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sabato 5 ottobre 2013

LA MERKEL FA I CONTI SENZA... IL PARTITO ANTI-EURO

E’ vero, il partito anti-euro ha mancato l’accesso al Parlamento – però l’ha sfiorato, nonostante la brutale interdizione dei media mainstream. L’attuale risultato di “Alternativa per la Germania” non sarebbe preoccupante, per la Merkel, se le prossime elezioni fossero lontane, ma si voterà per il Parlamento Europeo fra appena nove mesi. E anche se l’assemblea di Strasburgo «conta quanto il Ducato di Hannover al Congresso di Vienna», per Aldo Giannuli si tratterà comunque di un test politico della massima importanza: «Uno sfondamento dell’Afd in quella sede (poniamo con un 9-12%) metterebbe rapidamente in crisi l’eventuale governo di larga coalizione che sembra si stia formando». Attenzione: «Se la propaganda Afd dovesse sfondare verso le grandi praterie dell’elettorato democristiano, potrebbe verificarsi un secondo caso M5S a livello europeo». E questa volta «non nella povera e marginale Italia, ma nella ricca e centrale Germania».


La pressante richiesta di sovranità monetaria avanzata da “Alternative für Deutschland”, che considera l’euro un fallimento per Europa, conta sul «persistente e vivace nazionalismo dei tedeschi (che non sono come gli italiani)» e anche sulla la seduzione della “marcia ad est” della Germania. A partire dal risultato del partito di Marcel Fratzscher, Giannuli invita a riconsiderare il risultato delle elezioni tedesche: il successo personale di Angela Merkel non deve trarre in inganno, perché non coincide affatto con un’aspettativa di stabilità. Assorbito l’alleato liberale, la Merkel è costretta a guardare a una Spd indebolita, a sua volta ostile a qualsiasi alternativa e quindi diffidente nei confronti della Linke e dei Verdi, le due formazioni di sinistra uscite entrambe sconfitte dalla tornata elettorale. «Se la Spd si comportasse in modo troppo subalterno alla Cdu, sancirebbe la sua irrilevanza politica». E se invece cercasse spazio provocando continue fibrillazioni nel governo, «la Merkel potrebbe essere tentata da elezioni anticipate che le diano mano libera, facendo fuori gli sgraditi alleati».

Nell’uno e nell’altro caso, conclude Giannuli, le elezioni europee del giugno 2014 daranno indicazioni sul da farsi, e sarà proprio l’andamento della crisi a dettare l’agenda. In altre parole: con queste elezioni politiche la partita tedesca non si è affatto chiusa. Al contrario: si è aperta. Tutti si dicono soddisfatti, compreso Letta, che vede confermata anche a Berlino la via “inevitabile” delle larghe intese come unica forma possibile di governo nell’Europa in crisi. Eppure, stanno tutti barando: dalla Merkel, in realtà preoccupata della misura del suo stesso trionfo che la condanna alla solitudine, fino alla Spd, che vanta una micro-crescita del 2,7 % sul suo peggiore risultato storico. Subito dopo l’unificazione, i socialdemocratici erano al 41%, mentre sono stabilmente al 25%. «Il che significa che la Spd non è più un competitore credibile: al massimo può aspirare ad una grande coalizione con i suoi nemici storici o ad una improbabile alleanza con Verdi e Linke, di cui però non vuol sentir parlare».

Per Giannuli, la Spd è ormai «una formazione sostanzialmente di disturbo», che ricorda tristemente il Pd: è «priva di un programma coerente e significativo, incapace di vincere da sola, incapace di porsi alla testa di una coalizione di sinistra, utile al massimo a frenare la Cdu obbligandola ad una alleanza confusa e disomogenea». E se la Cdu ha raggiunto il suo massimo storico cannibalizzando i liberali, sono in calo – nonostante le apparenze – i tedeschi ancora disposti a votare per il centrodestra: la somma di democristiani e liberali, che nelle elezioni del 2009 dava il 48,8%, ora è 45,5%. Tradotto in seggi, si passa da 332 a 311, nonostante si registri il più alto tasso di voti non rappresentati delle elezioni tedesche. A maggior ragione, è illuminante l’analisi del voto di Afd, forte del 4,7% raggiunto in prima battuta, con meno mezzi dei liberali e avendo contro la stragrande maggioranza dei media, protagonisti di una campagna martellante sul “voto utile”, tesa a convincere i tedeschi che gli anti-euro non avrebbero mai potuto raggiungere il Reichstag. Nonostante ciò, il partito di Fratzscher ha incassato quasi due milioni di voti: 450.000 dai liberali, 360.000 dalla Linke, 300.000 dalla Cdu, 240.000 dall’area dell’astensione e gli altri 500.000 da Spd, Verdi e minori. Dunque, il partito anti-euro è un attrattore che attinge da tutti (destra, sinistra e centro), mostrando «notevoli capacità di espansione soprattutto verso i liberali (che rappresentano un bacino di circa 1.800.000 voti) ma anche verso la Linke (che esce male da queste elezioni e che potrebbe cedere ancora un 10% dei suoi 3 milioni di voti)». Soprattutto, Afd «rappresenta una spina nel fianco della Cdu». E dato che propone un’Europa finalmente democratica, non è affatto escluso che possa compiere un vero e proprio exploit – modello Grillo – già nel prossimo giugno, al Parlamento Europeo.

fonte: Libreidee
1347BCE

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