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venerdì 1 novembre 2013

LA MONETA VIRTUALE PER IL CONTROLLO DELLE MASSE ?

Riportiamo ,di seguito, l’intervento al 1° convegno “Sete di Giustizia del 7 marzo 2010, di Gianluigi Mucciaccio.

È partita in Italia la crociata contro il c.d. denaro contante: è entrato in vigore dal 1 marzo il D.lgs del 27.01.2010 n. 11 che recepisce le norme europee concernenti l’“Attuazione della direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, e che abroga la direttiva 97/5/CE” (10G0027), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 36 del 13 febbraio scorso. Innanzitutto, occorre puntualizzare che con il termine di moneta elettronica, in conformità alla normativa vigente, s’intende “qualsiasi valore monetario immagazzinato elettronicamente o magneticamente rappresentato da un “credito” nei confronti dell’emittente (istituto di credito ed istituti di moneta elettronica) che sia emesso dietro ricevimento di fondi per effettuare operazioni di pagamento e accettato da persone fisiche o giuridiche diverse dall’emittente”. Stando al dettato della Direttiva di riferimento (2007/64/CE del 13 novembre 2007), assorbita dal legislatore italiano la stessa è diretta ad istituire un quadro giuridico comunitario in linea con i servizi di pagamento, compatibili o meno con il sistema derivante dall’iniziativa del settore finanziario per la creazione di un’area di pagamento unica in euro, neutrale per garantire parità di condizioni per tutti i sistemi di pagamento, con il mantenimento della libertà di scelta dei consumatori, e che rappresenti un “chiaro progresso” in termini di costi per i consumatori, di sicurezza e di efficacia rispetto ai sistemi attualmente esistenti a livello nazionale; ma vi è di più: al punto 1 della predetta si legge che “ai fini della creazione del mercato interno è essenziale che tutte le frontiere interne alla Comunità (europea) siano SMANTELLATE in modo da rendere possibile la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Il buon funzionamento del mercato unico dei servizi di pagamento è pertanto fondamentale”. E la stessa aggiunge: “attualmente la mancanza di armonizzazione in questo settore ostacola il funzionamento di tale mercato”. Dunque analizzando nei suoi corollari essenziali la Direttiva de quo, emergono in modo incontrovertibile le intenzioni dei ministri dell’Ecofin, in totale sintonia al sistema bancario internazionale, acconsentendo in modo decisamente discrezionale la liberalizzazione dei pagamenti all’interno della Comunità Europea, eliminando ovvero dando una autentica spallata a limiti e restrizioni sia in base alla nazionalità e la residenza dell’istituto di credito, sia in base alla categoria di enti che avranno l’abilitazione a prestare servizi sulle transazioni.


