Ha aspettato il momento giusto, Dilma Rousseff, la presidente del Brasile, per attaccare Barack Obama sullo spionaggio effettuato dalla National Security Agency ai danni del governo di Brasilia. Rousseff ha infatti chiesto al presidente Usa delle spiegazioni al margine del G20, in Russia, proprio la nazione che, ironia della sorte, ha concesso asilo a Edward Snowden, l'ex agente dell'Nsa che ha rivelato al mondo i metodi di spionaggio dell'agenzia.
"Penso sia molto grave spiare un Paese democratico - ha detto furiosa la presidente brasiliana - È gravissimo spiare la vita privata delle persone, dei cittadini e violare la sovranità di un Paese. Non capisco come si possano rivendicare cose del genere".
Rousseff si è detta pronta a cancellare la visita negli Stati Uniti del 23 ottobre, ma Obama ha rassicurato che entro il prossimo mercoledì 11 settembre le verranno fornite tutte le spiegazioni di cui ha bisogno.
In effetti, Rousseff ha buoni motivi per essere infuriata con Washington: secondo le rivelazioni della "talpa" Snowden il Brasile era il Paese più spiato d'America, vale a dire più della Bolivia di Morales o del Venezuela dell'acerrimo nemico Usa, Chavez. A livello mondiale, invece, Brasilia si aggiudicava il ben poco rassicurante quarto posto, dopo Russia, Iran e Pakistan.
Il segretario di Stato Usa, John Kerry, aveva assicurato che i dati dei cittadini brasiliani non erano mai stati messi sotto osservazione e se è avvenuta qualche violazione, rientrava nelle procedura della lotta al terrorismo. A dare man forte a Kerry, era sceso in campo anche il vicepresidente, Joe Biden, che, nel corso di una riunione con il ministro della giustizia brasiliano, José Eduardo Cardozo, aveva negato qualunque tipo di intromissione Usa nelle comunicazioni brasiliane.
Spiegazioni che, in un primo momento, devono essere sembrate convincenti. Tuttavia, lo scorso due settembre sono stati diffusi nuovi documenti che dimostrerebbero che ad essere messi sotto la lente di ingrandimento della Nsa non erano solo le corrispondente di cittadini, aziende e ministeri, ma persino il telefono della presidente, il suo cellulare e le sue email. Rousseff è stata dura: il governo brasiliano non è disposto a passare sopra una gravissima violazione della sovranità del Paese. Inoltre, in una nota diffusa dal ministro degli Esteri, Luiz Alberto Figueiredo, e da quello della Giustizia, Cardozo, Brasilia ha chiesto una spiegazione per iscritto prima che il Brasile si rivolga ai tribunali internazionali.
L'ira del Brasile giunge nel momento in cui lo scandalo Datagate diventa ancora più grande di quanto già non sia: nuovi documenti rivelano che i servizi segreti di Stati Uniti e Gran Bretagna hanno scardinato i codici criptati di milioni di documenti su internet, compresi email, dati privati e conti bancari.
di Gabriella Tesoro
fonte: IBTimes Italia
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