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martedì 5 novembre 2013

PERCHE' LE BANCHE ITALIANE NON RESTITUISCONO I PRESTITI ALLA BCE ?

Qualche settimana fa, gli occhi del mondo intero erano puntati in direzione degli Stati Uniti, dove l’assenza di un accordo sul budget teneva il governo federale in stand-by. In Europa, nel frattempo, ilFinancial Times pubblicava una notizia interessante di carattere prettamente “continentale” che passava per lo più inosservata. Secondo l’articolo, l’Autorità Bancaria Europea (Eba) – in procinto di definire le modalità di svolgimento dello stress test sui bilanci delle banche europee previsto per il 2014 – stava valutando la possibilità di “penalizzare” le banche fortemente dipendenti dalla liquidità fornita dalla Banca Centrale Europea (Bce). Il giorno seguente Eba ha dato la notizia in un comunicato stampa in cui si chiarisce che“non vede il suo ruolo nel fare assunzioni riguardo possibili azioni di politica monetaria”. Per quanto concerne in prossimo round di stress test ”[…] per ora, nessuna decisione definitiva è stata presa riguardo agli aspetti metodologici”. Ma la questione è stata archiviata forse un po’ troppo in fretta, perché il dilemma di come gestire il rischio di liquidità che le banche europee potrebbero fronteggiare nei prossimi mesi è destinato a diventare un tema centrale.


Liquidità: quanta e dove?

Negli ultimi due anni la Bce ha introdotto diverse misure straordinarie di politica monetaria nel tentativo di garantire alle banche la liquidità necessaria per sopravvivere alla crisi. Nello specifico, ha tagliato il tasso d’interesse a un minimo storico; ha introdotto un sistema alternativo per allocare la liquidità, garantendo che la domanda fosse sempre soddisfatta in pieno; ha rilassato i requisiti sul collaterale che le banche devono fornire per prendere a prestito dalla Banca Centrale e ha condotto due iniezioni di liquidità straordinarie note come Very Long-Term Refinancing Operations (o Vltro), con orizzonte di tre anni, a fine 2011 e inizio 2012.

Nello stesso periodo, l’uso delle operazioni di rifinanziamento da parte delle banche europee ha continuato ad aumentare. Il picco si è raggiunto nell’estate 2012, quando la liquidità totale iniettata dalla Bce nel sistema bancario dell’Eurozona ha toccato quota 1,2 trilioni di euro. A quella data, 71% del totale era concentrato in Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna (Figura 1); le banche spagnole e italiane contavano da sole per più della metà della liquidità presa a prestito (34% e 23% del totale rispettivamente).

A questi numeri va aggiunta la cosiddetta Emergency Liquidity Assistance (Ela), un programma straordinario usato in alcuni Paesi per fornire liquidità a banche solvibili ma eccezionalmente e temporaneamente non in grado di accedere alle normali operazioni di rifinanziamento. Non esistono statistiche trasparenti sull’Ela1 ma stime suggeriscono che sia stata usata in Grecia, Irlanda, Belgio, Cipro e, stando a voci riportate recentemente dal Financial Times, Portogallo (ma le statistiche della Banca Centrale portoghese non sono abbastanza dettagliate per confermare).


La situazione è opposta nei Paesi del Nord. Le banche tedesche hanno fatto ampio affidamento sulle operazioni di rifinanziamento della Bce nelle prime fasi della crisi finanziaria (Figura 5), ma ne hanno ridotto drasticamente l’utilizzo a partire dal 2010. In particolare, i dati mostrano un crollo drastico nella quantità di liquidità presa a prestito dalle banche tedesche nella seconda metà del 2010, in corrispondenza con l’inizio del primo programma di aggiustamento macroeconomico greco.

Non si tratta di un caso: la stessa data segna l’inizio di quella che diventerà nel corso del 2011 e 2012 una vera e propria fuga dei capitali privati dai Paesi del Sud Europa in direzione dei Paesi del Nord, percepiti come più sicuri. I dati per la Francia sono disponibili solo a partire dal 2010, ma mostrano chiaramente un picco nell’uso della liquidità fornita dalla Bce durante l’estate del 2011, quando diversi Money Market Funds americani – a cui le banche francesi sono particolarmente esposte – iniziarono a disinvestire in maniera massiccia dal mercato Europeo.