Non a caso la suddetta Direttiva a cui si è adeguata la decretazione del nostro ordinamento appellandosi “alla libertà di concorrenza e alla riduzione dei costi dei consumatori” consente a diversi operatori non solo esclusivamente bancari, ma altresì ad imprese di diversa strutturazione, di poter assumere, in sede di transazione, il ruolo di intermediari tra l’utilizzatore (pagatore o beneficiario) di servizi di pagamento e il venditore dei beni o il fornitore dei servizi acquistati (vedi art. 1 D.lgs. n. 11/2010). A tale stregua si dà via libera, dunque, alla creazione di joint venture che vedrà protagonisti i colossi dell’apparato finanziario, indifferentemente istituti di credito, gestori di telefonia e società di distribuzione commerciale. Questa stretta sinergia avrà come obiettivo l’incentivazione dell’utilizzo della moneta elettronica. Ma proprio in quest’ultimo passaggio cruciale si può ravvisare la subdola strategia messa in atto dai potentati economico-finanziari, con il beneplacito dei governi nazionali, i quali paventando ragioni riconducili alla lotta al terrorismo o alle questioni afferenti il cd riciclaggio del denaro proveniente da attività illecite, diffonderanno, c’è da scommetterci, mediaticamente e non solo, l’idea che il denaro contante o tradizionale che dir si voglia è uno strumento pericoloso per i pagamenti, poiché considera ovvero considererà sospetto qualsiasi trasferimento di contante, per le ragioni innanzi menzionate, che non verrà effettuato all’interno del sistema bancario eludendo, pertanto, ogni controllo del “grande occhio bancario”. Non solo possono, come da ultimo decreto, scegliere una linea più morbida di persuasione verso il cittadino consumatore poiché secondo quanto statuisce l’art. 3 “il prestatore dei servizi di pagamento consente al beneficiario di applicare al pagatore una riduzione del prezzo del bene venduto o del servizio prestato per l’utilizzo di un determinato strumento di pagamento”, con l’evidente obiettivo di rastrellare ovvero ritirare, gradualmente, il contante in circolazione. Oppure coinvolgere, come è accaduto nel giugno 2009 a Milano, i giovani allievi della “American School of Milan” che riunisce studenti di 42 nazionalità alla realizzazione del progetto “United Future World Currency” ovvero della Nuova Moneta elettronica mondiale. In quell’occasione nella sala dell’Orologio di Palazzo Marino erano presenti all’iniziativa personalità politiche e non solo che enfatizzavano la “nuova era monetaria”: l’assessore alle Politiche Sociali Moioli, Sandro Sassoli del Museo del Tempo, Lucio Stanca, amministratore delegato del Soge Expo, Luc Luycx, autore della Zecca del Belgio, Alfred Beck, presidente della Fiera Mondiale della Moneta, nonché Guido Crapanzano della Banca d’Italia in qualità, guarda caso, di consulente tecnico. Ebbene, tra gli interventi che più di tutti meritano di essere segnalati, ci sono quelli di Sandro Sassoli il quale sostenne, in relazione al progetto a cui partecipavano i giovani studenti che “questa moneta sarà un gioiello tecnologico: un prototipo anti falsificazioni che conterrà le più recenti tecnologie in materia di sicurezza monetaria” aggiungendo una frase estremamente significativa “sarà una vera e propria moneta intelligente”.


Lucio Stanca, invece, non adombrando affatto, attraverso le sue parole proiettate verso un auspicabile costituzione di un nuovo governo mondiale disse che “i giovani hanno meno difficoltà di noi a pensare il mondo del futuro come più unito ed integrato. Cinquant’anni fa l’euro era un sogno. Ci abbiamo messo decenni, ma siamo riusciti a realizzarlo, ora la moneta unica mondiale pare ugualmente un sogno, ma voi giovani riuscirete a realizzarlo” concludendo con una frase che non ha bisogno di ulteriori delucidazioni: “una moneta unica mondiale permetterebbe a tutti voi di sentirvi a casa ovunque, come succede ora in Europa” (Ufficio stampa del Comune di Milano).


Da qui, dunque, è immaginabile che verrà attuata in tempi relativamente brevi, un vero e proprio “lavaggio del cervello”, attraverso il quale si imporrà in modo più o meno esplicito, l’utilizzo della moneta elettronica, che vedrà protagonisti indiscussi da un lato il gigante finanziario al quale resterà sempre il “diritto di signoraggio” sulla moneta, seppur elettronica, nonché la “vigilanza” del flusso monetario e dall’altro tutta una serie di operatori ovvero prestatori di servizi che si limiteranno alla gestione delle transazioni a cui dovranno render conto, tuttavia, ai loro “piani superiori”. Su quest’ultimo aspetto guardando in casa nostra e rispettivamente al detto decreto e alla Legge 1 marzo 2002, n. 39 (c.d. Legge Comunitaria 2001) integrativa del D.lgs. n. 385/1993 (TU delle leggi in materia bancaria e creditizia) l’art. 114 bis sostiene che “l’emissione di moneta elettronica è riservata alle banche e agli istituti di moneta elettronica (imprese diverse dalle banche) […] Nei limiti stabiliti dalla Banca d’Italia gli istituti possono svolgere attività strumentali, nonché prestare servizi di pagamento; è comunque preclusa la concessione di crediti in qualunque forma” il che, tradotto in un linguaggio semplificato, il potere di creare moneta resta appannaggio del circuito bancario; inoltre leggendo il dettato dell’art. 114 ter (Autorizzazione all’attività e operatività transfrontaliera) risulta che “la Banca d’Italia autorizza gli istituti di moneta elettronica all’esercizio dell’attività” e all’art. 114 quater, comma I (Vigilanza) “la Banca d’Italia può emanare disposizioni per sottoporre a vigilanza su base consolidata (complesso di controlli svolti dall’istituto di via Nazionale) gli istituti e i soggetti che svolgono attività connesse o strumentali o altre attività finanziarie” fino ad arrivare al comma III in cui testualmente “la Banca d’Italia può stabilire, a fini prudenziali, un limite massimo al valore nominale della moneta elettronica”.


