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venerdì 7 dicembre 2012

RIFLETTIAMO INSIEME: E SE COMINCIASSIMO A FARE A MENO DEL PETROLIO ?

E se cominciassimo a fare a meno del petrolio? I nuovi carburanti dalle alghe e dai batteri OGM

di Gennaro Saccone

biocarburanti sono prodotti di origine vegetale che possono sostituire la benzina e il diesel, si possono usare da soli o miscelati con i carburanti tadizionali.

 Le due tipologie principali di biocombustibili sono gli olii vegetali estratti da piante oleaginose (colza, girasole, soia e palma), usati sia allo stato greggio, che trattati chimicamente (esteri metilici o etilici: “biodiesel”) e l'alcool etilico (bioetanolo, biometanolo), ottenuto da colture zuccherine (canna da zucchero, mais, ) e un suo derivato chimico, l’etbe (ethyl-tetra-buthylether).

Quelli più impiegati sono principalmente il biodiesel e il bioetanolo. Quest'ultimo è il sostituto vegetale della benzina ed è molto diffuso in Brasile, dove attualmente si vendono auto (prodotte anche dalla Fiat locale) in grado di andare sia a benzina che a bioetanolo, che è il biocarburante che mostra il miglior compromesso tra prezzo, disponibilità e prestazioni.

Cosa ne ha impedito la diffusione? Naturalmente gli interessi delle multinazionali del petrolio, alleate con le case automobilistiche, ma le nostre auto, con poche modifiche, già potrebbero utilizzare questi combustibili alternativi. E in futuro sarano costrette a farlo, visto che il petrolio prima o poi è destinato ad esaurirsi. Questa è la situazione attuale, e per produrre questi carburanti si possono utilizzare, come materia prima, residui di coltivazioni agricole, di coltivazioni forestali, di lavorazione delle industrie agro-alimentari, oppure apposite coltivazioni (canna da zucchero, grano, mais, bietola).

Qual'é l'aspetto negativo? Le critiche alla produzione di biocarburanti, attraverso grandi piantagioni, arrivano da parte di ambientalisti e organizzazioni sociali: i biocarburanti sono accusati di ridurre la disponibilità di coltivazioni per uso alimentare e, quindi, aumentare la fame nel mondo. Nei Paesi dove è stato valutato il passaggio integrale ai biocombustibili, si è giunti alla conclusione che tale soluzione avrebbe richiesto enormi estensioni di territorio, se si fossero scelte le coltivazioni tradizionali.. Inoltre, la coltivazione di cereali destinati alla sintesi di bioetanolo anziché alla produzione di generi alimentari è una delle cause del rincaro recente dei cereali e dei relativi derivati.

Ed ecco le nuove frontiere dei biocarburanti di seconda generazione. Si possono produrre a partire da microalghe. Questi organismi unicellulari, fotosintetici, si moltiplicano spontaneamente in modo veloce, possono essere coltivati, data la loro capacità di adattamento a diverse situazioni, in acque dolci o salmastre, in spazi naturali, o in appositi siti industriali come i bioreattori. Questi impianti si sviluppano in altezza, senza necessità di grandi spazi. Le microalghe si riproducono di continuo, non ci sono periodi fissi di raccolta, che può diventare addirittura giornaliera. Come tutti gli organismi vegetali, le alghe hanno bisogno di acqua, azoto, anidride carbonica e luce solare per potersi moltiplicare. Il prodotto che si ricava è olio per il biodiesel, attraverso il processo di transesterificazione, o bioetanolo, attraverso il processo di fermentazione con una resa fino al 50% inpeso. Non si spreca niente, gli scarti serviranno da concime nel circuito produttivo.

L'altra possibilità è quella di prendere in considerazione quei batteri che, modificati geneticamente, riescono a produrre un biocombustibile molto simile al petrolio. Questi microorganismi agiscono su scarti della produzione agricola, come la canna da zucchero, la crusca di scarto della molitura, la paglia del grano prodotta dall'agricoltura e i trucioli di abete rosso dell'industria della carta. Tali batteri OGM modificati hanno la capacità di degradare i materiali lignocellulosici, scomponendo le naturali molecole complesse, che vengono convertite in zuccheri più semplici, materia di base per i biocarburanti Questa scoperta è dovuta a più ricerche svoltesi contemporaneamente, come il progetto DISCO, condotto dal Centro di ricerca tecnologica (VTT) finlandese o gli studi delricercatore Greg Pal, direttore del Ls9, uno dei Centri di ricerca di Silicon Valley. Il biocarburante così ottenuto non arriverebbe a costare più di 50 dollari a barile, cioè circa la metà di quello del petrolio. Il biocarburante ottenuto con questa tecnica è anche ecologico, infatti le emissioni di gas serra prodotte dalla sua combustione sono molto minori di quelle prodotte dai combustibili attualmente impiegati.

Anche l’Air Force americana guarda ai biocarburanti: l’aeronautica militare statunitense si dichiara pronta a usare i biofuel sui propri voli.

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