di Anna Ryden
Tabelle e grafici vanno certo usati con parsimonia e, quel che più conta, sempre interpretati e confrontati. Alcune volte però essi parlano da soli. E' il caso di quelli che visualizzano l'andamento della bilancia dei pagamenti [1], che registra le transazioni e gli scambi di un paese con gli altri. In particolare segnaliamo ai lettori la Tabella n.4, che mostra quale spinta diede la svalutazione della lira del 1992 alle esportazioni italiane e il loro crollo con l'adozione dell'euro.
Tabella n.1: La bilancia commerciale italiana dopo l'adozione dell'euro.
Tabella n.2: il confronto tra Italia e Germania
Mario Draghi è molto contento. La bilancia commerciale dell'Italia, ha affermato giorni addietro, è migliorata del 21% dal 2009 ad oggi. E sono previsti ulteriori miglioramenti per il 2013. [2] La verità però è che l'Italia presenta una bilancia commerciale pessima e il trend è al ribasso [vedi tabella n.1]. Dal 2000 al 2012 mancano quasi 100 miliardi di euro cumulativi. Tutto punti PIL che si spostano all'estero. La più grande colpa della bilancia negativa è del più grande mercato dell'Italia, la Germania. [Vedi Tabella n.2] Perché la Germania non è solo il più grande mercato per l'esportazione, ma soprattutto è il paese dal quale l'Italia importa di più in assoluto. E facendo una semplice somma del disavanzo della bilancia siamo per il 2011 a -137.000.000.000. -137 miliardi di euro.
Cioè un anno dopo l'entrata di Italia nell'Euro l'equilibrio commerciale con la Germania che in qualche modo durava dal 1971 si è interrotto. Praticamente da subito c'è stato un divario che non si è più chiuso. Questo potrebbe dipendere da una produzione industriale tedesca tanto più importante di quella italiana. Oppure potrebbe essere il risultato di un euro che in 12 anni non è riuscito a diventare una sola valuta, in combinazione con tassi d'interesse tedeschi sbagliati.
Tabella n.3: il confronto con la Francia (clicca per ingrandire)
Quindi il paese che sta drenando l'Italia (tramite gli interessi sulle spese primarie) negli ultimi dieci anni è anche riuscito a esportare merci verso l'Italia per 137 miliardi in più rispetto al valore dell'export italiano verso la Germania. Il partner migliore dell'Italia in Europa invece è la Francia. [Vedi Tabella n.3] La Francia importa dal 1993 più di quanto esporta l'Italia. Purtroppo quei 85 miliardi cumulativi non mitigano tanto la situazione. Una bilancia commerciale negativa non è niente di nuovo per l'Italia. Secondo i dati Istat è dall'immediato dopoguerra che i numeri non sono blu, tranne per il decennio 1993 - 2003. [Vedi tabella n.4] Ma quel simpatico successo decennale non è bastato per migliorare a lungo termine l'economia del paese.
Come mostra la Tabella n.1, il netto cumulativo delle esportazioni meno le importazioni è quasi a un negativo di 100 miliardi di euro. Tre anni dopo l'entrata dell'Italia nell'Euro la bilancia è diventata di nuovo negativa, e sono bastati altri due anni per portare il cumulativo in zona rossa. Guardando questi numeri non si vede assolutamente nessun vantaggio per l'Italia di far parte dell'Euro. In più Italia è uno dei maggiori contribuenti alla UE. Tiene in piedi la burocrazia con un bel disavanzo di circa 6 miliardi di euro all'anno.
E come si sa, una baracca deve crollare prima che sparisca la burocrazia, siamo quindi di fronte a un costo che può solo aumentare. I burocrati a Bruxelles non permetterranno mai un ridimensionamento naturale del loro organismo. Sarebbe meglio non far parte dell'euro, e forse neanche della UE, e creare una Unione Mediterranea, Spagna, Francia, Italia, Portogallo, Croazia, Slovenia e Grecia. Agricoltura con le stesse premesse, grandissima moda, grandissimo turismo, grandissimi vini, stesse problematiche energetiche, e poi una linea di confine ininterrotta verso sud e verso nord».
Note
[1 Fino al 1999 la bilancia dei pagamenti era comunemente chiamata "bilancia commerciale". In quell'anno l'Italia adottò i criteri di calcolo decisi dalla Bce e dalll'Eurostat, in base al Manuale di bilancia dei pagamenti redatto dal Fmi. Le tabelle che l'articolo mostra vengono tutte da Eurostat.
[2] Dichiarazione e di Mario Draghi nel corso dell'audizione al parlamento europeo del 16 dicembre 2012
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