Tuttavia, tornando all’ultimo decreto in vigore dal 1 marzo 2010, esso si basa sul c.d. contratto quadro il quale disciplina la futura esecuzione di operazioni di pagamento (singole e ricorrenti che siano) e che può prevedere obblighi e condizioni che le parti devono rispettare sia per l’apertura che per la gestione di un conto di pagamento e sui “prestatori di servizi di pagamento” che possono essere istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento nonché, quando prestano servizi di pagamento, banche, Poste Italiane , la Banca Centrale Europea e le banche centrali nazionali nel caso in cui non agiscano in veste di autorità monetarie, altre autorità pubbliche, le pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali in cui non agiscono in veste di autorità pubbliche. Per quanto concerne le modalità di esecuzione di operazioni di pagamento l’art. 1, comma I, n. 7 le stesse “si perfezionano con il consenso del pagatore (art. 5 comma 1) che avviene mediante un dispositivo di telecomunicazione digitale e il pagamento è effettuato all’operatore del sistema o della rete di telecomunicazione che agisce come intermediario tra utilizzatore o pagatore e il venditore”. Una novità significativa è data dall’art. 4 in cui si determina che con la moneta elettronica sarà possibile effettuare pagamenti di piccolo importo fino ad euro 30,00 ovvero per un limite di spesa di euro 150,00, mediate una carta o comunque affidandosi ad uno strumento tecnologico che sia abilitato ad immagazzinare il proprio credito da spendere e quindi in tal senso il cellulare viene incluso come dispositivo in grado di assolvere a questa funzione.


Con tutto ciò sarà possibile porre in essere un pagamento utilizzando una apposita carta da avvicinare ad un lettore digitale o al cellulare, senza dover digitare alcun codice identificativo aprendo scenari piuttosto nebulosi per tutti gli utenti sottoposti a una sempre minor tutela riguardo la tanto sbandierata riservatezza. La tracciabilità dei nostri acquisti pertanto sarà posta sotto l’occhio sempre vigile del circuito finanziario e questo nuovo modo di fare la spesa quotidiana, allo scopo di rivoluzionarla, produrrà una invasività evidente della nostra privacy, poiché con tale metodologia sarà monitorato attraverso un “identificativo unico” (art. 1, lett. r) correlato alla moneta elettronica composto da una “combinazione di lettere, numeri o simboli” che l’utilizzatore dovrà fornire al prestatore di servizi di pagamento ogni qual volta effettuerà la spesa; se tale procedura entrerà a pieno regime, tutti gli individui saranno scientificamente catalogati ovvero marchiati e cesserà definitivamente l’anonimato assicurato dal denaro contante. Senza contare, che lo sviluppo sempre più massiccio del microchip Rfid applicato alla moneta elettronica, nonchè su tutti i prodotti commerciali consentirà alle banche, ai gestori di telefonia e alle multinazionali di apprendere tutto ciò che riguarda le abitudini delle persone, acquisendo in modo sistematico dati sensibili appartenenti alla nostra sfera privata, come ad esempio il nostro stile di vita e le nostre modalità di consumo controllandone arbitrariamente i bisogni. Non a caso il codice a barre facente riferimento al microchip Rfid di modestissime dimensioni (0,05 millimetri circa), sarà in grado di contenere un numero di informazioni ad ampio raggio ingabbiando letteralmente la nostra esistenza. In America, patria di questo diabolico dispositivo realizzato da una delle più importanti aziende del settore la VeriChip Corporation, secondo Katherine Albrecht, autore del libro “Spy Chips” l’Rfid porterà gravissime implicazioni poiché non solo etichetterà il denaro virtuale rendendolo tracciabile in tutti i suoi movimenti, ma già in alcuni prodotti esso è già presente (sottilette Kraft e lamette “Mach 3”). La stessa riferisce che negli Stati Uniti esistono distributori automatici in grado di leggere i numeri di serie contenuti nei chips delle banconote e quindi, in base a questi, essere automaticamente identificato.