Nel Settembre 2012 la Banca Centrale Europea ha introdotto un nuovo strumento di politica monetaria, l’Omt (Outright Monetary Transactions). Lo strumento prevede la possibilità per la Bce di intervenire anche massicciamente sul mercato secondario dei titoli di Stato con scadenza fino a tre anni e, pur senza essere mai stato attivato, si è dimostrato particolarmente efficace nel ridurre le tensioni sui mercati finanziari. Un’inversione di tendenza è evidente anche nei dati relativi all’uso dalla liquidità fornita dall’Eurosistema, diminuita ovunque – anche se con differenze significative tra Paesi – nei mesi successivi all’annuncio.

Il confronto tra Spagna e Italia è illuminante in questo senso. La Spagna, Paese in cui le banche hanno fatto più largo uso delle operazioni di rifinanziamento durante la crisi, è anche il Paese in cui la riduzione è stata la più marcata a seguito dell’introduzione dell’Omt. In Italia, dove le tensioni politiche sono andate intensificandosi, le banche hanno restituito solo una minima parte della liquidità presa a prestito dalla Bce.

La Lettera Scarlatta

Come abbiamo visto, i dati mostrano chiaramente che le banche europee, particolarmente quelle dei Paesi percepiti come più deboli, hanno ampiamente sfruttato la liquidità a basso costo fornita dalla Bce in quantità pressoché illimitata. La “cascata” di liquidità è stata essenziale per prevenire il collasso completo del sistema finanziario dell’Eurozona in un momento in cui il mercato interbancario era di fatto congelato.

Ciò detto, queste misure straordinarie implicano anche una serie di rischi non trascurabili per il futuro. La liquidità fornita della banca centrale è accessibile a un costo (il tasso d’interesse sulle operazioni di rifinanziamento) straordinariamente basso, e ovviamente inferiore al costo sul mercato interbancario in un momento di crisi. Ma quando le banche dovranno cominciare a sostituire questa liquidità con fonti alternative di finanziamento, queste potrebbero rivelarsi costose.

L’Euribor – il tasso delle transazioni interbancarie europee – ha cominciato ad aumentare, seppure molto lentamente, e potrebbe essere l’inizio di trend. Lo stesso Presidente della Bce – Mario Draghi – ha fatto riferimento a questo rischio recentemente, sottolineando che il fatto che le banche abbiano iniziato a ripagare la liquidità presa a prestito dalla banca centrale “è un segno di normalizzazione” ma “la riduzione della liquidità che ne risulta può rafforzare al rialzo le pressioni in termini dei tassi” sul mercato interbancario.

Poiché l’Euribor è utilizzato dalle banche come benchmark di riferimento per le condizioni sui prestiti al settore privato, un aumento significativo di tale tasso potrebbe tradursi in una stretta creditizia con possibile impatto sulla ripresa. L’attività di finanziamento dell’economia da parte delle banche resta depressa anche perché parte della liquidità fornita dalla Bce è stata usata da banche greche, irlandesi, italiane portoghesi e spagnole per investire in titoli di Stato domestici, in un momento in cui gli investitori stranieri volevano liberarsene. Questo ha aumentato l’esposizione delle banche al debito sovrano – rafforzando il “circolo vizioso” che ha caratterizzato la crisi dell’Eurozona dal 2010. Per il futuro, si pone anche il problema di come gestire portafogli di titoli di stato così sovradimensionati in un momento in cui le dinamiche dei tassi d’interesse hanno cominciato a normalizzarsi.

