, questo servirebbe a rimettere in circolazione lo stesso indecente ceto politico che regge le sorti della sinistra radicale da 20 anni e che ci ha ridotti in queste condizioni. Al massimo in compagnia di qualche nome nuovo forse più decente ma che da solo non potrebbe far nulla. Vale la pena? A me sembra che l’unica buona notizia sarebbe la scomparsa dalla scena politica di questi personaggi, che non hanno la decenza di ritirarsi neppure ora dopo tutti i disastri combinati. Ferrero e compagni possono aprire la bocca solo per dire “Ci vergogniamo profondamente , cercate di dimenticarci”.
Piaccia o no, spazio politico della protesta antisistema è totalmente presidiato da Grillo e dai suoi. Mi spiace ma non c’è più niente da fare. E poi questo metodo di fare prima la lista e dopo il soggetto politico non mi convince, proviamo a fare il contrario: prima il soggetto politico e poi la lista che chiede consensi da rappresentare. Una volta, a sinistra, si faceva così, perché non rimettiamo in piedi la sinistra radicale iniziando dalla definizione del soggetto politico e dalla sua pratica delle lotte sociali? Dopo penseremo al Parlamento.
Aldo Giannuli
Qualcuno mi dirà: “Ma se Vendola aveva la possibilità di fare il polo della sinistra radicale, perché non lo hai appoggiato e sei rimasto in Rifondazione?” Risposta: perché, conoscendolo da quando aveva 17 anni, sapevo che l’esito sarebbe stato questo, perché non avrebbe retto una prova di quel livello. Poi Nichi ha preso la scivolata finale con questa disastrosa virata verso il Pd il cui esito gli era stato preannunciato da molti. Intendiamoci: Sel, grazie al Porcellum entrerà in Parlamento perché gli basterà il 2%, ma il peso politico sarà nullo. C’è un’unica possibilità che pesi qualcosa: che Renzi esca dal partito e passi con il centro. Diversamente il percorso verso il nulla politico è già segnato.
L’Idv, se si può considerarla una forza di sinistra radicale (del che dubiteremmo) è finita schiacciata fra l’ipotesi del voto utile al Pd e l’onda montante grillina, d’altra parte, con un Berlusconi ridotto a macchietta politica priva di qualsiasi possibilità di successo, Di Pietro che cosa ha da dire? E la formula del partito “patrimonio personale” del leader regge solo fino ad un certo punto ed, in questo caso, è arrivato al capolinea (ci pensi Grillo che si è messo su questa stessa strada e con maggior determinazione ancora).
E veniamo a Rifondazione che, pure, una occasione di rilancio molto seria l’ha avuta fra il 2008 ed il 2009, quando la crisi ha gonfiato le vele di quasi tutti i partiti di sinistra radicale in Europa (dalla Grecia alla Spagna, dalla Francia alla Germania, dall’Islanda al Portogallo) e, peraltro, quando ancora aveva più forza organizzativa di Sel. Ma Rifondazione ha preferito affidarsi al gruppo dirigente più impresentabile della storia del movimento operaio, capeggiato dall’alfabetizzato recente Paolo Ferrero.
All’inizio c’è stato un fuoco pirotecnico di trovate che possiamo aulicamente definire “cazzate col botto” (la michetta ad 1 euro, il populismo di sinistra, la rete dei dentisti compagni), dopo semplicemente il nulla. Nessuna iniziativa politica autonoma, nessuna analisi della crisi, nessuna trovata propagandistica in grado di spezzare la coltre di silenzio che avvolgeva il partito. Poi, giusto per salvare il cadreghino di un po’ di funzionari nullafacenti, la trovata “astutissima” della federazione con il PdCI, fatta solo per evitare una unificazione che, sospettava il callido Ferrero, avrebbe potuto portare ad un accordo fra il PdCI e la corrente di Grassi che lo avrebbe deposto eleggendo Diliberto. Meglio fare una falsa unificazione con una federazione fra microbi (e, tanto per fare scena e dire che c’era almeno un altro, ci si è inventato il Partito del Lavoro di Salvi e Patta che, si e no, avrà 300 iscritti in tutta Italia). Risultato: l’ultimo Comitato nazionale della Federazione della Sinistra si è concluso, come era prevedibile, con la sostanziale divisione della Federazione: i comunisti Italiani di Diliberto e il gruppo di Salvi vanno con Sel-Pd per rimediare qualche parlamentare.