Per realizzare questo nuovo preoccupante scenario le banche, le società di telecomunicazione e i grandi centri commerciali perimetreranno cinicamente i nostri movimenti, dandoci l’illusione di un mondo più sicuro regolato da quella moneta elettronica che in realtà sarà il “termometro della nostra vita” stabilendo fino a che punto può essere limitata ovvero cancellata la nostra funzione economica-sociale. Su questo punto è già possibile intravedere, nel Decreto in questione, questa prospettiva che nell’attuale crisi finanziaria, artatamente determinata, rischia di rappresentare un boomerang per un numero altissimo di individui: in tal senso l’art. 6, comma 2, lett. c dispone che il prestatore di servizi di pagamento può bloccare l’utilizzo di uno strumento di pagamento “nel caso in cui lo strumento preveda la concessione di una linea di credito per il suo utilizzo, un significativo aumento del rischio che il pagatore non sia in grado di ottemperare ai propri obblighi di pagamento”. A tal riguardo giova, altresì, collegare quest’ultimo aspetto con l’art. 37 e ribadire il ruolo forte ed esteso che il sistema bancario avrà sulle nostre vite, senza alcun ostacolo di sorta, potendo esercitare non solo un ruolo di mera vigilanza sul sistema dei pagamenti (Banca d’Italia) e sul suo “regolare funzionamento”, ma chiedere ai prestatori di servizi “comunicazione, anche periodica, dati, notizie, atti e documenti relativi all’attività esercitata”, accedendo quindi inevitabilmente a dati sensibili riconducibili non solo ai prestatori, ma anche agli stessi utenti stabilendo nel contempo “il contenimento dei rischi che possono inficiare il regolare funzionamento, l’affidabilità e l’efficienza dei sistemi di pagamento”, arrivando persino a conoscere “gli assetti organizzativi e di controllo relativi alle attività svolte” nonché “disporre ispezioni, chiedere l’esibizione di documenti inerenti la corretta esecuzione dei servizi di pagamento”. In buona sostanza, la Banca d’Italia, come d’altronde tutte le banche centrali della comunità europea avranno libero accesso a una rete sterminata di informazioni e nessun governo nazionale, come da copione, non avrà alcuna voce in capitolo in merito a questa “scottante faccenda”. In merito a questa voluminosa capillarità di notizie riferibili ad operatori economici e non in possesso delle autorità monetarie l’art. 24 della Direttiva 2007/64/CE delinea un quadro ancora più esteso a riguardo: “le autorità competenti dei diversi stati membri cooperano tra loro e, ove necessario, con la Banca Centrale europea e le banche centrali nazionali degli Stati membri e altre pertinenti autorità competenti designate in virtù delle disposizioni legislative comunitarie o nazionali applicabili ai prestatori di servizi” agevolando, de facto, un “loro scambio di informazioni” che vedrà come attori principali i soggetti responsabili della vigilanza ovverosia le banche.


Siamo davvero agli albori di una economia, non solo all’insegna di quell’usura bancaria, che di certo continuerà anche sottoforma di moneta elettronica, ma in una dimensione dove l’economia e l’alta finanza produrranno l’annichilimento della persona umana narcotizzata, senza mezzi termini, da una tecnologia il cui utilizzo avrà drammatiche ricadute sulla società civile, dove la virtualità tende a calpestare quella dignità umana che ogni giorno che passa sembra essere solo un pallido ricordo. Occorre, in tal senso, essere consapevoli che questo ulteriore processo tecnologico sempre più incalzante rappresentato dal fatto che in pochi minuti si può avere una carta di credito, un finanziamento, l’apertura di un conto di pagamento superando quello che fino a poco tempo fa, poteva sembrare solo un’ utopia, oggi, sta registrando un forte avanzamento che sarà possibile arrestare nel momento in cui saremo consapevoli del problema monetario e di quel “signoraggio tecnologico” che continuerà a vessare vittime innocenti. La giusta terapia è venire a capo di quella “rivoluzione culturale” che il compianto professor Giacinto Auriti ci ha sempre insegnato, elaborando una soluzione radicale suggellata nella “proprietà popolare della moneta” individuando la radice del problema in chi, fino ad oggi, ha detenuto incontrastato il potere di battere moneta. Certo il tempo a nostra disposizione continua ad assottigliarsi, tuttavia, una maggiore presa di coscienza collettiva può rappresentare un primo passo importante verso una svolta che riconduca l’uomo a un più marcato senso di responsabilità.

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