Non guasterebbe «qualche contenuto che non sia proprio aria fritta», scrive Giannuli nel suo blog: «Non basta dirsi “contro Monti”, vorremmo anche sapere qualcosa di più su cosa significa questa proclamazione». Ovvero: cosa si pensa «sulla permanenza nell’euro, su come gestire il debito pubblico, sulla patrimoniale, sul fisco, sulle politiche occupazionali».
Analista politico, storico della strategia della tensione e consulente giudiziario su alcune delle pagine più buie della “notte della Repubblica”, tra servizi segreti e depistaggi, Giannuli restringe il campo della scelta elettorale, eliminando subito la coalizionePd-Sel, «sempre più “montiana” e spostata al centro». Dolenti note anche sul “Movimento 5 Stelle”, pure seguito a lungo con la massima attenzione, e senza preclusioni. «Avevo espresso dei dubbi sull’inconsistenza programmatica e sulla preoccupante assenza di democrazia», ricorda Giannuli, che ora si dichiara «terrorizzato» da alcune risposte dei suoi corrispondenti “grillini”, «dalle quali si capisce che si è perso completamente il senso delle cose e non si sa più né cosa sia un programma politico (al punto di scambiare per tale un documentino che non dice una parola sulla politica estera, sulla politica monetaria, sulle riforme istituzionali, sull’immigrazione), né cosa sia la democrazia interna (al punto di ritenere che la questione sia solo una “bufala mediatica” perché, evidentemente sembra normale che ci sia un partito-proprietà privata “e chi non è d’accordo può anche andarsene”)».
E mentre Grillo “apre” persino ai “neofascisti” di Casa Pound, Giannuli li avverte: «Occorre che si aprano alla discussione, piantandola con l’aria da samurai anti-regime che dispensano lezioni a destra e a manca: questa sterile autocelebrazione non serve a nulla ed è vagamente comica». In attesa che Grillo si decida a dire qualcosa di utile per il paese, per l’elettore-Giannuli «le opzioni in campo restano due: arancioni o dispersione del voto», scartando l’astensione pura e semplice. Sul gruppo Ingroia, “Rivoluzione civile”, Giannuli non scioglie la riserva: «Devo prima vedere cosa offre», al di là del ritornello sulla trasparenza e sulla lotta alla mafia. Pesanti zavorre: la ricandidatura della mini-casta “arcobaleno”, che va da Ferrero e Diliberto fino al verde Bonelli, con l’aggiunta di Di Pietro. «Posso persino sopportare un tangentista, ma un incapace fallito no», sentenzia Giannuli: «Mica vero che per andare in Parlamento non servano competenze specifiche e basti essere onesti».
Sottinteso: Rifondazione, Verdi, Pdci e Idv (o quel che ne resta) hanno tutto il diritto di essere rappresentati, purché attraverso «un materiale umano più accettabile». Non ce l’hanno? Allora, «lascino perdere e si accontentino di essere rappresentati dagli altri». No-Monti, d’accordo: ma, in concreto, quali sono le ricette alternative, anti-montiane, per liberare gli italiani dalla morsa della recessione e dal disastro politico-economico? «Degli slogan non sappiamo che farcene, quindi vediamo se esce qualcosa di più serio». Per il momento, Giannuli resta «in attesa di vedere che piatto mi portano in tavola Ingroia e i suoi amici: se è almeno passabile si può fare, ma se è una brodaglia riscaldata preferisco saltare il pasto».
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