Amartya Sen è indiano ma è proprio come ti aspetti debba essere un professore di Cambridge. Del celebre Trinity College è stato rettore fino al 2004 e ora la sua cattedra è al di là dell'oceano, ad Harvard. Elegante e discreto, quasi un Monti dalla pelle di una tonalità appena più scura, con la medesima voce pacata e l'eloquio cristallino di un inglese perfetto.
Premio Nobel per l'economia nel '98, Amartya Sen è a Roma come relatore del Festival delle Scienze che quest'anno ha per tema la Felicità. Apparentemente, non si potrebbe immaginare niente di più lontano dall'economia, ma il tema che ha deciso di trattare è significativo: 'Felicità e disuguaglianze'.
Non può esimersi, il professore dal rispondere a domande che qui da noi sono diventate quasi un mantra preelettorale: davvero destra e sinistra non esistono più?
"Spesso si sente dire oggi che destra e sinistra non abbiano più senso di esistere. Io credo invece che la distinzione esista e sia ancora molto importante per due motivi. La sinistra ha sempre appuntato la sua azione sulla soppressione delle disuguaglianze, sull'equità sociale. La destra ha sempre difeso i diritti alla proprietà, mentre ora si concentra più sulla tematica del liberismo. Io mi colloco sul versante della sinistra ma credo che l'attenzione alla libertà del mercato sia importante anche da parte della sinistra. Le distinzioni tuttavia permangono valide per gli obiettivi perseguiti e, soprattutto, per quella che è la concezione dello Stato. La destra è ostile all'intervento statale in economia (in USA ma anche in Europa), anche se in passato il pensiero di destra ha sempre sostenuto più mercato, meno Stato. E' vero che oggi le distinzioni sono più sfumate, ma credo che sia importante studiare sia i programmi delle destre che delle sinistre. Trovo invece piuttosto deprimente che nel vostro Paese, che ha dato i natali a Gramsci, non si trovi da anni una agenda della sinistra, riconoscibile come tale, un programma che sia davvero di sinistra".
Cosa è andato storto nell'Unione Europea? Cosa si potrebbe fare per risolvere i suoi problemi? Dal lontano 2011 il professor Sen ammonisce nei suoi articoli i difetti della politica e dell'economia del nostro Continente. Ecco i titoli: 'Non solo l'Euro: anche la democrazia è in pericolo' (The Guardian 22 maggio 2011); 'La crisi della democrazia europea' (New York Times, 22 maggio 2012); 'Europa, va' a scuola da Keynes' (La Repubblica, 15 giugno 2012) e, per finire, 'Cosa è successo all'Europa?' (The New Republic, 2 agosto 2012). Come in tutti i suoi articoli, la Cassandra indiana profetizza sventura per la politica economica decisa dall'Europa.
"Una delle cose che l'economia ci insegna è che se provi una certa manovra e non funziona, la riprovi e non funziona, forse si dovrebbero provare strade alternative e non continuare nell'errore. Allora, mi sembra che tutte queste politiche di austerità siano fallimentari. Anziché risollevare l'economia italiana ed europea, le stanno sempre più affossando. Tempo fa mi sono arrivate in sequenza due telefonate. Una dall'India mi diceva: 'ha visto che brutti dati per l'economia indiana? Il nostro tasso di crescita annuo si fermato solo al 6%!'. Poco dopo, ricevo un'altra telefonata da un giornalista francese tutto esaltato perché il tasso di crescita europeo, per la prima volta, nel 2012 aveva superato di poco lo zero. Se siamo arrivati a doverci rallegrare per una notizia del genere, mi sembra che abbiamo davvero un problema!"
"L'austerità non funziona neanche in paesi come la Germania. Le politiche deflazionistiche danneggiano il paese dove sono adottate ma anche gli altri perché si riducono le importazioni da altri paesi. La crescita tedesca ora è negativa. E badate che le mie non sono idee nuove, ma quelle classiche di Keynes. Non vedere che queste politiche europee non funzionano è un grave errore. Lo sa bene l'Italia che ha adottato politiche economiche che definirei semplicemente sciocche".
"Vedo che il problema è sempre più endemico. Manca una voce politica ragionata che vada contro il consensus che pervade i leader politici e finanziari della UE. Occorre una alternativa per controbattere questo consenso. Io non mi occupo di Europa, vivo ad Harvard, in America ma, se me ne occupassi, direi che occorre una dichiarazione pan-europea. L'Europa ha bisogno di riforme economiche sulle pensioni ed altri settori ma non di politiche di austerità. Ormai la gente tende a confondere le due cose. Ci vuole un programma per tutta l'Europa che contrasti questa concezione, ma purtroppo io non lo vedo".
E' per questo che lei è anche contrario alla moneta europea?
Sono contrario all'Euro, ma non come principio. Doveva venire dopo una integrazione politica e fiscale. Era poi quello che volevano negli anni 40 a Ventotene. Iniziare con l'unione monetaria è stato del tutto sbagliato. I paesi perdono il controllo sulla moneta senza un fisco comune e questo crea tensioni tra vari paesi come vediamo oggi che i paesi più forti sono tutti ostili alla Grecia.
La socialità online può dare la felicità?
"Io non sono su Facebook, non mi interessa, ma un paio di anni fa un amico, a Sabaudia, mi ha fatto vedere un profilo mio nel quale avevo più di 400 mila fan! E rispondevo alle mail personalmente. E' stato buffo perché mi ha detto che da quello che coscrivevo gli sembrava che mi stavo spostando su posizioni un po' reazionarie! Ci sono voluti diversi articoli sui giornali e una minaccia di denuncia per convincere l'usurpatore a cancellare la pagina!"
In questo caso, la Rete non è stata fonte di grande felicità, almeno per il professor Sen. Ma, insomma, dove si trova allora la felicità?
"Il punto è che la valutazione di ciò che è e di quanta sia la felicità è una valutazione di carattere complesso. Già Aristotele quando parla di 'Eudamonia', tradotto in italiano con felicità, descrive ciò che fa della vita una vita che valga la pena vivere. Quindi ci sono molti modi per rendere tale la vita, compresa la libertà umana della quale, secondo il pensiero gramsciano, la disoccupazione è la negazione. Se poi uno si deprime o no in questa situazione è secondario. Economia e felicità secondo me, come secondo Gramsci, non si possono separare. Dico che oggi l'Europa è un posto infelice a causa della sua situazione economica. L'Italia, purtroppo non fa eccezione".
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