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mercoledì 14 novembre 2012

L'EUROPA SOSTENGA IL BIO, L'UNICA AGRICOLTURA CHE HA UN FUTURO


Gli ambientalisti premono per sostenere chi si batte per la sicurezza e la sovranità alimentare, rispettando gli ecosistemi e le risorse strategiche come l’acqua e i suoli. L’agricoltura biologica inoltre contribuisce alla sicurezza del territorio, oltre a creare autentiche opportunità di lavoro, rafforzando il tessuto sociale delle aree rurali.

Mentre il Piemonte disastrato dai tagli ciechi mette in liquidazione il Crab, lo sportello per l’agricoltura biologica che da un decennio indirizza un comparto che vale mezzo milione di euro all’anno – inutili gli appelli piovuti sui maggiori partner del centro, cioè la Provincia di Torino governata dal centrosinistra – gli operatori europei chiedono una riforma “verde” della politica agricola, per fronteggiare la grande crisi «dirottando i finanziamenti dalle produzioni intensive ad alto impatto ambientale alle piccole aziende agricole multifunzionali», cioè quelle che praticano con successo «modelli di produzione e di consumo sostenibili», nel rispetto dei consumatori nonché delle biodiversità, delle risorse naturali e del paesaggio. È la richiesta rivolta al governo Monti, al Parlamento europeo e alle Regioni da 13 associazioni che riuniscono ambientalisti, mondo scientifico, agricoltori biologici e biodinamici.
Dal Fai, il Fondo Ambiente Italia, fino al Touring Club Italiano e alle associazioni ecologiste, Wwf in testa: tutti insieme, per «un’agricoltura in grado di riconciliare economia ed ecologia», nell’ambito della Pac, la “politica agricola comune” 2014-2020. Presenti anche le maggiori associazioni di categoria, come la Coldiretti, nonché Regioni e governo centrale, per ascoltare la voce di agricoltori e ambientalisti: «L’attuale crisi economica colpisce un’agricoltura già fortemente attraversata da una profonda crisi strutturale: in Italia, le aziende sono calate in dieci anni del 32,2% e il loro reddito del 25,3%». I dati sull’ambiente in Europa, aggiungono gli ecologisti, evidenziano unacrisi generalizzata anche della biodiversità. E il consumo di suolo agricolo negli ultimi sessant’anni (con la perdita di 1,5 milioni di ettari dei terreni più fertili) mette a rischio anche la sicurezza alimentare: «Questa crisi è il punto d’arrivo di un modello di agricoltura non più sostenibile».
Per fortuna, scrivono gli ambientalisti della Lipu sul “Cambiamento”, in Italia prevalgono ancora aziende agricole di piccole dimensioni: «Riuscire a mantenere un’agricoltura di qualità significa essenzialmente mettere in relazione la sostenibilità ambientale con quella economica». Proprio l’agricoltura è il settore che più di altri ha già realizzato attività innovative per costruire un modello di produzione e consumo basato su una visione avanzata della sostenibilità: un modello che garantisce efficienza economica, equità sociale, tutela e valorizzazione delle risorse naturali e del paesaggio. Finora, gli aiuti comunitari distribuiti attraverso la Pac hanno favorito produzioni intensive ad alto impatto ambientale, senza neppure garantire la loro sostenibilità economica. Le aziende beneficiate dai contributi sono monoculturali, producono merci indifferenziate e realizzano redditi netti più bassi, mentre le aziende agricole che reggono meglio l’impatto della crisi sono quelle diversificate, multifunzionali e biologiche.
Siamo di fronte a un paradosso, dice la Lipu: le imprese sostenute dall’Europa «non hanno futuro, sul piano economico», mentre «le imprese che invece possono avere un futuro non hanno sostegni». Discussione aperta, a Bruxelles: gli ambientalisti premono per sostenere chi si batte per la sicurezza e la sovranità alimentare, rispettando gli ecosistemi e le risorse strategiche come l’acqua e i suoli. L’agricoltura biologica inoltre contribuisce alla sicurezza del territorio, oltre a creare autentiche opportunità di lavoro, rafforzando il tessuto sociale delle aree rurali. Servono produzioni differenziate, piccoli mercati in rete, scambi virtuosi tra città e campagna. Il biologico è perfetto: le aziende di piccola taglia sono “etiche”, elastiche e flessibili, e più vicine ai bisogni dei cittadini-consumatori. Difficile però che Bruxelles recepisca i “consigli” di operatori e ambientalisti. E il Piemonte, intanto, si prepara ad amputare il suo sportello-Bio per “risparmiare” 4-5 stipendi, quelli dei ricercatori che, in questi anni, hanno saputo “accompagnare” le migliori aziende di uno dei pochissimi comparti in crescita.

fonte: Libre

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