Buona parte dei consumatori di tutto il pianeta condividono la speranza di vivere in un mondo più sano, eppure manca una cognizione precisa di cosa significa consumare in maniera sostenibile e responsabile.
Di solito, quando si parla di ambiente, ci si concentra sul problema dei rifiuti e dell’inquinamento in senso stretto, ma fondamentale è in realtà considerare la questione a monte, ovvero andare a ponderare le scelte e le preferenze che diamo ai prodotti e l’uso che ne facciamo, una volta esaurita la loro utilità.
Consumo sostenibile significa acquistare beni capaci di rispondere ai nostri veri bisogni e che, al tempo stesso, possano salvaguardare e valorizzare l’ambiente che ci circonda, o quantomeno non alterare i suoi delicati equilibri. Il consumo sostenibile riguarda anche le tecniche di produzione che, se non controllate, esercitano un rilevante impatto sull’economia, sul sociale, oltre che sull’ecosistema. Per tale motivo, è essenziale che questi temi siano posti all’attenzione dei decision makers, che ne devono tenere conto nelle politiche di produzione e di marketing. La crescita incontrollata e priva di una logica integrata non ha futuro, si scontra con la limitatezza delle risorse disponibili, con gli equilibri ecologici locali e con lo sviluppo socio-economico del pianeta. Un ruolo chiave è quello che possono assumere i cittadini-consumatori che, consapevolmente, devono modificare i propri stili di vita, sconfiggere il mito della “crescita ad ogni costo”, ricordando a se stessi e agli altri che si consuma per vivere e non si vive per consumare. Usufruire delle risorse a disposizione in maniera attenta e sostenibile significa utilizzare equamente le ricchezze che la terra mette a disposizione, rispettando la sua capacità di assorbire e neutralizzare le sostanze tossiche prodotte dall’essere umano.
Questo nuovo modo di ripensare ad un utilizzo più “intelligente” delle risorse naturali, fa la sua comparsa ufficialmente nel 1987, con il rapporto della Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo, noto come Rapporto Brundtland. Il documento esordisce affermando che “esiste un chiaro legame tra i problemi ambientali e la distribuzione della ricchezza e della povertà nel mondo”, evidenziando come il modello di sviluppo fino ad allora seguito – non molto diverso da quello attuale – sia il diretto responsabile della grave situazione ambientale che attanaglia il pianeta. L’idea di consumo sostenibile, al contrario, si basa su un modello di sviluppo che presuppone un’equa distribuzione delle materie prime, dell’energia e dell’acqua da utilizzare, rispettando l’ecosistema terrestre locale e globale. Citando nuovamente le parole del Rapporto Brundtlandm “un’economia sostenibile rappresenta nient’altro che un ordine sociale più alto, un ordine che si interessa delle generazioni future… più orientato al benessere del pianeta, piuttosto che alle acquisizioni di breve periodo”. Il passaggio auspicato è quello da un consumo critico ad un consumo responsabile, dove la consapevolezza e la razionalità fanno da sfondo ad ogni scelta e dove alla base vi è, inevitabilmente, uno stile di vita più parsimonioso, più lento e rispettoso dei cicli naturali. Le nostre scelte non devono essere immaginate come un fatto privato, in realtà riguardano tutta l’umanità, perché dietro a semplici gesti quotidiani, si celano meccanismi moltiplicatori ed effetti trainanti che, se mal indirizzati, ricadono sul sociale e sull’ambiente.
Inoltre, apparentemente il consumo di una risorsa sembra un gesto che si esaurisce al momento dell’acquisto, in realtà è un processo ampio e, a seconda di come si affrontano i diversi passaggi, il nostro modo di consumare può avere un impatto ambientale pesante o leggero, può svolgere un ruolo sociale positivo o negativo. Per questo motivo, azioni responsabili non si configurano in comportamenti corretti su singoli aspetti, ma rappresentano un insieme di scelte che coinvolgono l’intero stile di vita del consumatore.
La consapevolezza, sempre più diffusa, che la responsabilità del degrado ambientale sia da attribuire soprattutto ai processi di produzione e consumo, ossia ai modi con cui i prodotti e i servizi sono generati, ha fatto sorgere l’esigenza di definire una strategia innovativa che fosse in grado di conciliare la necessità di progresso economico e sociale con il bisogno di garantire un’adeguata protezione dell’ambiente. Favorire le imprese che adottano sistemi di produzione e gestione ambientale, che producono beni e sviluppano economie utilizzando un adeguato numero di risorse – per esempio riducendo i consumi di energia, di acqua, di materie prime o di rifiuti – innesca un circolo virtuoso di eco-efficienza e promuove modelli di produzione sempre più eco-compatibili. Si da inizio ad un processo di benchmarking ambientale, che non significa limitarsi ad un confronto tra risultati o performance, ma vuol dire andare ad individuare delle criticità di gestione, ricercare le migliori soluzioni da adottare, utilizzando non solo il criterio strettamente economico, ma integrandolo con gli aspetti sociali ed ambientali. Tante e diverse sono le best practice e le iniziative che vogliono diffondere maggiore consapevolezza nelle scelte del consumatore, Virtuousitaly le elenca oramai da tempo, ma a fare da effetto traino ci sono spesso grandi organizzazioni come il WWF che, ad esempio, ha lanciato il servizio “Carrello della spesa virtuale”, che ci insegna a fare gli acquisti quotidiani rispettando l’ambiente. Si sceglie un avatar personale, si imposta il numero dei componenti del nucleo familiare e, così, si entra in un supermercato fatto di pixel, virtuale appunto. Qui, carrello alla mano, si scelgono i prodotti che comunemente acquistiamo, indicando il tipo di imballaggio che preferiamo (vaschetta, cartone, etc…) e al termine della spesa il programma ci farà un resoconto delle nostre abitudini, facendoci comprendere, ad esempio, che dando la precedenza a prodotti di stagione o biologici si va a ridurre il nostro impatto sull’ambiente. Con un approccio di questo tipo, il consumatore da soggetto passivo si trasforma in attore attivo e protagonista ovvero in un cittadino che vuole sentirsi parte integrante di un processo virtuoso, responsabile e proattivo.
Una delle nuove sfide lanciate alle imprese pubbliche e private è, in definitiva, quella di soddisfare i “bisogni ambientali” dei cittadini-consumatori: la protezione dell’ambiente ed un tipo di condotta responsabile diventano fattori di customer satisfaction ed orientano il marketing verso una nuova dimensione green. Se si indaga sui meccanismi di scelta della persone all’interno delle decisioni di acquisto, si possono determinare le leve strategiche su cui andare ad investire e si capirà che non è sufficiente realizzare prodotti e servizi che tutelino il pianeta, ma sarà necessario risaltare, allo stesso tempo, il valore aggiunto apportato all’ambiente, un valore “verde” capace di differenziare i prodotti stessi e di risultare determinante durante il fatidico momento della scelta.
fonte: Virtuositaly
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