Per quanto riguarda le fonti di finanziamento alternative la situazione migliora, ma lentamente. I depositi retail sono tornati a crescere nei Paesi del Sud Europa dopo l’introduzione del Omt, ma il costo per le banche (ovvero il tasso d’interesse che le banche pagano ai depositanti) resta più alto che in Germania e significativamente più alto del tasso a cui le stesse banche possono attualmente prendere a prestito dalla Bce. Le emissioni di obbligazioni bancarie – altra fonte alternativa di finanziamento – hanno recentemente ripreso vigore, ma ci vorrà del tempo prima che la situazione si normalizzi del tutto.

Nel gennaio 2013 la Bce ha aperto alle banche dell’Eurozona la possibilità di restituire anticipatamente la liquidità presa a prestito in occasione della prima operazione straordinaria di Vltro, condotta a fine 2011. Questo potrebbe aiutare a diluire il riassorbimento nel tempo, evitando quell’impatto drastico sul costo della liquidità che alcuni osservatori di mercato sembrano temere, ma potrebbe avere anche effetti secondari potenzialmente negativi.

In fin dei conti, si tratta di un effetto di segnalazione, perché le banche che restituiranno i fondi presi a prestito dalla Bce prima della scadenza saranno percepite come più solide. Quindi, banche relativamente deboli potrebbero avere la tentazione di ripagare la liquidità prima di quanto sarebbe ottimale dal loro punto di vista, per evitare di tenersi indosso questa lettera scarlatta. Se i costi di finanziamento sul mercato interbancario dovessero aumentare in conseguenza ai rimborsi anticipati, le banche relativamente più deboli – ovvero proprio quelle che non possono permettersi di restituire anticipatamente la liquidità – si troverebbero a fronteggiare condizioni relativamente più difficili al loro rientro sul mercato interbancario.

Inoltre, questo processo di restituzione della liquidità avverrà in contemporanea con il trasferimento della supervisione bancaria alla Bce. La prima fase del trasferimento di competenze prevede che la Bce conduca un esercizio di valutazione della qualità degli attivi bancari, ed è essenziale che questo sia il più rigoroso possibile, in modo da assicurare credibilità banca centrale nella sua nuova veste di supervisore unico Europeo. È naturale che un esercizio molto rigoroso porrà ulteriore pressione sulle banche dell’Eurozona.

In conclusione, il rischio connesso alla normalizzazione delle condizioni di liquidità nell’Eurozona esiste ed è concreto. Andrebbe perciò riconosciuto e valutato, ma non è per nulla ovvio come ciò possa essere fatto senza creare effetti indesiderati. Primo, perché al momento l’uso dalla liquidità fornita dell’Eurosistema non è omogeneo tra Paesi. Negli ultimi mesi le banche hanno restituito in totale circa 350 miliardi dei fondi presi a prestito in occasione del primo Vltro ma, anche dopo questi rimborsi le banche in Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna detenevano a fine agosto 550 miliardi di liquidità Bce, mentre le banche tedesche avevano ripagato quasi per intero i fondi presi a prestito nel secondo Ltro. In questa situazione è abbastanza difficile immaginare come quadrare il cerchio tra la necessità di valutare il rischio di liquidità che le banche potrebbero trovarsi a fronteggiare e la necessità di evitare (se i risultati fossero pubblicati) la formalizzazione di un effetto latente di stigma, che la Bce stessa ha combattuto negli ultimi mesi.

Stando alle prime notizie a riguardo, l’esercizio di supervisione condotto dalla Bce valuterà anche “ rischi chiave nel bilancio delle banche, inclusi liquidità, leverage e funding”, ma il testo è ancora vago su questo punto. Ciò che è certo è che Eba e Bce dovrebbero evitare di mandare messaggi potenzialmente contraddittori in quest’anno di transizione. Sarà anche cruciale fugare ogni dubbio sul fatto che la liquidità fornita dalla Bce resterà disponibile in caso di necessità, come il presidente della Bce ha recentemente lasciato intendere.

L’articolo originale in inglese è disponibile sul sito di Bruegel a questo link. I dati utilizzati nell’articolo sono pubblicamente scaricabili dal sito di Bruegel qui.

1 La BCE ha pubblicato recentemente delle line guida riguardo al funzionamento dell’ELA disponibili a questo link: 

Twitter: @SMerler

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