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sabato 24 agosto 2013

NEGLI USA L'UNIVERSITA' SI PAGHERA' CON LO STIPENDIO FUTURO

Una piccola rivoluzione che potrebbe essere un valido spunto anche per l’Italia di oggi. Nell’Oregon, estremo nord ovest degli Stati Uniti, per la prima volta nella recente storia americana, è stato votato un provvedimento per riformare l’attuale sistema universitario. Il disegno di legge si chiama Pay it Forward, Pay it Back e garantirebbe agli studenti un accesso del tutto gratuito al college. In cambio gli universitari, una volta laureati e inseriti nel mercato del lavoro, rimborseranno lo stato pagando il 3 per cento all’anno dei loro stipendi per 24 anni. Sembra tanto, ma in America non lo è. Prendiamo a esempio una studentessa di contabilità. Se preventiviamo il suo stipendio in 40 mila dollari all’anno dovrà pagare contributi per 1,200 dollari: un totale di 32 mila dollari su 24 anni (in termini reali e assumendo un incremento della remunerazione in linea con il tasso di inflazione). Una cifra del tutto paragonabile al costo di un college senza però quell’ansia che deriva dal dover pagare tutto subito o indebitarsi per farlo, una storia che negli Stati Uniti è fin troppo comune.

Di primo impatto la riforma dell’Oregon pare poco più di una notizia da confinare alle cronache dei giornali locali. Invece, in poche ore, ha fatto il giro dei principali media americani conquistando addirittura la prima pagina del New York Times. L’entusiasmo con cui è stata accolta è sintomo, come sintentizza giustamente la rivista americana The Atlantic, della profonda frustrazione che si respira nel paese per un sistema di istruzione secondaria che ha il triste primato di essere il più costoso al mondo.
Un sistema dove le rette degli istituti più importanti arrivano a superare i 50 mila dollari annui e che ha contribuito a creare mille miliardi di dollari di debito che pesano sulle tasche dei neo-laureati. Una cifra enorme che in assenza di un consolidamento della ripresa economica è destinata a crescere ancora dato che il tasso di interesse sui prestiti governativi agli studenti è appena salito dal 3.4 per cento al 6.8 per cento.

I vantaggi della riforma dell’Oregon non si fermano qui: questo metodo di finanziamento indiretto sussidia in maniera incrociata i diversi corsi di laurea. Oggi infatti, causa cambiamenti tecnologici e terziarizzazione del lavoro, le prospettive di, per esempio, un laureato in filosofia sono molto minori rispetto a quelle, ad esempio, di un ingegnere meccanico. Ma non per questo il primo è meno importante del secondo. Tutt’altro: una società complessa e completa per chiamarsi tale dovrebbe promuovere entrambe le categorie di lavoro. Se però per frequentare una laurea in filosofia bisogna indebitarsi e affacciarsi su un mercato del lavoro risicato gli studenti che sceglieranno questo corso saranno sempre meno. Una trend che creerebbe una società più povera di quella attuale.

Per i suoi promotori, questa iniziativa è anche un valido strumento per combattere le crescenti diseguaglianze economiche legate a un mercato del lavoro sempre più incentrato su capitale umano scientifico. Se per esempio una studentessa di statistica con un lavoro in finanza raggiunge uno stipendio di un 1 milione di dollari all’anno, di questi dovrà pagarne in tasse 30 mila, soldi che potrebbero essere usati per sussidiare gli studenti che hanno scelto di dedicarsi a maniere meno renumerative dal punto di vista finanziario. 

I problemi però non mancano. Se sarà soltanto l’Oregon a riformare il proprio sistema universitario in questa direzione c’è il rischio che tutti quegli studenti sicuri di avere davanti a loro una carriera di successo (economico) andranno a studiare nelle università di altri stati. Se questo accadesse e in Oregon rimanessero soltanto i meno talentuosi (leggi: quelli che un domani guadagneranno meno) le casse dello stato potrebbero risentirne negativamente. L’idea è comunque meritevole anche perché critici e sostenitori sono tutti d’accordo che la situazione attuale dei college americani va cambiata. Dall’Oregon almeno è arrivata una prima valida idea.

Twitter: @albertomucci1

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