Ovviamente il PdCI si riduce a fare il cespuglio del cespuglio e Rifondazione resta sola, prevedibilmente con uno scarso 1% se si presentasse con il suo simbolo ed uno 0.6%-0,7% che la seguirebbe se si presentasse in accordo con altri. Di fatto la possibilità di rieleggere qualche deputato di Rifondazione (assicurando al segretario del partito ed a qualche suo amico la sospirata pensione) sono affidate solo alla munificenza di qualcuno (Vendola, il Pd, Grillo) che per quel rachitico 0,7% dovrebbe regalare due o tre seggi. Il guaio è che non c’è traccia di questo Babbo Natale: Grillo non ci pensa neppure, il Pd ha i suoi guai , Vendola preferirebbe fidanzarsi con la Santanchè piuttosto che concedere qualcosa a Ferrero…
Resta un’ipotesi: la lista arancione di De Magistris sulla quale, però, conviene fare qualche ragionamento. Di generali ce ne sono molti: dallo stesso De Magistris a Paolo Flores, da Gallino ad Ingroia (che, però, mi sembra giustamente molto cauto sull’idea di candidarsi), dagli esponenti dei No Tav a quello de No Dal Molin, più una serqua di presidenti e vice presidenti di associazioni e movimenti. Ma i soldati ci sono? Vediamo: De Magistris è un fenomeno essenzialmente locale, che potrebbe portare qualche decina di migliaia di voti a Napoli (ma non ne sono affatto sicuro, anche per come stanno andando le cose della sua giunta). Ingroia è un nome importante che potrebbe drenare un po’ di voti Idv in libera uscita soprattutto se della partita fosse anche Di Pietro (nella migliore delle ipotesi non credo andremmo oltre i 200.000 voti ex Idv). I movimento No Tav e No Dal Molin già in passato si sono misurati in elezioni locali (per lo più nelle liste della FdS) ma si è trattato di alcune migliaia di voti concentrati nelle loro zone. Alba è un gruppo in cui militano molti prestigiosissimi intellettuali (come Gallino del quale ho massima considerazione) ma non credo che metta insieme mille voti in tutta Italia e quanto al mare di associazioni, circoli, movimenti credo che siano più le sigle che i voti. Per di più, voi pretendete che questa lista raccolga messe di voti con un nome ed un simbolo che non ci sono ancora a tre quattro mesi dal voto (ma l’esperienza di Nuova Sinistra Unita nel 1979 e di Sinistra Arcobaleno nel 2008 non vi dice niente?). Forse, mettendo insieme Rifondazione e con un po’ di fortuna, potrebbe sfiorare il 2-2,5% dei voti. E qui si pone un problema: la soglia del 4% per andare da soli è esclusa, per cui la lista arancione dovrebbe entrare nella coalizione di centro sinistra (con tanti saluti al “quarto polo” perché al massimo di tratterebbe della “terza lista” del “primo polo”). Ma in coalizione con il Pd quanti voti perderebbe Rifondazione strada facendo? Insomma sulla possibilità che una lista così entri in Parlamento potrei scommetterci anche mezzo euro, ma già uno intero mi sembrerebbe uno spreco. Qualcosa in più potrebbe ottenere un accordo fra Sel e gli “arancioni” ma perché mai Vendola dovrebbe spartire il suo –ormai magro- gruzzolo elettorale con altri?
Ma poi, per fare che? Se anche la lista raggiungesse l’agognato traguardo mandando a Montecitorio una quindicina di deputati, questo servirebbe a rimettere in circolazione lo stesso indecente ceto politico che regge le sorti della sinistra radicale da 20 anni e che ci ha ridotti in queste condizioni. Al massimo in compagnia di qualche nome nuovo forse più decente ma che da solo non potrebbe far nulla. Vale la pena? A me sembra che l’unica buona notizia sarebbe la scomparsa dalla scena politica di questi personaggi, che non hanno la decenza di ritirarsi neppure ora dopo tutti i disastri combinati. Ferrero e compagni possono aprire la bocca solo per dire “Ci vergogniamo profondamente , cercate di dimenticarci”.
Piaccia o no, spazio politico della protesta antisistema è totalmente presidiato da Grillo e dai suoi. Mi spiace ma non c’è più niente da fare. E poi questo metodo di fare prima la lista e dopo il soggetto politico non mi convince, proviamo a fare il contrario: prima il soggetto politico e poi la lista che chiede consensi da rappresentare. Una volta, a sinistra, si faceva così, perché non rimettiamo in piedi la sinistra radicale iniziando dalla definizione del soggetto politico e dalla sua pratica delle lotte sociali? Dopo penseremo al Parlamento.
Aldo Giannuli
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